LA LOCOMOTIVA D’EUROPA È FERMA – LA GERMANIA NON È PIÙ LA PRIMA DELLA CLASSE: I CONTAGI SONO FUORI CONTROLLO E IL MITO DELL’EFFICIENZA È UN RICORDO LONTANO – ANCHE L’ECONOMIA È IN AFFANNO, E MANCANO SEI MESI ALLE ELEZIONI FEDERALI CON CUI SI DOVRÀ DECIDERE IL SUCCESSORE DI ANGELA MERKEL (E NON C’È NESSUNO IN GRADO DI RACCOGLIERE IL TESTIMONE)
Uski Audino per “La Stampa”
Il 2021 potrebbe essere un nuovo anno zero per la Germania. Dopo un'inizio brillante, il Paese si ritrova all'angolo nella gestione della pandemia. Nessuno lo avrebbe immaginato, per primi i tedeschi, che sono passati in un anno dal considerarsi la locomotiva di Europa a fustigarsi come gli ultimi della classe.
Berlino si scopre capitale di un Paese normale, dove anche il mito fondante dell'efficienza è costretto a fare il tagliando. «Un paese esausto», titolava Spiegel, che ora entra nel quinto mese di lockdown. «Siamo nella seconda fase della maratona della pandemia, la più difficile», ha detto il ministro della Salute Jens Spahn venerdì alla stampa.
«Come in ogni fase finale ogni passo avanti è una tortura» necessaria «per non bruciare la strada percorsa». I dati sono allarmanti: le nuove infezioni nelle prossime settimane «potrebbero arrivare alle 100.000 al giorno», ha azzardato Lothar Wieler, presidente del Robert Koch Institut, mentre i posti in terapia intensiva sono per metà già occupati, prima ancora che si raggiunga il picco.
«Se le persone si lasciano vaccinare» la situazione sarà controllabile, ha continuato Spahn alludendo ad un altro dei nodi che affliggono il Paese: le migliaia di dosi inutilizzate di vaccino, soprattutto AstraZeneca. Il quotidiano berlinese Tagesspiegel ha riportato i dati di Berlino da cui risulta che tra le 100-300.000 persone nella capitale tedesca non si sono presentate agli appuntamenti nei centri vaccinali.
E sempre il sindaco della capitale tedesca ha annunciato di non voler tirare il «freno d'emergenza», quel meccanismo che prevede di tornare al lockdown duro al superamento della soglia-limite dei 100 nuovi contagi per 100.000 abitanti in 7 giorni (ora è 127).
Commentando la resistenza del Land di Berlino, Spahn ha detto «di poter solo consigliare caldamente» di mettere in atto quanto concordato ma «il governo federale non può fare tutto da solo» e nello specifico non può obbligare un Land a mettere in atto delle misure. Il federalismo, motivo di vanto fino a poco fa, sta mostrando tutti i suoi limiti di fronte all'emergenza.
A sostenere questa tesi al Bundestag giovedì è stato il capogruppo della Cdu-Csu, Ralph Brinkhaus. «Non voglio mettere in discussione il federalismo ma la responsabilità e il compito di organizzare con il federalismo non ha funzionato in questa crisi», «i procedimenti amministrativi interni che abbiamo non sono abbastanza veloci e flessibili», ha detto Brinkhaus.
Intanto l'economia dà chiari segnali di affanno. Se un anno fa con orgoglio i ministri delle Finanze Olaf Scholz e dell'Economia Peter Altmaier presentavano una manovra senza precedenti di sostegno all'economia, oggi di quel trionfalismo non rimane traccia.
A fine gennaio il governo ha abbassato le previsioni di crescita del Pil per l'anno in corso, dal 4,4% al 3%.
Nonostante i tenui segnali di ripresa che emergono negli ultimi dati Ifo sulla fiducia delle imprese, risalita di qualche punto, è chiaro che l'annus horribilis 2020 proietta ancora la sua ombra sul 2021. Nel settore dell'auto il Vda, l'Associazione per l'industria automobilistica, non conta su una ripresa veloce. In febbraio in Germania sono state registrate 194.300 auto, il 19% in meno rispetto allo stesso mese dell'anno precedente.
La produzione subisce tuttora dei colli di bottiglia nell'approvvigionamento dei semiconduttori, tanto che in gennaio e febbraio sono state prodotte il 23% in meno di auto, mentre un'analoga flessione a ha colpito l'export di auto con il 19% in meno. La locomotiva che rallenta stavolta non ha una guida su cui contare.
Annalena Baerbock e Robert Habeck
Alla vigilia delle elezioni federali di settembre l'incertezza politica regna sovrana ed è sempre più chiaro che la transizione al dopo-Merkel sarà meno facile del previsto. L'Unione dei due partiti gemelli Cdu-Csu non ha ancora deciso chi sarà il nuovo candidato-cancelliere e si intravedono in filigrana le resistenze della Cdu a cedere il testimone. Stesso dilemma nei Verdi: nessuno dei due co-leader, Annalena Baerbock e Robert Habeck, vuole rinunciare alla candidatura.
A tutto questo si somma un isolamento crescente sul piano internazionale. La politica estera di Angela Merkel orientata a un'autonomia europea nei rapporti con Russia e Cina non trova il sostegno dell'amministrazione Usa. Sul gasdotto Nord Stream2, come si è visto nella recente visita del segretario di Stato a Bruxelles, gli Usa spingono la Germania verso un aut-aut. L'approvvigionamento energetico dalla Russia non è un buon affare, dice Washington. Fine delle trasmissioni. La transizione al momento è un vero salto nel buio.
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