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RITORNA IL NAZIFOLLE - ANDERS BREIVIK, IL KILLER DELLA STRAGE DI UTOYA, FA IL SALUTO NAZISTA DURANTE LA PRIMA UDIENZA DELLA SUA CAUSA ALLO STATO PER “DETENZIONE DISUMANA” - È IN ISOLAMENTO DAL 2011 IN UNA CELLA DI TRE STANZE CON TV E COMPUTER, MA SENZA INTERNET - LUI VORREBBE ANCHE UNA PLAYSTATION, IL CAFFE’ CALDO E LA CREMA IDRATANTE

di Maria Serena Natale per www.corriere.it

 

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Lo ha fatto di nuovo, Anders Behring Breivik è entrato nel tribunale allestito nella palestra del carcere di Skien e ha levato il braccio nel saluto nazista. Era già successo nel 2012 all’apertura del processo per le stragi di Oslo e Utoya, il peggior massacro sul suolo norvegese dalla Seconda guerra mondiale. Fu condannato a 21 anni di reclusione per aver ucciso 77 persone il 22 luglio 2011: otto con un’autobomba nel centro di Oslo, 69 freddate con pistola e fucile d’assalto nel campo estivo dei Giovani laburisti sulla vicina isola di Utoya. Quasi tutti erano ragazzi, il più giovane aveva 14 anni. Ora, a 37 anni, Breivik torna in aula nella parte dell’accusa. Cita lo Stato per trattamento disumano e degradante: la sua detenzione violerebbe la Convenzione europea sui diritti umani.

 

 

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Testa rasata, giacca scura, camicia bianca e cravatta color oro, non ha detto nulla presentandosi al giudice nella prima apparizione in pubblico in quattro anni. Il regime di stretto isolamento che gli consente di incontrare solo le guardie e il personale medico starebbe minando la sua resistenza psicologica. L’unica persona ad averlo visto in prigione è stata sua madre, prima di morire di malattia nel 2013. Secondo gli avvocati, che possono parlargli solo attraverso un vetro, le condizioni nella cella di tre stanze con tv e computer senza accesso a Internet aggravano il suo stato mentale impedendogli anche di proseguire gli studi universitari in Scienze politiche avviati per corrispondenza. D’altronde era stato proprio lui, nel delirante manifesto scritto durante i meticolosi preparativi dell’attacco, a indicare nel carcere uno dei luoghi privilegiati per la radicalizzazione e il reclutamento.

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Nel processo del 2012 l’accertamento del suo equilibrio psichico era stato uno dei punti più controversi. Alla fine Breivik, che si dichiarava nemico del multiculturalismo deciso a salvare la Norvegia e l’Occidente dall’islamizzazione, fu dichiarato capace d’intendere e volere e condannato alla massima pena prevista dall’ordinamento nazionale.

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Già nel 2014 aveva minacciato di cominciare uno sciopero della fame e spiegato le sue ragioni in una lettera alla stampa. Tra le richieste respinte dalle autorità carcerarie, una Playstation 3, il caffè caldo, il permesso di usare la crema idratante. Utoya costrinse i norvegesi a un doloroso esame delle zone buie di un’identità nazionale avvelenata da pulsioni nazionaliste e violente. Un esame che non si è ancora concluso. Sull’isola quel giorno c’erano 564 giovani provenienti da tutto il Paese. Si calcola che, su un totale di cinque milioni di abitanti, in media un quarto della popolazione avesse legami con almeno una persona coinvolta. La caccia all’uomo durò novanta minuti. Breivik inseguì le vittime una a una gridando “Oggi morirete, marxisti”. In quattro anni di carcere, nessun segno di un percorso di rielaborazione. Continua a cercare una tribuna. Le sue dichiarazioni, attese per mercoledì, non saranno trasmesse in tv.

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