RINVIATI A GIUDIZI I TITOLARI DI UNA PIZZERIA DI REGGIO EMILIA: SONO ACCUSATI DELL'OMICIDIO COLPOSO DI ELENA RUSSO, FATTORINA 20ENNE MORTA DURANTE UNA CONSEGNA A DOMICILIO - I DUE AVREBBERO FORNITO ALLA GIOVANE UN'AUTO NON SICURA, CON GLI PNEUMATICI IN GRAVE STATO DI USURA E PIENI DI CREPE, NONCHÉ PRIVI DI BATTISTRADA, CHE AVREBBERO PORTATO LA RAGAZZA A PERDERE IL CONTROLLO DEL MEZZO - LA DIFESA SOSTIENE CHE LA RUSSO VIAGGIASSE A 130 CHILOMETRI ALL'ORA IN UN PUNTO DOVE IL LIMITE ERA DI 50…
(ANSA) - Sono stati rinviati a giudizio i due titolari della pizzeria di Reggio Emilia per la quale lavorava come fattorina Elena Russo, studentessa universitaria morta all'età di 20 anni la sera del 30 gennaio 2022 in un incidente stradale durante una consegna a domicilio.
Come riporta l'edizione odierna del Resto del Carlino di Reggio Emilia, i soci - un 49enne e un 33enne - dovranno rispondere di omicidio colposo con violazione delle norme per la sicurezza sul lavoro e del codice stradale.
La procura contesta loro di aver fornito alla giovane un'auto non conforme ai fini della sicurezza, non sottoposta a idonea manutenzione. Infatti da una perizia eseguita sul veicolo ordinata dal tribunale, sono stati ravvisati pneumatici in grave stato di usura e crepe, nonché privi di battistrada. Secondo i pm ci sarebbe dunque un nesso causale con l'incidente stradale, perché questi elementi avrebbero portato la ragazza a perdere aderenza al terreno e quindi il controllo del mezzo.
Ieri mattina il gup Luca Ramponi ha rinviato a giudizio i due titolari, mentre i genitori della vittima si sono costituiti parte civile. La difesa degli imputati si era opposta alla formulazione della procura sostenendo che la giovane, secondo un consulente di parte, viaggiasse a 130 chilometri orari in un punto dove vige il limite a 50. La sostituto procuratrice Laura Galli, prima titolare del fascicolo, iscrisse i due uomini nel registro degli indagati, ma a settembre 2022 chiese l'archiviazione. Poi il gip Andrea Rat rigettò la domanda per promuovere gli accertamenti tecnici che hanno portato a una svolta e all'imputazione coatta, col fascicolo ereditato nel frattempo dai pm Stefano Finocchiaro e Denise Panoutsopoulos.