PUOI TOGLIERE I BORBONI DA NAPOLI, MA NON LA NOSTALGIA BORBONICA AI NAPOLETANI – LA VISITA DI FELIPE VI SOTTO IL VESUVIO HA RISVEGLIATO QUEI PARTENOPEI CHE AGGRAPPATI AL SOGNO DI "NAPOLI CAPITALE" - NIOLA: “LE RIVENDICAZIONI MALMOSTOSE DEI PRESUNTI FASTI BORBONICI RIFLETTONO LA NOSTALGIA DI UN’ETÀ DELL’ORO CHE PER MOLTI È SOLO FANTASIA. È UN MODO DI PENSARSI E RIPENSARSI, DI ESALTARSI E DI COMPIANGERSI TIPICO DI QUESTA CITTÀ”
1 - NAPOLI, IL RITORNO DEL BORBONE FELIPE ACCOLTO AL GRIDO “VIVA IL RE”
Estratto dell’articolo di Concetto Vecchio per “la Repubblica”
re felipe, la moglie letizia, sergio mattarella e laura mattarella a napoli 3
«Viva il re!» gli gridano davanti al teatro. Re Felipe VI a Napoli.
«Finalmente un sovrano al San Carlo » esclama un signore in platea, come se fosse un attore in scena. Sono arrivati in mille per sentirlo parlare.
Tutta la città che conta. Ma quello non è il presidente del Napoli? Davanti ad Aurelio De Laurentiis […]«Perché sono venuto? Ma come perché? Questo re rappresenta le nostre radici». Nel palchetto accanto si è accomodato Antonio Bassolino: «Io da sindaco ricevetti i genitori di Felipe. Sì, è un bel momento per noi, in tanti vengono a visitarci, la cultura resta la nostra risorsa più preziosa, dobbiamo averne cura».
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Felipe fa un gran discorso europeista. […] Un Borbone deve sentirsi a casa nel tempio che un altro Borbone, re Carlo III, fece edificare quando Napoli gareggiava con le principali capitali europee. Felipe naturalmente lo cita: «Il mio ascendente diretto, Carlos III». E anche adesso Napoli è tornata a essere una bella signora, in cima all’immaginario, e questa venuta di Felipe è come se chiudesse il cerchio. Ma senza nostalgie monarchie, né passatismi.
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Quel “viva il re” è nel segno della simpatia umana e del progresso civile. «L’università – ricorda il re – deve essere il luogo in cui impariamo a cercare la verità attraverso la ragione, il dialogo, il confronto tra opinioni contrapposte: uno spazio sicuro dove discutere liberamente e razionalmente temi che travagliano e preoccupano la società». Sergio Mattarella non a caso lo applaude dal palco reale. I due hanno pranzato insieme a Villa Rosebery. E poi sono venuti a teatro perché l’università Federico II, che festeggia i suoi 800 anni, ha insignito Felipe del dottorato honoris causa in scienze sociali e statistiche.
La sintonia tra i due Capi di Stato è sincera. Al nostro presidente il re dedica le uniche parole in italiano, che parla benissimo: «La sua presenza è per noi motivo di particolare emozione». Quando si affacciano dal palco, Felipe con Letizia, Mattarella con la figlia Laura, l’intero teatro si volta per un lungo battimani. È una scena che sembra uscita da un film di Sorrentino. […]
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Non si capisce Napoli senza la Spagna. Villa Toledo si lascia alle spalle i Quartieri spagnoli, dove le guarnigioni militari si acquartieravano per sedare le rivolte popolari. La Spagna attira i nostri figli dieci volte più di quanto l’Italia richiami gli spagnoli, eppure ha il doppio dei nostri disoccupati. È come se cercassero lì un bandolo che porta alle origini. Ma quale? L’attrazione è reciproca, a sentire Felipe. Il rettore Matteo Lorito ricorda che Cervantes definiva «Napoli la città più bella d’Europa e del mondo». E il re cita Croce, ma anche Boccaccio, e i presidenti napoletani, De Nicola, Leone, Napolitano.
Sono presenti il governatore De Luca, il sindaco Manfredi, il procuratore generale Policastro, il presidente degli industriali, Jannotti Pecci, il cardinale Battaglia, il mondo accademico al gran completo. Anche Felipe, emozionato, indossa la toga.
[…]
2 - LA NOSTALGIA CANAGLIA DELL’ANTICA CAPITALE
Estratto dell’articolo di Marino Niola per “la Repubblica”
Un titolo accademico in cambio di una corona perduta. Il titolo è il dottorato honoris causa in Scienze Sociali che l’Università di Napoli Federico II ha conferito ieri al re di Spagna don Felipe VI di Borbone. La corona è quella che Francesco II di Borbone, detto Franceschiello, un antenato dell’illustre addottorato dovette lasciare nelle mani di Garibaldi il 13 febbraio 1861. Quella fatidica data ha aperto una vera faglia nella cultura della città. Da una parte gli italiani senza se e senza ma. Dall’altra i nostalgici delle glorie borboniche, che non si sono mai rassegnati alla retrocessione della città, non più capitale e dunque destinata a una decadenza progressiva.
Sono quelli che, a torto o a ragione, a un Borbone addottorato preferirebbero un Borbone incoronato.
Per loro e per i partenopei in generale gli antichi sovrani sono insieme un sogno e un mugugno. Per gli uni l’incarnazione della modernità guadagnata. Per gli altri della centralità perduta. In realtà, i neoborbonici sono un’antropologia speciale, che tiene insieme l’anima aristocratica della città e quella popolare, quella anarchica e quella monarchica, quella altezzosa e quella religiosa. Che hanno nei Borboni e in San Gennaro una stessa fede.
[...]
In effetti le rivendicazioni malmostose dei presunti fasti borbonici riflettono la nostalgia di un’età dell’oro che per molti è solo fantasia. È la “Napoli che se ne va” di tantissime canzoni napoletane dove il canto fa rima con il pianto e il rimpianto. È un modo di pensarsi e ripensarsi, di esaltarsi e di compiangersi tipico di questa straordinaria città mondo. Ecco perché i sovrani che i piemontesi scacciarono dal loro regno sono ormai morti e sepolti ma il loro ricordo resta vivo. Ed è proprio questa lontananza sognata, da stelle cadenti a trasformare il ritorno di un loro discendente in un evento che scalda gli animi e i cuori.
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