“HANNO RIDOTTO LA MIA CASA A UNA LATRINA. PIPI’ OVUNQUE” – DOPO AVER VISTO LA PROPRIA CASA ROMANA OCCUPATA PER 23 GIORNI DA UNA ZINGARA, IL PENSIONATO 86ENNE E’ DI NUOVO FUORI CASA. LA PROCURA HA MESSO I SIGILLI ALL'APPARTAMENTO E L’UOMO DOVRÀ ASPETTARE LA FIRMA DEL MAGISTRATO! - "UN PROPRIETARIO SFRATTATO DA UN’ABUSIVA. SOLO IN ITALIA PUÒ SUCCEDERE UNA COSA COSÌ. ORA IL GIP HA SEQUESTRATO TUTTO E MI HA NOMINATO CUSTODE. SONO IL CUSTODE DI CASA MIA. DOVRÒ RIPULIRLA DA CAPO A FONDO..." – IL VIDEO-COMMENTO DI SALVINI
ENNIO DI LALLA
Fabrizio Caccia per corriere.it
«Quando venerdì, dopo 23 giorni, sono rientrato finalmente a casa mia, ho avuto un malore. Mi è preso uno spavento, non la riconoscevo più».
Racconti, signor Ennio, se può, quello che ha visto.
«C’erano decine, che dico, centinaia di sigarette spente sul tavolo. La pipì del loro cane, un dogo, sparsa dappertutto. La cera delle candele era sciolta sul pavimento e sopra i mobili, perché l’avvocato Olivieri nel frattempo aveva fatto staccare a quelli la corrente e i rom si facevano luce con i moccoli.
In 23 giorni hanno avuto perfino il tempo di traslocare: dentro c’è un televisore che non è mio, hanno cambiato pure le tende del salotto. Dovrò ripulirla da capo a fondo».
Ennio Di Lalla, 86 anni, molisano, dirigente dell’Acea in pensione, è a casa del fratello. Sta aspettando che arrivi domani o al più tardi martedì, quando il giudice firmerà l’ordinanza di dissequestro dell’appartamento di via Pasquale Del Giudice nel quartiere Don Bosco e lui potrà riprendersi la vita. Non vede l’ora, vero?
«Proprio così. Ci vivo dal ‘53 e sapete qual era la prima cosa che facevo la mattina dopo essermi svegliato? Guardavo le foto al muro di mamma e papà, le foto dei viaggi, l’Hermitage di San Pietroburgo, le cascate di Iguazu, che bella la Patagonia, prima del Covid avevo messo in programma di tornarci. Ecco, adesso, dopo questa storia brutta dei rom, se la salute mi assiste ho deciso che ci tornerò».
È una storia brutta, ma se c’è una cosa bella che gli ha regalato, è l’amicizia con l’avvocato Alessandro Olivieri, che adesso protegge il signor Di Lalla come fosse suo figlio. Il pensionato soffre di cuore e dopo lo stress enorme dei giorni scorsi, l’avvocato lo fa parlare solo per telefono mediando tra lui e i vari interlocutori.
Tra l’altro, in questi giorni, i due hanno scoperto una grande passione in comune: quella per Pier Paolo Pasolini. Olivieri è stato l’avvocato di Pino Pelosi, l’unico condannato per l’omicidio dello scrittore. Insieme a «Pino la Rana», 10 anni fa, scrisse anche un libro, Io so come hanno ucciso Pasolini, per raccontare un’altra verità sul delitto dell’Idroscalo. «Io li ho tutti i film di Pasolini — dice il signor Di Lalla — Mamma Roma, Accattone, La ricotta. Oddio, ce li avevo!
Perché adesso non so mica se li ritroverò. I rom hanno svuotato tutto: le vetrinette dove tenevo gli orologi e i 60 accendini d’oro. Dai muri hanno staccato pure le tele di Domenico Purificato, il pittore era un amico di famiglia. Per farsi spazio, i rom hanno ammucchiato tutto nel mio studio. Speriamo che la roba sia ancora là: avevo centinaia di film in Vhs, non solo Pasolini, anche Cleopatra di Cecil DeMille, Ombre rosse di John Ford.
C’erano le madonne di gesso che comprai con mia madre a Lourdes, a Fatima, a Medjugorje. Io non sono sposato e non ho figli, così la mia vita l’ho passata a viaggiare, prima con i miei genitori e poi da solo. Ah dimenticavo: le scarpe, i vestiti, le piante sul balcone sparite. Ci sarebbe pure un arco con le frecce degli Indios dell’Amazzonia: una volta arrivai fin là».
Il suo incubo iniziò il 13 ottobre, giusto?
«La notte del 13 i rom hanno occupato, io non c’ero, stavo da mio fratello dopo aver fatto un Ecg e altri esami in ospedale.
Non so chi possa aver passato l’informazione, nel palazzo ci sono altri due appartamenti occupati. Il giorno dopo mi ha chiamato l’amministratore: mi ha detto che gli inquilini avevano sentito di notte dei rumori.
Nessuno, però, ha chiamato i carabinieri. Ci sono andato io quella mattina per fare denuncia dopo che mi ero accorto che la chiave non entrava e la serratura era stata cambiata. Quando i carabinieri hanno suonato il campanello, si è affacciata una signora con accento straniero, una certa Nadia, con un bimbo in braccio e il dogo.
Situazione kafkiana: io sul pianerottolo, lei dentro casa. E pure con un contratto nuovo della luce, il suo nome sul citofono e sulla buca delle lettere. Pazzesco no? Un proprietario sfrattato da un’abusiva. Solo da noi può succedere una cosa così. Ora il Gip ha sequestrato tutto e nominato me il custode. Sono il custode di casa mia».
E le quattro donne che hanno dovuto sloggiare?
«Che mascalzone, ma il peggio è passato, non m’interessa più. Ho passato questi giorni a passeggiare, me l’ha detto l’ortopedico che devo camminare. Una cosa che voglio fare subito, è pagare il fabbro che l’altro giorno ha messo la serratura nuova dopo lo sgombero. C’erano così tante telecamere che non ho capito più niente. E poi appena arriverà il dissequestro voglio festeggiare con l’avvocato Olivieri. Gli devo una pizza: ma la mangeremo a casa, non si sa mai».
Appartamento di Ennio Di Lalla
IL CASO DI ENNIO DI LALLA NELLA PRIMA PAGINA DEL QUOTIDIANO NAZIONALEuna donna rom
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