“TRUMP TEMEVA CHE LA STORIA DI STORMY DANIELS AVESSE UN IMPATTO CATASTROFICO SULLE PRESIDENZIALI” - MICHAEL COHEN, L’EX LEGALE DEL TYCOON, INCHIODA IN TRIBUNALE L’EX PRESIDENTE SUI SOLDI IN NERO DATI ALLA PORNOSTAR PER PAGARE IL SUO SILENZIO: “AGIVO SU INDICAZIONE E A BENEFICIO DI TRUMP. FU LUI A CHIEDERMI DI OCCUPARMI ANCHE DELLA STORIA DI STORMY DANIELS. ERA PREOCCUPATO PER LA CAMPAGNA, NON PER MELANIA. MI DISSE DI PAGARE CASH” – LA TESTIMONIANZA È FONDAMENTALE PER…
Estratto dell’articolo di Massimo Basile per "la Repubblica"
Nelle prime tre ore in cui Michael Cohen ha risposto alle oltre 400 domande dell’accusa, citando nomi, dati, frasi, Donald Trump è sprofondato sulla sua poltrona, come per ripararsi dalle parole, sovrastato per la prima volta dalla stazza del suo legale. […]
All’inizio era apparso sicuro come sempre, ma nella stanza non c’era ancora Cohen, l’ex avvocato tuttofare diventato il grande nemico. In aula si parla di sesso e pagamenti in nero
Da avvocato ad accusatore, Cohen ha inchiodato il suo vecchio capo: «Agivo su indicazione e a beneficio di Donald Trump - ha dichiarato - fu lui a chiedermi di occuparmi anche della storia di Stormy Daniels. Era preoccupato per la campagna, non per Melania». È stata fatta sentire la registrazione, realizzata di nascosto da Cohen, della sua conversazione con il miliardario, quando gli aveva detto «paga cash» per mettere a tacere lo scandalo. Il primo processo penale nella storia americana a un ex presidente ha vissuto il suo momento più atteso.
[…] Cohen ha rivelato come Trump temesse il «catastrofico impatto » che avrebbe potuto avere sulla campagna presidenziale del 2016 la storia del sesso con Stormy, e quella con l’ex modella di Playboy Karen McDougal, ma anche di come fosse deciso a silenziare tutto. «Occupatene tu», gli avrebbe ordinato il tycoon. Cohen ha descritto il pagamento di 130 mila dollari alla pornostar, e la clausola da un milione di dollari se l’attrice avesse violato l’accordo di riservatezza. Quando era sembrato che la storia potesse uscire, a pochi giorni dal voto, ha ricordato Cohen, Trump gli aveva confessato: «Tanto non starò sul mercato a lungo».
«Ma non si riferiva alla moglie Melania - ha aggiunto - si riferiva alla sua campagna presidenziale ». Però alla parola Melania, Trump si è risollevato sulla poltrona. Al netto delle dichiarazioni - il processo è basato in gran parte su quello che Cohen ha raccontato ai procuratori in più di una dozzina di interrogatori - ciò che contava era capire come sarebbe apparso il testimone agli occhi dei giurati: credibile? Titubante? Ha risposto in modo sicuro, con prontezza, a parte un paio di «non ricordo » su dettagli, mostrando una lucidità e una memoria da principe del foro.
[…] Adesso per il tycoon l’ex tuttofare è un “infame”, per l’ex avvocato il vecchio capo è un “boss mafioso”. I due non hanno mai incrociato lo sguardo. Alcuni giurati hanno preso nota sui loro quaderni quello che anche a loro deve essere sembrato un passaggio chiave: quando Cohen ha ricordato la paura di Trump per la «catastrofe» imminente degli scandali e di come fosse disposto a tutto.
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