UNA DINASTIA DIVISA DAL POTERE - PERCHÉ MARGHERITA AGNELLI HA IMPIEGATO BEN 14 ANNI PRIMA DI “ACCORGERSI” CHE NEGLI ACCORDI SULL’EREDITA’ FIRMATI CON LA MADRE MARELLA CARACCIOLO QUALCOSA NON ANDAVA? E’ UN CASO CHE SE NE SIA ACCORTA SOLO QUANDO GLI ASSET A CUI AVEVA RINUNCIATO IN CAMBIO DI UNA NOTEVOLE SOMMA DI DENARO VALEVANO BEN 20 VOLTE DI PIÙ? - IL PIANO DI MARELLA PER CONSEGNARE L’IMPERO A JOHN ELKANN, TENERE LONTANO MARGHERITA E I FIGLI DI SECONDO LETTO…
Gigi Moncalvo per “la Verità”
Nell'accordo di Ginevra donna Marella Caracciolo cede alla figlia una serie di «attivi», alcuni in piena proprietà altri in nuda proprietà, riservando per sé l'usufrutto vitalizio. Il trasferimento di questi beni deve avvenire entro due mesi. Secondo Margherita Agnelli è la prova di una prima scorrettezza della madre verso la figlia: Marella, alla morte del marito, secondo la figlia sarebbe entrata in possesso di una serie di beni che, essendo parte della successione, fin dai primi mesi del 2003, avrebbero dovuto essere condivisi con Margherita. Perché non lo sono stati?
Il sospetto più atroce che continua a crescere ruota intorno a un interrogativo: davvero sua madre ha fatto emergere tutto il patrimonio? Con l'accettazione di quell'accordo, evidentemente Margherita ritiene di sì. Anche se una attenta lettura avrebbe dovuto metterla in allarme: oltre a liquidarla cash, era evidente anche l'obiettivo di tagliarla fuori dalla futura eredità della madre e quindi da tutti gli altri beni che fossero emersi nel frattempo.
Possibile che Margherita non si sia insospettita per l'insistenza con cui la sua «rinuncia tombale» alla successione della madre era stata inserita in ben quattro diversi articoli e sarebbe poi diventata oggetto di un ulteriore «patto» firmato a parte? Eppure le espressioni usate non si prestano ad alcun equivoco: Margherita accetta di riconoscere i beni oggetto dell'accordo come l'«integralità di quanto le potrebbe spettare nella successione della signora Marella Caracciolo» e quindi «sarà integralmente soddisfatta dei propri diritti».
gianni agnelli con la moglie marella e i figli edoardo e margherita
È probabile che Margherita, ma questo la giustifica solo in parte, avesse la mente offuscata dalla grande quantità di denaro che le veniva offerto. Ma allora perché ha cominciato ad agitarsi pochi mesi dopo quella firma e non si è placata nemmeno 16 anni dopo? L'«harakiri» di Margherita tocca l'apice nel secondo documento, che si rivelerà molto più importante del primo.
Si tratta del Pacte successoral, l'accordo tombale. Così come l'Accord transactionnel, viene firmato a Ginevra il 2 marzo 2004 nell'ufficio del notaio Etienne Jeandin dello Studio Poncet-Turrettini-Amaudruz-Neyroud & Associati. Con questo documento, Margherita «rinuncia a qualsivoglia diritto e, in particolare, alla quota di legittima alla quale avrebbe titolo nella successione di sua madre».
Da parte sua, donna Marella, dopo aver dichiarato di affidare la propria successione al diritto elvetico, afferma di «conservare, piena e integra, la libertà di disporre della sua eredità».
Il testo integrale prevede: «Art. I - La Signora Marella Caracciolo Agnelli dichiara che il suo testamento sarà esclusivamente e interamente regolato dalla legge svizzera. Art. II - La Signora Margaret De Pahlen dichiara per il presente di rinunciare a tutti i diritti e segnatamente alla riserva di legge che potrebbe avere nella successione di sua madre. Art. III - La signora Marella Caracciolo conserva la sua piena e completa libertà di prendere tutte le disposizioni testamentarie riguardanti il suo patrimonio. Art. IV - Le parti dichiarano espressamente di accettare reciprocamente le disposizioni che precedono».
Dunque, Margherita accetta non solo di regolare il passato e il presente ma, soprattutto, il futuro. È incredibile che non sia stata avvertita dai propri avvocati, o se lo è stata non abbia compreso le conseguenze che ne sarebbero derivate, non solo per lei ma anche per i suoi figli di secondo letto.
Infatti con quella rinuncia Margherita è andata a ledere gravemente anche i diritti dei suoi figli e futuri eredi, soprattutto i de Pahlen. In secondo luogo le «volpi» che assistevano donna Marella avevano fatto mettere nero su bianco che la vedova Agnelli affidava la propria successione al diritto elvetico, molto meno generoso di quello italiano nei confronti della quota legittima per i figli.
MARGHERITA AGNELLI E MARELLA CARACCIOLO
In pratica, Margherita accetta di lasciare libera la propria madre di dare i propri beni a chi vorrà. Quell'atto determinava una conseguenza immediata di cui Marella un anno prima aveva approfittato prima ancora che l'accordo venisse firmato: nello studio del notaio Morone aveva fatto una importante donazione a favore di John Elkann, regalandogli la quota che gli consentiva di controllare la Dicembre, cioè l'intero gruppo.
John si avvicinava al «trono» e sua madre veniva messa in condizione di non nuocere perché veniva estromessa dal pacchetto azionario, facendo venir meno la sua velleitaria intenzione di «comandare», insieme a figlio e madre, nominando presidente Serge de Pahlen.
MARGHERITA AGNELLI E JOHN ELKANN
Quell'accordo tombale era ed è il documento chiave con cui Margherita metteva fine a ogni sua pretesa e richiesta. Credeva di ottenere la pace, di mandare definitivamente in soffitta dubbi e sospetti. Invece, proprio da quel momento si sono moltiplicati i suoi timori, il suo convincimento di essere stata «raggirata» o tenuta all'oscuro della reale entità del patrimonio di suo padre e quindi privata di una parte che le toccava. Per di più non aveva nemmeno pienamente valutato che cosa significasse accettare, con la sua firma, di essere esclusa definitivamente dall'eredità futura di sua madre.
La domanda è sempre la stessa: perché Margherita ha accettato? Perché non ci ha ripensato? Perché, pur avendo firmato, non ha fatto valere le sue contrarietà e le violazioni di legge impugnando quegli accordi nei 12 mesi che le erano consentiti dal diritto svizzero per fare ricorso? Probabilmente perché era ancora rappresentata dai due legali che non le avevano aperto gli occhi di fronte al testo dell'accordo.
Una risposta può essere questa: era talmente logorata che, alla fine, la quantità di denaro che le era caduto dal cielo l'aveva «stordita». A questo ha contribuito anche il fatto che suo marito l'abbia lasciata fare. Era anch' egli obnubilato dalla quantità di denaro? Eppure non aveva smesso di mettere i guardia la moglie. L'ingenuità di Margherita da questo punto di vista è innegabile.
Nel momento in cui pone quella firma nel 2004, si fida dei suoi avvocati e soprattutto di sua madre e di suo figlio. In fondo, pensa che anche donna Marella sia «una povera vittima». Margherita non sospetta che sua madre sia parte attiva, fin da prima della morte del marito, di quel disegno che mira a estrometterla. Nemmeno dopo la firma Margherita dubita del comportamento della madre: «Se ha preso quegli impegni, vuol dire che in buona fede era convinta che non ci fosse più nulla da dividere del patrimonio di papà».
I rapporti tra Margherita e sua madre, quando firmano gli accordi di Ginevra, nonostante tutto appaiono improntati a una certa cordialità. Alla fine Margherita, anche se non ha avuto né la trasparenza né la chiarezza a lungo invocate, firma illudendosi che quando verrà il momento tutto si sistemerà, sia nei suoi confronti sia in quelli di tutti i nipoti de Pahlen. Non crede che sua madre sia talmente cinica da manifestare una idiosincrasia così spiccata verso i cinque nipoti de Pahlen e al tempo stesso una preferenza così plateale e sfacciata verso i tre nipoti Elkann. Solo dopo, Margherita ha aperto gli occhi, si è pentita.
Ma ormai era troppo tardi. E certo ha ripensato alle parole che pronunciò al momento di rinunciare al vero tesoro custodito nella cassaforte di suo padre: «La mia decisione di uscire dalla Dicembre», aveva detto, «è la prova più evidente che non avevo e non ho nessuna intenzione di creare ostacoli a John, mettendo in dubbio il suo ruolo al vertice della catena di comando di tutto il gruppo».
Ma, aveva aggiunto subito dopo: «Ed è anche la conferma che facendomi firmare quell'accordo qualcuno a Torino aveva finalmente raggiunto i suoi scopi». A questo punto il tentativo odierno di Margherita di dar vita, dopo la scomparsa della madre, alla «seconda guerra di successione» appare del tutto vano. La lettura dei due accordi, sia gli articoli IV e VIII dell'Accord transactionnel sia l'intero Pacte successoral, non si prestano ad alcun equivoco.
Non è dato sapere su quali basi i due giureconsulti di Zurigo e Basilea abbiano basato la loro conclusione secondo cui esistono «ampi margini di annullabilità dei due accordi». È molto probabile che abbiano riscontrato errori formali, ad esempio nelle procedure seguite o nei tempi di registrazione degli atti, ma anche se fondati e convincenti, quegli eventuali cavilli non cambiano la sostanza del problema: Margherita ha impiegato ben 14 anni prima di «accorgersi» che qualcosa non andava. E, guarda caso, se n'è accorta quando, o soltanto quando, gli asset a cui aveva rinunciato in cambio di una notevole somma di denaro valgono ben 20 volte di più. (9. Continua)
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