MORO PER SEMPRE - ABU SHARIF, EX PORTAVOCE DEL FRONTE POPOLARE PALESTINESE: “UN MESE PRIMA DEL SEQUESTRO MORO HO DATO L’ALLARME AGLI 007 DI ROMA. UNA DONNA MISTERIOSA FU MANDATA DALL’ITALIA A BEIRUT A CHIEDERE DETTAGLI SULL’ACCORDO TRA ROMA E I GRUPPI MARXISTI PALESTINESI”
Davide Frattini per il “Corriere della Sera”
Di dita ne ha perse quattro dopo averle appoggiate sulla copertina delle Memorie di Che Guevara, l’occhio destro è cristallizzato in uno sguardo di stupore. Quel regalo del Mossad serve a Bassam Abu Sharif per riordinare i ricordi, c’è un prima e un dopo il 25 luglio del 1972, «doveva essere passato un anno dalla bomba, sì era la fine del 1973», mormora sotto al gracidare elettrico dell’apparecchio acustico.
A 70 anni qualche nome l’ha dimenticato, le facce invece sono ancora lì davanti a lui, soprattutto il sorriso di quella bella italiana che bussa al suo ufficio a Beirut e chiede di parlare con George Habash, il leader del Fronte popolare per la liberazione della Palestina.
Finito sulla copertina di Time come il «volto del terrore» durante i dirottamenti di Dawson’s Field, Bassam allora dirige la rivista Al Hadaf (il Bersaglio) e si occupa della politica estera dell’Fplp. «Mi dice di essere la moglie di un ufficiale italiano e di voler vedere il capo. Le spiego che se l’avevano mandata per conquistare Habash con la bellezza, non avrebbe funzionato, era un monaco. Mi ha risposto: no, sono qui perché sostengo la vostra causa».
La donna misteriosa si ripresenta il giorno dopo — «da bionda era diventata castana» — e nell’incontro chiede ad Habash dettagli sull’intesa siglata dal gruppo marxista-leninista palestinese con l’Italia, quello che sarebbe il Lodo Moro: nel 2008 Bassam ha già raccontato al Corriere dell’accordo che permetteva all’organizzazione di muovere uomini e armi lungo la Penisola. In quest’altro pomeriggio nella sua villa di Gerico, circondata dalle rocce del Monte delle tentazioni, rivela altri dettagli.
«Non ho mai capito a quale pezzo degli apparati appartenesse. Qualcuno a Roma voleva verificare i resoconti di Stefano Giovannone (capocentro del Sid e poi del Sismi a Beirut, ndr): avevamo discusso i dettagli del patto con lui e con l’Ammiraglio. La signora voleva assicurarsi che l’avremmo rispettato, che non avremmo commesso attentati in Italia. In cambio ci offrì perfino di inviare istruttori dell’esercito per i nostri combattenti».
Avete avvertito dell’intesa le nazioni arabe che vi appoggiavano?
«La Libia, lo Yemen, l’Iraq, l’Algeria, la Siria. Muammar Gheddafi si mise a ridere: “Ricordate agli italiani che ci sono debitori per l’epoca coloniale, il vostro accordo non risolve le faccende tra noi e loro”».
In Italia una commissione parlamentare sta indagando sul rapimento di Aldo Moro. È emerso un cablogramma del 18 febbraio 1978 spedito da Beirut, molto probabilmente da Giovannone. Scrive di aver incontrato «il suo abituale interlocutore» nel Fplp che lo ha avvertito: gruppi europei stanno organizzando «un’operazione terroristica di notevole portata» e potrebbe coinvolgere l’Italia.
«L’allarme riguarda Moro?». È quello che i parlamentari stanno cercando di capire.
«Io lanciai un allarme: Moro era in pericolo. Credo un mese prima del sequestro (avvenuto il 16 marzo del 1978, ndr). In quei giorni Giovannone non era a Beirut, incontrai un suo giovane assistente e gli riferii quel che mi aveva raccontato una delle ragazze di Carlos. Era tedesca e aveva partecipato a una riunione dov’era stata discussa l’idea di colpire Moro. Le feci capire che il Fronte lo considerava un errore: Moro era contro l’egemonia americana, non andava toccato».
Avevate influenza sui gruppi europei?
«Fin dal 1968 in Giordania e poi in Libano il mio incarico è stato quello di gestire i campi di addestramento per gli occidentali, anche italiani. Lì ho conosciuto Andreas Baader e Ulrike Meinhoff (i fondatori della Rote Armee Fraktion, ndr ). Ho reclutato io Ilich Ramirez Sanchez e gli ho dato Carlos come nome di battaglia. Lo Sciacallo, quello ci è diventato da solo».