miuccia prada

MIUCCIA PRADA TORNA ALL'ASILO NIDO - QUIRINO CONTI: "ESAURITE L’EPOPEA DELL’INCAVOLATO E MALEODORANTE INTELLETTUALE E L’ALTRA, LA PIÙ LOGORA, QUELLA “SON TUTTO UN MUSCOLO”, ORA MIUCCIA SI BALOCCA TRA I SONAGLI E I CARILLON DI UNO ZUCCHEROSO KINDERGARTEN CON PAGLIACCETTI DOPPIAMENTE ZIPPATI AD HOC (PER CUSTODIRE PISELLINI BEN TUTELATI DA PROFUMATISSIME MUTANDINE ASSORBENTI), SU GAMBE TENERAMENTE NUDE: QUESTA ORA LA VERA BELLEZZA SGAMBETTANTE DEL MASCHIO…”

Quirino Conti per Dagospia

 

miuccia prada raf simons 2

C’è poco da fare la bocca a “oooh!”: la Maternità non è della Moda. E se talora può sembrarlo la Paternità, lo è in genere per adozioni di ex amanti divenuti con il tempo più esigentissimi figlioli starnazzanti che reali oggetti del desiderio.

Di certo, scarsi sono i casi di grandi cóuturieres e stiliste con prole attaccata al seno. E quelle che si conoscono non sono proprio la migliore rappresentazione del “cuore di mamma sua”.

 

In genere, infatti, queste rare creative invidiano allo spasimo il loro omologo omosessuale, sfiancandosi in un’imitazione che risulta sempre dura, e soprattutto anaffettiva. Giacché, va ribadito, la Moda non è materna e non produce plauso per affettuose gravidanze.

Può capitare però, ed è capitato in questa stagione, che una certa renitenza sentimentale obblighi – come questione centrale – il tema dell’Alma Mater, e in particolare quello della Mater Matuta.

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Sostanzialmente il lavoro di Miuccia Prada, sostenuto dall’ancora incredulo Raf Simons. E dunque, in riferimento alla recente collezione neonatale, l’impellente, legittima domanda su quale tipo di Madre possa essere stata la grande MP.

 

Quali favole sperimentali, ad esempio, leggeva alle sue creature; con quanto sobrio ardore gli porgeva il seno; di quali vegane pappine li nutrisse e quali ninnenanne di Musica Concreta gli propinasse per farli addormentare. E poi, come si regolasse con i compiti, specie con temi del genere “Petali di Primavera in tempi di robotica”.

 

Di quale incredibile squarcio di modernità li gratificasse: “Non completo mai una creazione se non aggiungendovi qualcosa di sbagliato”. E chissà quali merletti di lattice avrà aggiunto ai bei colletti di acciaio inossidabile!

 

QUIRINO CONTI

Tanta curiosità, solo perché la collezione presentata in questi giorni a Milano commuove e convince di più se la si interpreta generata dalla struggente nostalgia del profumo di una culla. Dal momento che mai nessuna pedana al maschile fu più virtuosamente innocente e tenacemente materna.

 

Con pagliaccetti doppiamente zippati ad hoc (per custodire pisellini ben tutelati da profumatissime mutandine assorbenti), su gambe teneramente nude: questa ora la vera bellezza sgambettante del Maschio. Simile al celebre, scosciato Dargelos: l’eterno desiderio infantile del giovane Jean Cocteau.

 

E poi quadri e quadretti simil-Vichy dai colori più angelici: come certi grembiulini sottratti ai più verecondi giardini d’infanzia, del genere Asilo Nido del Santo Bambinello di Praga. Finalmente, esaurite l’epopea dell’incavolato e maleodorante intellettuale, quella dello spennacchiato filosofo sciatto per vocazione, e l’altra – la più logora –, quella “son tutto un muscolo”, ora Miuccia Prada torna con nostalgia tra i sonagli, i balocchi e i carillon di uno zuccheroso Kindergarten. Comunque, in un gigantismo creato dagli occhi di un bambino.

 

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Davvero l’inconsapevole festa dell’eclettico Cocteau: dopo appunto la celebrazione dello scostumato Dargelos, quella del geniale infante Radiguet. Senza più altri punti di attrazione – dopo i rivelativi leggings a tutte le ore – che gambe snudate; e fragranti acque floreali e borotalco e pasta all’ossido di zinco quali estremo picco di desiderabilità.

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Poi, al suo massimo virtuosistico, un asciutto costumino nero da cresimando. Naturalmente mai bianco come lo avrebbero presentato gli stilisti più ripetitivi e noiosi. Dunque, nero. Per un eccesso di modernità? No, solo per nostalgia di affettività generativa, in stretta osservanza concettuale.    

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