RINVIATO A GIUDIZIO PER LA DIFFUSIONE DEI VERBALI DI AMARA, PIERCAMILLO DAVIGO SI DIFENDE: "SE IO HO COMMESSO IL DELITTO DI RIVELAZIONE DI SEGRETO D'UFFICIO ALLORA VERTICI DEL CSM E DELLA PROCURA GENERALE DI CASSAZIONE AVREBBERO DOVUTO DENUNCIARMI. VISTO CHE L'OMESSA DENUNCIA DI REATO DA PARTE DI UN PUBBLICO UFFICIALE È REATO MA A NESSUNO DI LORO VENNE IN MENTE DI DOVERLO FARE PERCHÉ NESSUNO DI LORO PENSÒ CHE IL MIO FOSSE UN REATO"
Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
piercamillo davigo ospite da giovanni floris 6
«Se io ho commesso il delitto di rivelazione di segreto d'ufficio - si difende l'ex consigliere Csm Piercamillo Davigo nel suo interrogatorio -, allora loro (cioè i vertici del Csm e della Procura generale di Cassazione, ndr ) avrebbero dovuto denunciarmi», visto che «l'omessa denuncia di reato da parte di un pubblico ufficiale è reato», e dunque «dovrebbero essere incriminati per omissione d'atti d'ufficio», ma «a nessuno di loro venne in mente di doverlo fare perché nessuno di loro pensò che il mio fosse un reato».
Ma la linea difensiva dell'ex pm di Mani Pulite non convince la Procura di Brescia, che chiede al gip di processarlo con il pm milanese Paolo Storari per «rivelazione di segreto». Cioè per aver, nella primavera 2020, fatto circolare tra quei «loro» (il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura David Ermini, il pg della Cassazione Giovanni Salvi, cinque consiglieri Csm e il presidente allora 5 Stelle della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra) i verbali segreti resi, tra fine dicembre 2019 e metà gennaio 2020, dall'ex avvocato esterno Eni Piero Amara su una associazione segreta denominata «loggia Ungheria» e condizionante alte burocrazie.
SERGIO MATTARELLA PIERCAMILLO DAVIGO
La consegna di questi files word da Storari a Davigo, invece, per il procuratore bresciano Francesco Prete e il pm Donato Greco non può essere scriminata né dal fatto che fosse stato Davigo a rassicurare Storari sulla liceità della consegna e sulla non opponibilità del segreto investigativo a un consigliere Csm; né dal movente di Storari di lamentare i contrasti con il procuratore Francesco Greco e la coassegnataria vice Laura Pedio sui ritardi (a suo avviso) nell'avviare concrete indagini, per i quali Brescia ha chiesto l'archiviazione di Greco in attesa di valutazione del gip.
Ermini ha deposto ai pm bresciani d'aver parlato con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella di quanto rivelatogli da Davigo, dal quale ha confermato di aver anche ricevuto copia dei verbali di Amara, aggiungendo però di averli distrutti ritenendoli irricevibili. «Bravo... complimenti... - contrattacca Davigo nel proprio interrogatorio - Ermini evidentemente non è precisamente un cuor di leone: se io avessi commesso un reato, era la prova del reato, dovevi trasmetterla all'autorità giudiziaria, se no è favoreggiamento personale», e aggiunge la domanda retorica che altri invece gli ritorcono contro proprio per la sua condotta, e cioè «sono impazzito io o sono ancora queste le regole del gioco?».
In dicembre chiederanno di essere interrogati a Brescia il procuratore aggiunto milanese Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro, destinatari di un avviso di conclusione indagini per «rifiuto d'atti d'ufficio», nell'ipotesi abbiano tenuto il Tribunale del processo Eni-Nigeria all'oscuro di elementi potenzialmente favorevoli alle difese (benché segnalati da Storari ai due pm) sulla figura dell'ex dirigente Eni Vincenzo Armanna, coimputato ma anche accusatore di Eni valorizzato da De Pasquale nel processo Eni-Nigeria e da Pedio (pure indagata per l'ipotesi di omissione d'atti d'ufficio) nell'inchiesta milanese tuttora in corso sui depistaggi giudiziari attribuiti a Eni.