“NON È POSSIBILE CHE ANCORA OGGI SI ADDITI UNA RAGAZZA CHE PORTA LA GONNA COME UNA FACILE” – PARLA LA STUDENTESSA CHE HA DENUNCIATO L’ORDINE DELLA VICEPRESIDE DEL SOCRATE SULLE MINIGONNE, SCATENANDO LA PROTESTA: “SI FINISCE PER FAR PASSARE I PROFESSORI COME DEI MANIACI GUARDONI. È UN MESSAGGIO MALATO” – LA SCRITTRICE LIDIA RAVERA: “QUESTA RACCOMANDAZIONE È FIGLIA DELLA SOLITA LOGICA: LA DONNA DEVE COPRIRSI ALTRIMENTI TENTA L'UOMO. DIMOSTRA CHE LA RIVOLUZIONE FEMMINISTA È LENTA”
Arianna di Cori per “la Repubblica”
protesta minigonne al liceo socrate-2
Chiara (nome di fantasia, ndr)è seduta al bar vicino al liceo Socrate di Roma. Rigira nervosamente tra le dita una sigaretta ormai spenta, il suo unico scudo contro una battaglia divenuta improvvisamente molto più grande dei suoi 18 anni appena compiuti. È tesa. Non si aspettava che la sua denuncia contro le parole della vicepreside («Se vi vestite così ai prof cade l'occhio», avrebbe detto la docente a una sua compagna che indossava una gonna corta), si sarebbe trasformata in un caso mediatico. Tanto che persino il ministero ora chiede accertamenti.
La forza di Chiara è la consapevolezza di non essere sola. Dopo le infelici esternazioni, fatte il primo giorno di scuola, grazie al tam tam sui social, quasi tutte le alunne del liceo hanno risposto presentandosi in massa l'altro ieri con gonne e shorts. Chiara e le compagne hanno affisso un cartellone a scuola, ormai rimosso, che recita "Se gli cade l'occhio non è colpa nostra". Insieme hanno scattato una foto che le ritrae in posa, divertite. «Lo abbiamo fatto per tutte le ragazze, mica solo per quelle del Socrate - dice - a scuola vogliamo sentirci protette».
protesta minigonne al liceo socrate-2
Chiara, quello che avete fatto è un gesto coraggioso. Anche il vostro preside vi ha difese: ha ribadito che la scuola non impone alcun dress code, e ha promesso di verificare l'accaduto. Non basta questo per rassicurarti?
«Sono preoccupata perché si sta scatenando un polverone assurdo. E sì, un po' temo ripercussioni, quest' anno ho anche gli esami. Leggo decine di commenti sui social di gente che parla a sproposito, ci dicono che "non stiamo pensando ai problemi veri della scuola italiana", ci accusano di aver strumentalizzato le parole della vicepreside per farle perdere il lavoro.
E tutto questo mi fa male, perché tanti di questi detrattori da tastiera sono ragazze come me. Quello che abbiamo fatto è stato cercare di far emergere come le giovani donne vengono viste nel 2020. La mia è una scuola bella, aperta, progressista, che ha sempre fatto della libertà di espressione un vanto, per questo le parole della vicepreside mi hanno colpita. Non me lo sarei mai aspettato ».
Ripercorriamo la vicenda. Cosa è accaduto?
«Intanto facciamo una premessa. Nelle nostra scuola - e non è certo colpa del preside o della vicepreside - non sono ancora arrivati i banchi. Passiamo la giornata appollaiate su sedie senza nemmeno i braccioli, è ovvio che la gonna può salire un po' e non c'è nemmeno il banco che ci copre. Forse la vicepreside ci avvertiva per questo motivo. Ma è una situazione già stressante per noi: devo prendere appunti sul cellulare, ogni tanto sono costretta a mettermi in ginocchio a terra per scrivere, e da quanto sappiamo staremo così almeno fino a fine ottobre.
Nelle classi fa un caldo atroce, le restrizioni Covid non ci permettono di accendere i ventilatori, abbiamo misurato nelle aule addirittura 37 gradi, pensare di mettersi i pantaloni lunghi è follia».
Non devi mica giustificarti.
«Lo so, infatti da una parte so di aver fatto qualcosa di bello, non potevo stare zitta. Ma questo aggiunge altra ansia a una situazione di grande incertezza».
Torniamo al primo giorno di scuola. La vicepreside entra in aula, richiama una tua compagna, che quel giorno portava una gonna, all'esterno, le dice l'ormai nota frase "ai prof cade l'occhio". Come hai reagito quando lo hai saputo?
«La mia amica è una ragazza particolare, molto timida. Lì per lì me lo ha riferito come se nulla fosse. Ma ho continuato a pensarci per tutto il giorno. Era un tarlo. Non solo mi aspettavo da una donna più grande di me come la vicepreside un atteggiamento materno, comprensivo, mi sono anche chiesta come avrebbe reagito un'alunna più giovane, di 14 anni, non ancora strutturata.
Mentre ci confrontavamo con il resto della classe abbiamo saputo che la stessa frase era stata detta anche ad altre ragazze, in altre sezioni. E così, quasi naturalmente, è nata la protesta pacifica delle gonne».
Sei già riuscita a confrontarti con il preside sull'accaduto?
«No, ormai dobbiamo aspettare giovedì prossimo, la nostra scuola è un seggio e chiuderà. Non mi tirerò indietro. E spero che sia possibile chiarire con la vicepreside che non credo abbia agito contro di noi, ma forse ci poteva far capire la situazione in modo diverso».
Che messaggio ti auguri che passi da questa vicenda, detrattori a parte?
«Siamo nel 2020. Non è possibile che ancora oggi si additi una ragazza che porta la gonna come una 'facile'. Le nostre mamme e nonne hanno combattuto per questo, eppure oggi siamo tornati indietro. E poi c'è un altro tema importante».
Quale?
«Così si finisce per far passare i professori uomini come dei maniaci guardoni. È un messaggio malato. Abbiamo tutti gli occhi per guardare, magari è capitato anche a me di vedere un prof giovane e pensare "è carino", tra me e me. Il pensiero non è un reato, ma esternarlo sì, in particolare in un ambiente protetto come la scuola.
Non è una questione morale, né un eccesso di politically correct : è già stressante camminare per strada, con un vestito, e sentire fischi, commenti, apprezzamenti fuori luogo. Almeno in classe vogliamo sentirci libere. E a chi dice: "così si finisce per sdoganare un abbigliamento poco consono" rispondo che non è vero. Questo vuol dire svilire il ruolo educativo della scuola».
Cecilia Gentile per "la Repubblica"
«Viva i social. Grazie a loro un professore non può più permettersi di dire una ca***ta».
La scrittrice Lidia Ravera, assessora regionale alla Cultura nella prima giunta Zingaretti, esulta per la pronta reazione delle studentesse del liceo Socrate, che con ironia e determinazione hanno preso le distanze dalle raccomandazioni della vicepreside. «I nuovi banchi devono ancora arrivare e in minigonna vi si vedono le cosce. Ai professori ci cade l' occhio», aveva detto l' insegnante invitandole a coprirsi.
Ravera, cosa pensa di questa raccomandazione?
«È figlia della solita logica: la donna deve coprirsi altrimenti tenta l' uomo. Mentre è l' uomo che deve essere messo in un angolo con i ceci sotto le ginocchia».
Se l' aspettava nel 2020?
«Dimostra che la rivoluzione femminista è lenta. È come un fiume carsico: si inabissa per poi tornare fuori. La reazione delle ragazze però conferma che la rivoluzione va avanti, anche se non è conclusa».
A fare la raccomandazione è stata una donna.
«Non viviamo tempi facili per le donne. Non demonizzerei la vicepreside. Magari lo ha fatto con intenti protettivi, materni. Non è detto che sia stata mossa da atteggiamenti polizieschi. Ma ha sbagliato comunque: le ragazze hanno diritto a vestirsi come vogliono, a scuola e altrove. Piuttosto, in questa espressione "ci cade l' occhio", mi sembra di intravedere una forma di gentilezza, di benevolenza verso il genere maschile, quasi che fosse inevitabile. Della serie: metti la paglia vicino al fuoco, non può che bruciare».
francia divieto minigonne aula protesta
La vicepreside ha sottolineato che senza i banchi davanti, le cosce scoperte sarebbero state troppo evidenti.
«Dunque i banchi come il burca. Le ragazze devono indossare i banchi».
Le studentesse sono state molto coraggiose. Non hanno avuto paura di ritorsioni.
francia divieto minigonne aula protesta
«E questo è un fatto molto incoraggiante. Magari non sanno spiegarti bene cosa è il femminismo, però hanno introiettato un principio: che non possiamo essere giudicate attraverso l' abbigliamento, l' aspetto, l' età. Che non siamo continui oggetti del desiderio. Che non si possono dare obblighi al genere femminile per i comportamenti disdicevoli dei maschi. Io che faccio parte della generazione delle mamme e forse anche delle nonne, so quanto ci è costato tutto questo».
Molte cose sono cambiate dall' inizio delle battaglie femministe.
«Proprio in questi giorni ho trovato una mia vecchia foto di IV ginnasio, l' attuale I liceo classico: tutte le ragazze, tranne me, sono in grembiule nero. I ragazzi erano vestiti normalmente. Dunque alle elementari maschi e femmine vanno con il grembiulino: bianco le bambine, blu i bambini. Passato il periodo in cui rischi di sbrodolarti e devi proteggere i vestiti, l' obbligo del grembiule, questa volta nero, passa alle ragazze, solo a loro. I ragazzi no, vestono come vogliono. Sono tutti gesti che dicono al stessa cosa».
francia divieto minigonne aula protesta
Anche in Francia c' è stata la stessa modalità di reazione attraverso i social di fronte alle regole del dress code prescritte da alcune scuole.
«Sono le reazioni di chi pretende rispetto. Mai nessuno contesta l' abbigliamento maschile. Nessuno dice niente ad un ragazzo che va a scuola in bermuda. La donna invece è il diavolo tentatore e deve coprirsi con un saio. Questo vuol dire che bisogna ancora continuare a ripetere umilmente e modestamente le stesse cose. Sono contenta della reazione delle studentesse del Socrate. Dimostra il loro grado di consapevolezza».
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