gabe natale

“NEGLI USA SAREI FUORI SU CAUZIONE” - GABRIEL CHRISTIAN NATALE HJORT, IL 19ENNE AMERICANO INDAGATO CON L’AMICO ELDER FINNEGAN LEE PER L’OMICIDIO DEL CARABINIERE MARIO CERCIELLO REGA, SI SFOGA CON I RADICALI IN VISITA A REGINA COELI: “IN AMERICA NON SAREI ANCORA IN CARCERE2 - FORSE E’ VERO MA SE NEGLI STATI UNITI FOSSE INDAGATO PER L’OMICIDIO DI UN POLIZIOTTO, ALTRO CHE BENDA IN COMMISSARIATO…

Stefania Moretti per www.corriere.it

 

gabe natale copia

«Nella mia città, San Francisco, forse non sarei stato in carcere: sarei uscito su cauzione». Da quasi un mese Regina Coeli è diventata la casa di Gabriel Christian Natale Hjort, il 19enne americano indagato con l’amico Elder Finnegan Lee per l’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega. Il giovane - finito suo malgrado al centro di aspre polemiche per essere stato bendato e fotografato in una caserma dell’Arma prima dell’arresto - è tra i detenuti che affollano il carcere di via della Lungara.

 

Un penitenziario che potrebbe contenere al massimo 616 reclusi e che, invece, ne conta 1020. Poche parole, scambiate con i vertici del Partito Radicale in visita nel penitenziario. Gabriel capisce e parla l’italiano; il padre, negli Usa da trent’anni, è originario di Roma. Non si lamenta della vita in cella, in un reparto separato dall’amico Elder. Ma a Regina Coeli, d’estate, il termometro segna 40 gradi fissi.

 

GABE NATALE

Una fornace senza scampo, perché non c’è traccia di condizionatori o ventilatori: «Così scontano la pena non solo i detenuti ma anche il personale», sottolinea Irene Testa, tesoriera dei Radicali, entrata a Regina Coeli con il segretario del partito Maurizio Turco, la presidente dell’Istituto Luca Coscioni Maria Antonietta Farina Coscioni e alcuni militanti radicali.

 

È un’idea del partito il «Ferragosto in carcere» che, per quattro giorni, fino a oggi, ha portato 294 visitatori - parlamentari, avvocati e radicali - in 72 penitenziari italiani, tra cui quelli romani di Rebibbia nuovo complesso e Regina Coeli. Qui i detenuti sono per lo più in attesa di giudizio. Innocenti, quindi. Perché, per la Costituzione, nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva. «La custodia preventiva è un vulnus - sostiene Testa -: riguarda il 31% dei detenuti delle nostre carceri».

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