IN VAL DI SUSA C'È VOGLIA DI RITORNO ALLA NORMALITÀ: È TORNATA LA GUERRIGLIA DEI NO TAV! – BARRICATE, LACRIMOGENI E FERITI NELLA NOTTE, TRA CUI UN FUNZIONARIO DELLE FORZE DELL'ORDINE IN CRISI RESPIRATORIA DOPO ESSERE STATO COLPITO IN PIENO PETTO DA UNA GROSSA PIETRA - PER LA PRIMA VOLTA GLI ANTAGONISTI SI SONO BARRICATI DENTRO UN PAESINO, SAN DIDERO, MA...
Lodovico Poletto per “La Stampa”
Sirene e lampeggianti che illuminano la notte della Val di Susa. Polizia e carabinieri in assetto antisommossa. San Didero, comune di 300 anime all'imbocco della valle in cui da trent'anni si combatte pro o contro l'alta velocità, è diventata la nuova frontiera della protesta contro la Tav.
Alle nove di sera 400 manifestanti, più della metà mascherati e pronti a dare battaglia, si barricano dentro il paese. Usano tutto quello che trovano per bloccare la piccola strada che porta vicino al centro polifunzionale, dove nel pomeriggio si erano ritrovati per organizzare l'assalto all'area che è stata presa l'altra notte dalla polizia, e dove sorgerà l'autoporto trasferito dalla piana di Susa che diventerà la sede della stazione internazionale della nuova linea.
Un'operazione partita lunedì a notte fonda, tra le proteste dei sindaci - che accusano di non essere stati avvisati - con la recinzione di un'area di 70 mila metri quadri. Pietre sulle forze dell'ordine, dall'altra parte idranti e lacrimogeni. Tre feriti tra le forze dell'ordine, uno tra gli operai di Telt; anche i No Tav denunciano contusi.
È l'inizio di una giornata che riporta a quindici anni fa. Con una differenza: stavolta la guerriglia arriva a lambire le case, anzi, entra in paese. Quando cala il buio i manifestanti prima provano a forzare gli ingressi, ma vengono respinti.
Poi fuggono verso il centro del paese. E si barricano. Alle nove di sera quel pezzo di paese è nelle mani di circa 200 manifestanti vicini alle aree più violente dell'antagonismo.
Diventa un assedio: polizia e carabinieri schierati e pronti a intervenire ma al buio è tutto più pericoloso. E anche una fuga rischia di provocare feriti. Del resto, un ferito c'è già: è un funzionario di polizia, centrato in pieno petto da una grossa pietra. Ha una crisi respiratoria. I colleghi chiamano i soccorsi: arriva l'ambulanza, lo portato in ospedale a Rivoli.
Eccola la nuova frontiera della lotta più dura contro il treno ad alta velocità. Questa sera, chi da quasi vent'anni combatte contro il progetto, non può arrendersi. Nella notte precedente era già caduto l'ultimo presidio importante dell'universo No Tav: il fortino, una struttura all'interno dell'area dove sorgerà l'autoporto.
I sindaci della zona, No Tav, si dicono indignati perché «le autorità non ci avevano avvisati». Il movimento è in subbuglio. Perdere il "Fortino" è qualcosa di più che la perdita di un presidio; è la caduta dell'ultimo simbolo di resistenza contro l'alta velocità.
Ma poi la situazione peggiora: ci sono scontri dalle 19. Ci sono tensioni, lacrimogeni, cariche, fuggifuggi. Restano bloccate una statale, la linea ferroviaria che collega l'Italia con la Francia, un treno passeggeri che stava rientrando a Torino fermo sui binari per ore perché nessuno può andare a prendere i pendolari con gli autobus.
Quando i manifestanti ripiegano verso il centro del paese, sembra tutto finito. Invece no, inizia una lunga ed estenuante battaglia di posizione: barricate, assedio, lacrimogeni. Non si entra. Le auto restano ferme all'ultima rotonda, prima del rettilineo di 200 metri al fondo del quale inizia il paese e dove ci sono i manifestanti appostati.
È la prima volta, in vent'anni di lotta Tav, che chi dimostra si barrica dentro un paese. Non è la prima volta, invece, che la gente di valle resta dietro le finestre a guardare quello che sta succedendo. Raccontando di uno scollamento tra i residenti e le ali più oltranziste degli oppositori al super treno.