DALLA SCALA ALLA FENICE: LA DESTRA METTE LE MANI ANCHE SULLE FONDAZIONI LIRICHE - AL VIA IL VALZER DELLE NOMINE: A VENEZIA AL POSTO DI FORTUNATO ORTOMBINA, CHE DIVENTERA’ IL NUOVO SOVRINTENDENTE DELLA SCALA, ARRIVA NICOLA COLABIANCHI, DA 4 ANNI SULLA TOLDA DEL TEATRO DI CAGLIARI E IL FEDELISSIMO DEL SINDACO MELONIANO TRUZZU - LA CARTA BEATRICE VENEZI PER LE FONDAZIONI LIRICHE IN SCADENZA NEL 2025 TRA CUI...
Giovanna Vitale per "la Repubblica" - Estratti
Galeotto fu il cedimento di Beppe Sala a Gennaro Sangiuliano sul nuovo sovrintendente scaligero: l’abbrivio al risiko delle fondazioni lirico-sinfoniche che presto consentirà alla coalizione capitanata da Giorgia Meloni di impadronirsi dei migliori palcoscenici d’Opera, dopo aver fatto incetta di Biennali, musei, teatri, arene, festival, centri per il cinema, lo spettacolo, la lettura e naturalmente la Rai.
Una manovra a tenaglia per interposto ministro finalizzata a occupare tutte le istituzioni culturali del Paese, ora puntata sull’ultimo segmento considerato ancora appannaggio della sinistra. Da bonificare a colpi di nomine non sempre concordate, vedi il blitz al Teatro di Roma che ha messo in minoranza il sindaco del Pd, basate su un criterio essenziale: la fedeltà. Senza la quale nessun direttore artistico o d’orchestra riesce ormai a muovere un passo.
Tutto inizia una manciata di mesi fa, quando Sangiuliano scende in pressing sul sindaco di Milano per affiancare a Dominique Meyer, in scadenza l’anno prossimo, il sovrintendente della Fenice Fortunato Ortombina, che fra i suoi meriti annovera l’aver regalato il podio veneziano alla bacchetta di Alvise Casellati, rampollo della ministra delle Riforme.
Sala in principio resiste, deciso a chiedere la riconferma del francese.
Ma per l’ex direttore del Tg2 riportare sulla vetta della Scala un italiano, fra l’altro sponsorizzato da FI, è una questione d’orgoglio nazionale.
Lo scontro fra i due è in procinto di deflagrare allorché, all’improvviso, il primo cittadino ci ripensa. E, grazie alla mediazione di Giovanni Bazoli – membro del Cda, nonché suocero del medesimo Sala – si acconcia a dare via libera ad Ortombina. Con un compromesso, però, necessario a tacitare chi ne contesta la debolezza: piazzargli accanto Daniele Gatti come direttore d’orchestra e Peter De Caluwe direttore artistico.
Precauzioni che tuttavia non bastano a spiegare una virata tanto repentina. Figlia, secondo alcuni, dell’ambizione coltivata dall’inquilino di Palazzo Marino. Il quale aspirerebbe a prendere la guida dell’Anci quando, a giugno, l’attuale presidente Antonio Decaro lascerà per candidarsi alle Europee. Un’entratura presso il centrodestra potrebbe dunque tornare molto utile.
Sta di fatto che è proprio la breccia della Scala a innescare l’effetto domino nelle fondazioni liriche di cui la maggioranza intende approfittare. Perciò alla Fenice, presto decapitata, dovrebbe arrivare Nicola Colabianchi, da quattro anni sulla tolda del Teatro di Cagliari, dove ha collezionato molteplici lotte e denunce sindacali per via di una gestione definita «clientelare e poco trasparente ».
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Dopo Venezia, quindi, anche la casella di Cagliari è destinata a liberarsi. Ma pare già ipotecata da un musicista vicino al governo, se possibile ancor più targato degli altri due: in pole per volare sull’isola c’è infatti il pianista Nazzareno Carusi. Attualmente nel Cda della Scala su indicazione della Regione Lombardia, ma soprattutto ex responsabile Cultura di FI in Abruzzo.
Quando fu designato, nel novembre 2020, venne addirittura ringraziato da Silvio Berlusconi in persona, che dettò alle agenzie una lunga dichiarazione in cui citava tutti i “padrini” dell’operazione: da Fedele Confalonieri a Gianni Letta.
E non è tutto. Entro i primi mesi del 2025 arriveranno a scadenza i vertici del San Carlo di Napoli, del Petruzzelli di Bari, del Massimo di Palermo (già questa estate), dell’Opera di Roma e dell’Accademia di Santa Cecilia. Otto fondazioni in totale, se si aggiungono le altre tre già in via di definizione. Un bottino su cui la destra ha messo gli occhi.
Pronta a infilarci le mani. Con un nome in cima alla lista: Beatrice Venezi, il direttore d’orchestra – guai a chiamarla direttrice, s’offende – che è abilissima nel cavalcare l’onda che prima o poi la porterà sulla cresta di un teatro lirico nazionale.