massimo carminati

“ER CECATO” CI VEDE BENISSIMO - ROBERTO GRILLI, PENTITO CHIAVE DEL PROCESSO “MAFIA CAPITALE”, FA DIETROFRONT IN AULA: “SE ACCUSO CARMINATI NON DURO UNA SETTIMANA. TRA FAMME SPARA’ DA UNO E PIJAMME LA CALUNNIA, CHE PENSI CHE SCELGO? DOPO CHE FACCIO? TE PENSI CHE TORNO SULLA CASSIA A PORTA’ A SPASSO I CANI?”

Carlo Bonini per “la Repubblica”

CARMINATI 1CARMINATI 1

 

Ci sono udienze che, da sole, valgono un processo. Perché ne riassumono la sostanza, svelandone natura e contesto mafiosi. Perché ne indicano la posta in gioco, persino al di là del destino dei singoli imputati.

 

Ebbene, lo spettacolo di menzogna e ritrattazione offerto ieri nell’aula bunker del carcere di Rebibbia da Roberto Grilli, narcotrafficante “pentito” (si fa per dire) e tra i testimoni chiave della pubblica accusa nel dibattimento “Mafia Capitale”, è una di queste. Per quello che ha documentato.

 

CARMINATICARMINATI

Per l’oggettiva nemesi in cui la ritrattazione si è risolta. E perché ha mostrato come venga sciolto oggi il dilemma di chi deve scegliere tra la legge dello Stato e quella della strada. A maggior ragione in una città dove il vento cambia facilmente verso, non fosse altro dopo che una Corte di appello ha stabilito che a Ostia la mafia non esiste e non è mai esistita.

 

Dove chi prende 16 anni per stupefacenti in primo grado, se la cava con sette in secondo. Dove trafficare in cocaina e stare “muto” è più conveniente che fare l’eroe con un mamma santissima come Massimo Carminati.

 

Roberto Grilli, dunque. Il tipo, classe ’63, è un attempato fascistone della Balduina. Un ex fighetto figlio della borghesia nera romana, che negli anni ’80 frequenta il liceo “Azzarita” ed è iscritto al Fronte della Gioventù. E che, con l’età, insieme alla panza, ha messo “giudizio”. Perché ha chiuso con l’Idea (con cui nessuno ha mai fatto una lira) e si è messo a trasportare cocaina dai Caraibi all’Italia. Tre-quattrocento chili a viaggio.

 

buzzi carminatibuzzi carminati

Nel doppiofondo della sua barca a vela “battente bandiera francese”, la “Kololo II”. Cocaina, non hashish. Quella che, a un certo punto, Carmine Fasciani, il capo-mafia di Ostia vorrebbe fargli portare dal nord-africa e che lui rifiuta, «perché nun c’avevo mica ‘na petroliera. Co’ quattro tonnellate de’ hashish, affondavo…». Una pacchia da milioni di euro, che finisce nel settembre del 2011, quando la Finanza lo abborda al largo di Alghero, trovandogli 500 chili di coca in stiva.

 

massimo carminati massimo carminati

Grilli si “butta pentito” e, tra l’aprile del 2012 e il 17 dicembre del 2014 riempie nove verbali che collegano all’ultimo di quei suoi traffici e a Carmine Fasciani, (lo chiamavano “l’amico del mare”), sia Massimo Carminati che il suo braccio destro Riccardo Brugia («Ci conoscevamo da quando eravamo ragazzini e ci siamo fatti pure qualche “botta” di coca insieme. Sono stato anche con una sua ex»).

 

Perché è Carminati a procurargli quel lavoro. E perché è a Brugia che Grilli dovrà dimostrarsi riconoscente con un po’ di roba. Una storia che Grilli deve solo “confermare” in aula. Ma che in aula non conferma.

 

MAFIA CAPITALE - MONDO DI MEZZOMAFIA CAPITALE - MONDO DI MEZZO

Per quattro ore, stretto dalle domande affilate dei pm Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli, il tipo si sottopone all’umiliante autodafé di chi spiega di aver detto «il falso», «facendo il più grande sbaglio della vita». Di essersi prestato ad una macchinazione «orchestrata» dal suo avvocato di fiducia Alessandro Capograssi (revocato prima dell’udienza di ieri) che avrebbe dovuto avere come vittime “l’innocente” Carminati e l’amico Brugia e come “premio” l’ammissione al programma di protezione dei testimoni. Che non arriva. «A dicembre 2014, manco le lavatrici facevo a casa. Perché dicevo alla mia compagna, che poi mi ha lasciato, che quelli del Servizio di protezione ci sarebbero venuti a prendere da un momento all’altro».

 

carmine fascianicarmine fasciani

È una recita stucchevole, declinata con voce nasale e sarcasmo un tanto al chilo. Nell’ossequio untuoso e posticcio del Tribunale e della Procura, tipico di chi ritiene di essere furbissimo, ma, al contrario, sta solo firmando la propria condanna e quella di chi ha deciso di proteggere: Carminati e Brugia. Non fosse altro perché a smascherarla quella recita è la stessa voce del suo interprete. Un nastro registrato dalla polizia giudiziaria il 10 giugno scorso, al momento della notifica dell’atto di citazione come testimone in aula, in cui Grilli svela le vere ragioni della ritrattazione che si prepara a consumare.

 

CARLO PUCCI - RICCARDO BRUGIA - FABRIZIO TESTACARLO PUCCI - RICCARDO BRUGIA - FABRIZIO TESTA

È una “confessione” involontaria che la Procura cala come una martellata a recita compiuta e con cui dà scacco matto al furbacchione. «Se confermo le accuse a Carminati — dice Grilli in quella registrazione parlando con il capitano dei carabinieri che ha di fronte — me se fanno in una settimana. Tra famme spara’ da uno su un T-max che se vo fa’ bello co’ quelli che stanno dentro e pijamme la calunnia, che pensi che scelgo? Dopo ave’ messo l’ultimo chiodo sulla croce de’ Carminati, che faccio? Te pensi che torno sulla Cassia a porta’ a spasso i cani? Ma de che stamo a parla’?».

 

BRUGIA GUARNERA CARMINATI INTERCETTAZIONIBRUGIA GUARNERA CARMINATI INTERCETTAZIONI

La conclusione del Tribunale non può dunque essere che una. Roberto Grilli — scrive in un’ordinanza — ha mentito, la sua deposizione «configura elementi idonei a suffragare una situazione di inquinamento probatorio », e dunque, oltre a dover rispondere di calunnia nei confronti del suo ormai ex avvocato, quel che farà stato nel processo non sarà la sua ritrattazione ma proprio i verbali degli interrogatori resi durante le indagini. Di più: Roberto Grilli ha mentito per paura. Perché «intimidito » dall’organizzazione che è ora alla sbarra. «Un’associazione criminale — scrive la Presidente del Tribunale Rosanna Ianniello — quale che ne sia la connotazione», con «sodali » ancora in giro, «perché non imputati».

 

 

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