COME CAMBIERA' IL LAVORO (E NON DIPENDE DAL REDDITO DI CITTADINANZA) - IN ITALIA COME NEGLI USA C'E' UN CALO GENERALE DELLA PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI AL MERCATO DEL LAVORO - TANTI NON ACCETTANO PIU' UN IMPEGNO SCOMODO O SOTTOPAGATO - IL COVID HA INCISO NON SOLO PER I SUSSIDI MA HA RESO MENO APPETIBILI ALCUNI LAVORI (AD ESEMPIO QUELLI A CONTATTO CON IL PUBBLICO PER TIMORE DEL CONTAGIO) - CON LA PANDEMIA MOLTA PIÙ GENTE E' ANDATA IN PENSIONE IN ANTICIPO E CON LO SMART WORKING SI E' RIDOTTA LA CENTRALITÀ DEL LAVORO NELLA VITA DI TANTI - E POI PESA IL CALO DEMOGRAFICO...
Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"
Come in Italia (ma in misura minore) anche negli Stati Uniti la difficoltà delle imprese ad assumere nonostante l'elevata disoccupazione è legata al basso numero di laureati in discipline scientifiche o di specializzati in mestieri tecnici. Ma in un'estate nella quale ovunque, in Europa come negli Usa, sono emerse anche carenze di camerieri, cuochi, autisti, commessi, è emerso anche altro: un calo generale della partecipazione dei cittadini al mercato del lavoro.
Cioè tanti che non accettano un impegno scomodo o non attraente. In America si discute su due fronti: fenomeno momentaneo indotto dal Covid o permanente? Il calo degli occupati impoverirà l'economia o può essere l'occasione per ridurre i lavori sottopagati e, quindi, il numero dei working poor , gente che rimane povera anche con un lavoro a tempo pieno?
La risposta alla prima domanda è che il Covid pesa (sussidi per la pandemia che riducono l'interesse per i lavori meno retribuiti, timori di contagi che spingono alcuni ad evitare lavori a contatto continuo col pubblico, cura dei bimbi che restano a casa per la chiusura delle scuole, gelate dell'economia da lockdown e successive riaperture a singhiozzo che hanno creato colli di bottiglia nella produzione e nel lavoro), ma stanno anche emergendo fattori permanenti che ridurranno la propensione al lavoro: calo demografico (col pensionamento della generazione del baby boom diminuisce il numero di adulti in età lavorativa), la rivoluzione digitale che spinge chi viene sostituito da un robot e non riesce a riconvertirsi a gettare la spugna e, in America, la dipendenza da droghe divenuta un problema enorme con la diffusione degli antidolorifici oppioidi tra i lavoratori poveri: respinti in massa ai test tossicologici dei datori di lavoro.
La pandemia passerà, ma in parte il suo effetto sarà permanente: ha spinto molta più gente ad andare in pensione in anticipo, ha accelerato l'automazione, mentre con lo smart working si riduce la centralità del lavoro nella vita di tanti che tornano a dare più peso alla cura della famiglia.
Un disastro per economisti come Larry Summers che prevedono calo del Pil e povertà. Un'occasione per altri esperti come David Autor: con la carenza di lavoro saliranno gli stipendi (meno working poor che oggi ricevono aiuti pagati da tutti i contribuenti) e l'automazione farà crescere la produttività.