IN ARABIA SAUDITA IL BOIA NON DORME MAI – OLTRE 50 CONDANNE A MORTE SARANNO ESEGUITE NEI PROSSIMI GIORNI DAI NOSTRI AMICI SUNNITI DI RE SALMAN – TRA QUELLI CHE RISCHIANO IL PATIBOLO, UN POETA ACCUSATO DI APOSTASIA E ALCUNI DISSIDENTI MINORENNI
Marta Serafini per “corriere.it”
Più di 50 persone saranno condannate a morte in Arabia Saudita. La notizia sta rimbalzando in tutto il mondo mentre la comunità internazionale si sta attivando per fermare le esecuzioni. L’Arabia Saudita è, secondo i dati diffusi da Amnesty International, il Paese con il più alto numero di esecuzioni nel mondo, seguito solo da Cina e Iran. Tra il 1985 e il giugno 2015 sono state uccise 2.208 persone. E negli ultimi mesi le esecuzioni sembrano essere aumentate, con un incremento del + 47 per cento corrispondente a 102 persone.
il re salman al saud dell arabia saudita
«È una nuova ondata senza precedenti che costituisce una cupa pietra miliare delle autorità saudite». Le condanne sono eseguite tramite decapitazione, salvo alcuni casi in cui viene usato il plotone d’esecuzione. In determinate circostanze le esecuzioni avvengono in pubblico, poi cadaveri con le teste mozzate vengono lasciati esposti. Di recente, inoltre, sono stati “assunti” nuovi boia per fare fronte alle esecuzioni.
Il sistema giuridico del Paese si basa sulla legge islamica della sharia e i suoi giudici sono religiosi della scuola ultraconservatrice sunnita Wahhabi. Nella loro interpretazione della sharia, i crimini religiosi includono la blasfemia e l’apostasia, l’abbandono della fede islamica, prevedendo come punizione la pena di morte. «Una risposta tanto violenta contro una legittima forma di opinione ed espressione ha un diffuso e spaventoso effetto in tutta la società saudita», ha dichiarato David Kaye, relatore speciale Onu sulla libertà di espressione.
In gennaio il re Salman è succeduto al fratello Abdullah, considerato più liberale. Da marzo la monarchia ha avviato una campagna militare contro i ribelli in Yemen uccidendo migliaia di civili.
Tra le persone che rischiano la vita, il poeta e artista palestinese, Ashraf Fayadh, 35 anni, condannato per apostasia. Il giovane è stato arrestato dalla polizia religiosa saudita nel 2013, poi riarrestato nel 2014 e condannato a quattro anni di carcere e 80 frustate. Quella sentenza è stata commutata in condanna a morte da una corte d’appello, lo scorso mese. Per Fayadh si è mobilitato anche il Palazzo di Vetro. «Si tratterebbe di una esecuzione arbitraria e quindi illegale perché si basa su prove non affidabili», hanno dichiarato gli esperti di diritti umani delle Nazioni unite.
Altro simbolo dell’oscurantismo saudita è la condanna ad Ali al-Nimr, dissidente arrestato quando era minorenne per aver partecipato a manifestazioni anti governative. Al-Nimr è nipote dello sceicco Nimr Baqir al-Nimr, eminente religioso sciita dell’Arabia Saudita orientale, a sua volta condannato a morte un anno fa.
Con lui, anche Dawood Hussein al-Marhoon e Abdullah al-Zaher Hasan. Tutti arrestati in tempi diversi nel 2012, tutti e tre minorenni, e condannati a morte nel 2014, al termine di processi gravemente irregolari, per vari reati legati alla loro partecipazione a manifestazioni contro il governo. «I nostri figli non hanno ucciso né ferito», hanno scritto le madri dei condannati una lettera.