GIUSTIZIA IN GONNELLA - "IL MIO EX MI STUPRAVA. UNO CHOC CHE A NEGARLO SIA STATA UNA PM DONNA" - PARLA AUDREY UBEDA, LA 38ENNE CHE HA DENUNCIATO L'EX COMPAGNO PER VIOLENZA SESSUALE – “IL CASO PIÙ ECLATANTE DUE ANNI FA. LUI CHE PRENDE IL COLTELLO, ME LO AVVICINA ALLA GOLA E INDICANDO IL TG CHE PARLAVA DEI FEMMINICIDI, MI DICE: ''UN GIORNO PARLERANNO DI NOI''. NO, NON MI SAREI MAI ASPETTATA QUELLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE”
Conchita Sannino per “la Repubblica”
«No, non me lo sarei mai aspettato. Quando il mio legale mi ha spiegato che un magistrato scagionava il mio ex, con l'immagine dell'uomo che deve vincere le resistenze della donna per ottenere un rapporto sessuale, mi sono sentita ferita di nuovo. Ammetto: mi ha scioccata sapere che quelle parole venivano da una pm donna».
Audrey Ubeda è la 38enne che ha denunciato l'ex compagno, G. P., per violenza sessuale e maltrattamenti alla procura di Benevento. La titolare del fascicolo ha chiesto l'archiviazione, smontando l'accusa di stupro con un'interpretazione che ha aperto un caso. Assistita dall'avvocato Michele Sarno, Audrey accetta di incontrare Repubblica in luogo protetto. Oggi vive in un Centro antiviolenza con i suoi bambini.
Signora Ubeda, non teme per la sua incolumità?
«No, non ho motivo per nascondermi non devo vergognarmi. Anzi stamane sarò in tv, a Mattino Cinque ». Dice Sarno: «Siamo fiduciosi che la nostra opposizione sarà accolta e saluto con favore il comunicato del procuratore Policastro che denota equilibrio e sensibilità».
Che vita aveva prima di conoscere il compagno?
«Sono nata a Mulhouse, in Francia, padre spagnolo, ma mia madre è campana, quindi l'Italia è mia casa. Aono laureata in Economia, lavoravo per un'azienda che si occupava di pannelli pubblicitari. Da quando ho conosciuto G., lui non è mai riuscito a trovare un lavoro stabile. E tutti i problemi venivano da lì: all'inizio eravamo in Francia e portavo io la casa avanti».
Poi, la crisi?
«Sono trascorsi una decina d'anni in tutto. Quando siamo venuti in Italia, come voleva lui, abitavamo in un paesino dell'Avellinese, con sua madre a pochi metri».
È in questo clima che maturano le violenze?
«Sì. Sono diversi gli episodi. Io non potevo di dire di no alle sue richieste sessuali. Si faceva aggressivo, decideva lui come e dove e mi costringeva».
Sicura di aver fornito elementi utili a provare lo stupro?
«Certo, ho accumulato rabbia e umiliazioni, e credo d'essere una donna formata: so quel che dico. Se parlo di violenza è perché la mia volontà non contava. Ero un oggetto nelle sue mani».
Riesce a spiegare?
«Mi svegliava nel cuore della notte, levandomi gli indumenti intimi, e mi costringeva ad avere rapporti, anche se con noi dormiva il piccolo. Dicevo: no e no. Ma non potevo fare scenate».
Il suo ex alludeva anche al femminicidio, in alcune occasioni?
«Sì, spesso. Il caso più eclatante due anni fa. Lui che prende il coltello, me lo avvicina alla gola e indicando il tg che parlava dei femminicidi, mi dice: un giorno parleranno di noi. Mia madre era presente: scioccata. Dopo un po' venne a vivere con noi».
Lei un giorno abbandona casa e porta via i bambini. Come ha fatto?
«Ho seguito alla lettera le indicazioni dei carabinieri: tieni un profilo basso, non reagire, non provocare, fino al giorno in cui mi trovarono posto in un Centro antiviolenza».
Era il 24 maggio scorso .
«Sangue freddo, doveva sembrare un giorno come gli altri. I miei figli di 10 e 7 anni a scuola. I carabinieri mi fanno una convocazione ad hoc. Io preparo la valigia in un quarto d'ora e vado in caserma. Da lì, con i militari, andiamo a prendere a scuola i piccoli. E non siamo più tornati».
E lui?
«Mi fa una ventina di telefonate, io non rispondo. Ma la forza me l'hanno data i bambini: anche loro hanno subìto maltrattamenti. Il padre li batteva con la cintura dei pantaloni, stanco di sentirli giocare».
La pm parla di eccesso di mezzi di correzione.
«Perché è successo solo due o tre volte? Per me una era già troppa».
Tra 48 ore , Audrey, lei compie 39 anni, Pentita di aver denunciato?
«No, anzi. Ci credo ancora nella giustizia. E capisco, dopo quello che è accaduto, che questa battaglia va combattuta a testa alta, tutti insieme»