VIRGINIA RAGGI O GUALTIERI NON CAMBIA NULLA: ROMA E' RIMASTA SEPOLTA DALLA MONNEZZA – MATTIA FELTRI SCORTICA VIVO GUALTIERI: “LA NOSTRA CITTÀ SENZA CASSONETTI FINALMENTE È CAMBIATA: ORA È UN UNICO, INDISTINTO, TRABOCCANTE CASSONETTO” – DOPO GLI SVIPPATI GERINI-GASSMANN-SANTARELLI, ANCHE GLI INTELLO’ DE’ NOANTRI STRONCANO IL SINDACO E CHIEDONO L’INTERVENTO DELL’UNESCO (TRA POCO CHIEDEREMO AIUTO ALLA NATO PER DIFENDERCI DAI GABBIANI-B52 E DALLE PANTEGANE)
GLI EX INCIVILI
Mattia Feltri per “la Stampa”
roberto gualtieri foto mezzelani gmt 157
Una volta nella mia via - via Cavour a Roma - c'erano tanti cestini e tanti cassonetti e alla sera traboccavano di spazzatura buona a ingrassare topi e gabbiani. Ma arrivò il Covid, sparirono i turisti e sparirono i cestini. Prima qualche cestino, poi tutti i cestini. I cassonetti furono diminuiti e alla sera non traboccavano più così tanto, ma traboccavano un pochino e, quando tornava qualche carovana di turisti, traboccavano parecchio.
Ma c'era la sindaca un po' balenga, che voleva riciclare la spazzatura per farne sculture, e per fortuna poi arrivò il sindaco nuovo, quello tradizionale, competente eccetera, e tolse i cassonetti, e mi parve una bellissima idea perché i cassonetti sono da città incivili. Così siamo tutti costretti a fare la differenziata, se nei nostri palazzi c'è posto per i bidoni. Ma, siccome non tutti i palazzi ne hanno, specialmente i ristoranti, dapprima i sacchi della spazzatura sono stati depositati dove c'erano i cassonetti, poi un po' ovunque, a ogni angolo, e ogni venti metri c'è una piccola discarica.
I cestini non sono stati rimessi perché, mi ha detto un netturbino, coi turisti si colmano in due ore e poi traboccano e così via. Allora i turisti depositano la loro spazzatura nelle piccole spontanee discariche, e la gente esce di casa e aggiunge la sua spazzatura ad altra spazzatura, e via Cavour, che va dalla stazione Termini ai Fori imperiali, ha una pizzeria, poi una discarica, poi un bar, poi una discarica, e alla sera noi facciamo lo slalom fra una discarica e l'altra. Così la nostra città senza cassonetti finalmente è cambiata: ora è un unico, indistinto, traboccante cassonetto.
2 - IL CENTRO COME UN SUK INTELLETTUALI E ARTISTI: INTERVENGA L'UNESCO
Laura Martellini per il “Corriere della Sera - Edizione Roma”
roberto gualtieri foto mezzelani gmt 156
I nomi sono quelli di chi ha sempre profuso un profondo amore per Roma, da Vittorio Emiliani a Rita Paris, da Paolo Berdini a Manuela Kustermann, Luca Verdone, Paolo Crepet, Valerio Magrelli, Marcelle Padovani. E ancora, fra gli altri, Francesca Barzini, Mariella Venditti, Rossella Rea, Gianfranco Amendola, Oreste Rutigliano, Marco Solari, Franco Lo Presti, Enrico Calamai, Claudio Strinati...
Il loro impegno civile ha assunto ora la declinazione di una lettera all'Unesco, in cui denunciano il degrado del centro storico - riconosciuto patrimonio dell'umanità - e chiedono un intervento perché il Campidoglio si scuota e dia prova di saper mantenere fede agli impegni di tutela.
«Come cittadini di Roma, storici e cultori dell'arte, operatori dei beni culturali e difensori dei beni comuni - è il testo - ci rivolgiamo al direttore del World Heritage Unesco, Lazare Eloundou Assomo, per segnalare lo stato di degrado in cui versa il centro storico. Il luogo è stato scelto dall'Unesco in quanto "ininterrotta sequenza di tre millenni di storia" con la garanzia della tutela da parte di Roma Capitale quale ente capace di "aver sviluppato un piano strategico diretto a proteggere e a promuovere il valore dei beni"».
«Purtroppo però - prosegue l'appello con 150 firme - l'immagine offerta oggi dal centro storico, soprattutto nei suoi punti nevralgici, è un'invasione di tavolini e di arredi tra i più difformi e invasivi frutto di un'occupazione estesa di suolo pubblico da parte degli esercenti commerciali della ristorazione: un'espansione innescata da misure amministrative per l'emergenza Covid, andata ben oltre e al momento incontrollata, che trasforma in un suk le piazze e le vie più belle.
CINGHIALE SOTTO CASA DI GUALTIERI
Lo scenario generale è mortificante, tra erbacce che non vengono tagliate, spazzatura e rifiuti per le strade, rumore e degrado. Il nostro appello al Comune per il rispetto delle regole non ha ricevuto risposta e questo scempio minaccia di diventare permanente. Chiediamo dunque al World Heritage di richiamare il Campidoglio ai suoi doveri di controllo, un'inversione di rotta».
I messaggi degli aderenti al manifesto raccontano uno sconforto sincero. Privilegiati in teoria, i residenti del centro storico denunciano soprusi, sporcizia, visuali storiche oscurate e silenzi dell'arte interrotti dal frastuono di avventori di locali chiassosi e maleducati. Non a caso è stato coniato quel termine dal prefisso che sa di mondi criminali, malamovida. «Aderisco all'appello specie per quanto riguarda l'eccessivo spazio concesso alla ristorazione e la rumorosità anche nelle ore notturne» spiega Calamai. «La situazione della grande "muraglia cinese" di via Giulia mi sembra gridare ancora più vendetta dei "tavolini selvaggi"!» rilancia Vico Vicenzi.
Il Comitato Roma 150 parla di «ripristinare la civiltà», mentre Maria Gazzetti sottolinea: «Sbarrano le strade coi tavolini pure vicino al bar del Fico». Da Monti si leva la voce dell'autrice e pittrice Chiara Rapaccini, vedova del regista Mario Monicelli: «Con Mario abbiamo abitato a Monti dal 1988.
Abbiamo girato un documentario sulla bellezza del rione poco prima che morisse. Il Comune ha affisso una targa sulla casa studio del regista in via dei Serpenti. Il degrado di Monti ferisce me, la sua compagna di sempre, e avrebbe ferito lui, "cittadino onorario" del rione, amato da tutti a Roma e nel mondo. Sono con voi». «Ricordo che il catasto urbano ha aumentato le tariffe (il valore catastale due volte dal 2007) delle nostre case, proprio perché il quartiere ha valenza turistica e tanti ristoranti. Se questo vuol dire vivere meglio, e valorizzare le abitazioni, ci vivessero loro!» ironizza Sauro Pica. E Myriam D'Andrea punta il dito contro i «monopattini che hanno invaso in modo del tutto selvaggio la città».
A professionisti, docenti universitari, artisti, attori, si sono unite le associazioni, i comitati di quartiere, gruppi spontanei di cittadini. E la parola passa ora non più al Campidoglio, ma a Parigi.