aldo grasso tomaso montanari

CHE MAL DI PANSA! - TOMASO MONTANARI TORNA ALLA CARICA DI GIAMPAOLO PANSA: “I SUOI LIBRI NON SONO NÉ STORIA NÉ GIORNALISMO: SONO UN CUMULO INDISTINTO DI FATTI, SUPPOSIZIONI, FALSI, IPOTESI, ERRORI. IL TUTTO MISCHIATO CON FURORE IDEOLOGICO. SENZA UNA NOTA, SENZA UN RINVIO A UN DOCUMENTO CERTO: SENZA MAI LA POSSIBILITÀ DI VERIFICARE” - LA RISPOSTA DI ALDO GRASSO: “NÉ MONTANARI NÉ IO SIAMO STORICI DI PROFESSIONE. DIVERSAMENTE DA LUI, NON SONO MOSSO DA..."

giampaolo pansa

Dal “Corriere della Sera”

 

Lettera di Tomaso Montanari

Caro direttore, gli insulti scomposti di Aldo Grasso sono altrettante medaglie.

Ma forse i lettori del Corriere meritano anche argomentazioni. La fonte di Giampaolo Pansa non fu Otello Montanari, né la storiografia che aveva già documentato, sviscerato, interpretato quelle pagine della guerra di liberazione (per esempio nei libri di Mirco Dondi, Guido Crainz, Santo Peli, Massimo Storchi).

 

Pansa si limita a mettere in romanzo (in almeno sei libri, l'uno ripetizione sostanziale dell'altro) la versione del repubblichino Giorgio Pisanò, e della sterminata memorialistica dei repubblichini di Salò. Un'altra fonte da cui Pansa attinge a man bassa sono I giorni di Caino.

 

tomaso montanari

Il dramma dei vinti nei crimini ignorati dalla storia ufficiale di Antonio Serena, espulso da Alleanza Nazionale per aver distribuito in Parlamento un suo video in cui inneggia a Erich Priebke, e quindi finito senatore della Lega. I libri di Pansa non sono né storia né giornalismo: sono un cumulo indistinto di fatti, supposizioni, falsi, ipotesi, errori. Il tutto mischiato con furore ideologico. Senza una nota, senza un rinvio a un documento certo: senza mai la possibilità di verificare.

 

GIAMPAOLO PANSA IL SANGUE DEI VINTI

E il Paese che oggi celebra Pansa è «un Paese felice di vedere i resistenti messi alla berlina della storia o, peggio, alla ghigliottina della morale...Un Paese felice di assistere alla gogna collettiva dei "comunisti" di allora e degli "antifascisti autoritari" di oggidì, in un grandguignolesco spettacolo dove tutti i nemici di Pansa grondano violenza e vergogna, dai più mitici capi partigiani ai più oscuri docenti universitari. Un Paese felice di sentirsi ignorante, e di farsi illuminare dal Robin Hood di Casale Monferrato»: come scriveva il Corriere della Sera (il 20 ottobre 2006).

 

Risposta di Aldo Grasso

A proposito di «insulti scomposti», la spinta a scrivere il Padiglione a difesa di Pansa mi è venuta leggendo la sequela di ingiurie e irrisioni - un invito alla damnatio memoriae di stampo stalinista - che Montanari gli ha rivolto a poche ore dalla morte per controbilanciare una presunta santificazione (si polemizza con i vivi, non con i morti). Né Montanari né io siamo storici di professione. Diversamente da lui, non sono mosso da astratti furori e non ho alcun desiderio di essere al servizio del ministro di turno. Ci penseranno altri più attrezzati di noi a stabilire se Pansa sia un «falsario» o meno.

selvaggia lucarelli vs aldo grasso 6

 

I libri di Pansa sono serviti a cambiare un clima culturale e ideologico, a divulgare, magari con estro giornalistico e scarsa attenzione alle note, l'insegnamento di un grande storico come Renzo De Felice, a sua volta vittima di un'ostilità feroce e prolungata: non tutti gli antifascisti hanno lottato per la libertà, alcuni per l'egemonia sovietica sull' Italia. E non tutti i fascisti erano dei mascalzoni come pretende la «vulgata antifascista», la storia scritta dai vincitori.

 

Rispondendo a una lettera di Ugo Intini, Paolo Mieli scriveva sul Corriere del 14 ottobre 2003: «Per me la revisione storica - purché onesta (ed è il caso di Pansa) - è sempre la benvenuta. Noto però che quando essa è fatta a sinistra - qualche nome alla rinfusa per cose pur tra loro diverse: Otello Montanari, Stelio Spadaro, Luciano Violante, Massimo Storchi, Silvio Pons, Gianfranco Bettin - c'è sempre in agguato qualcuno pronto a menare le mani. Sempre. Il che la dice lunga su quanto sia poco maturato lo spirito complessivo di questa parte del Paese.

 

giampaolo pansa

Fosse per loro, non sarebbe mai il momento giusto per affrontare i temi scomodi, ci sarebbe sempre un buon motivo per chiedere che se ne parli più in là. E siccome per principio mi sembra doveroso stare dalla parte dei bastonati anziché da quella dei bastonatori, dico con franchezza che, anche se non considerassi (come invece consi-dero) quello di Giampaolo Pansa un gran bel libro e avessi qualche dubbio (che non ho) sui tempi della sua pubblicazione, visto come è stato accolto dal mondo di cui si è detto, in ogni caso mi schiererei - e senza esitazione - al suo fianco».

 

Per sgombrare ogni dubbio, mi permetto di osservare che il nome che porto nasce dal desiderio di mio zio, partigiano nella 1ª Divisione Langhe, di ricordare la famosa parola d' ordine «Aldo dice 26 x 1» con cui il comando piemontese impartì l' ordine dell' insurrezione.

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