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ULTIMA SPERANZA PER BOSSETTI: GLI AVVOCATI DEL MURATORE DI MAPELLO PROVERANNO A DIMOSTRARE CHE, NEI GIORNI IN CUI FURONO CONDOTTE ANALISI DECISIVE SUL DNA, LA TARATURA DEL MACCHINARIO NON ERA A PUNTO
Luca Telese per “Libero quotidiano”
Un asso nella manica. Un colpo di scena, gelosamente custodito fino ad ora, sulla prova decisiva del processo per l'omicidio di Yara Gambirasio. La difesa di Massimo Bossetti si presenta questa mattina all' udienza decisiva della propria arringa a puntate, al Tribunale di Bergamo, non solo armata del suo noto cavallo di battaglia sull' anomalia del Dna mitocondriale (che inspiegabilmente non corrisponde a quello del muratore di Mapello, e di cui più volte si è già parlato durante il processo), ma con una nuova sorpresa, che riguarda anche gli esami cruciali sul Dna nucleare.
Questa prova è un documento trovato fra le stesse carte dell' accusa. Non proviene da una perizia di parte difensiva, ma da un lavoro minuzioso condotto dal genetista Marzio Capra (e da tutto il pool) sulla stessa documentazione fornita dai Ris dei carabinieri, i cosiddetti «raw data».
Chi ha seguito il processo sa che su quei dati si giocarono ben quattro cruciali udienze di battaglia in aula. Nei giorni del dibattimento sui campioni di Dna che l'accusa considerava più importanti, ovvero quelli raccolti sulle famose mutandine di Yara (i reperti "g20" e "g31 est") i capitani dei Ris che avevano condotto l'esame, professionisti stimati e esperti, vacillarono più volte durante gli interrogatori.
I due capitani chiesero - e ottennero - per ben due volte una sospensione del controinterrogatorio e una pausa di due settimane per prepararsi meglio. Motivarono la richiesta sostenendo di avere dati e referti delle analisi «in disordine in laboratorio». Alla fine del braccio di ferro produssero le famose "brutte copie" dei dati degli esami (i "raw data" di cui sopra).
LA VOLVO DI MASSIMO BOSSETTI IN VENDITA
Oggi Paolo Camporini e Claudio Salvagni illustreranno un elettroferogramma (uno dei grafici delle analisi decisive compiute nell' ottobre 2011) che - a loro avviso - prova che la taratura della macchina non era a punto. Se l'illustrazione di questo esame dovesse essere convincente, potrebbe davvero realizzarsi un colpo di scena. Anche perché questa disamina non proietta la sua ombra solo sul primo grado, ma anche su un eventuale appello, perché colpisce il cardine su cui poggia tutto il teorema accusatorio.
Le anomalie che accompagnano gli esami del Dna fino ad oggi sono state già tante. Gli stessi inquirenti, sotto interrogatorio, dovettero ammettere che non si conosceva il vero motivo per cui il dna mitocondriale di «Ignoto uno» (quello trovato sul campione della mutandina) non avesse nulla a che fare con la sequenza genetica mitocondriale dell'imputato.
LUCA TELESE MATRIX CASO YARA BOSSETTI
Poi dovettero riconoscere che il dna della mamma di Bossetti, compatibile con quello di «Ignoto uno» (individuato nel 2012) al momento dell' esame era stato confuso con un altro campione dove c'era il dna di Yara (e quindi non riconosciuto). Per questo, malgrado un'inchiesta a tappeto, Ester Arzuffi in un primo momento non era stata identificata.
Dai referti si legge poi delle tante difficoltà dalla caratterizzazione del Dna di Yara, ricavato con esami su tutte e dieci le unghie. Quindi sono emersi numeri sbarrati a penna sulla sequenza genetica attribuita a «Ignoto uno», e poi inspiegabili «alleli soprannumerali» che nulla hanno a che fare con quelli del muratore. Come è stata risolta la non coincidenza di questi dati dall' accusa?
letizia ruggeri pubblico ministero del processo yara bossetti
Semplicemente non considerando l'allele in più. Come se un poliziotto che ha tra le mani un identikit simile a quello di un sospetto, tranne che per il naso, risolvesse il problema cancellando con una gomma proprio quel tratto fisionomico. Tutti i problemi dei due campioni trovati sulla mutandina, sul piano procedurale, sono diventati pubblici: l'esame decisivo è stato condotto senza contraddittorio e senza avvocati (all' epoca non c'erano indagati) e per di più, secondo quanto riferiscono i Ris, non è stato mai filmato.
L'esame, sempre a detta del colonnello Lago, non può essere ripetuto, anche se una sentenza della Corte Costituzionale prodotta del caso Meredith prevede che in linea di principio la «ripetibilità» sia necessaria per poter utilizzare un Dna come elemento di prova. Per giunta il campione di Dna di «Ignoto uno» che inchioderebbe Bossetti nella documentazione del processo e nei verbali di accompagnamento risultata avere «quantificazioni» diverse.
letizia ruggeri pubblico ministero del processo yara bossetti con giampietro lago dei ris
Ma come avrebbe fatto a lievitare, visto che la provetta è la stessa, e non è stata aperta? Il campione è stato addirittura distrutto - secondo quanto testimoniato da Lago - durante le analisi. Di questi esami restavano dunque - fino a ieri - solo gli elettroferogrammi, ovvero referti che all' epoca non avevano valore processuale, ma solo investigativo. Come se si avesse lo scontrino del pasto, ma non le porzioni, dopo averlo consumato. Un bel pasticcio.
il furgone davanti la palestra di yara che non era di bossetti
leggings di yara
yara gambirasio
giampietro lago dei ris
il furgone di bossetti analizzato dai ris
Bene, questa mattina in Aula arriva il colpo di scena, quella carta che Capra e compagni ritengono decisiva, e che hanno trovato tra gli stessi dati prodotti dall' accusa. Oggi scopriremo se nella loro illustrazione delle prove, gli avvocati di Bossetti saranno convincenti: se riusciranno, cioè, a squalificare anche il Dna nucleare. Se questo accadesse, riuscirebbero nel virtuosismo di smontare una pro, usando dati che secondo la pm servivano per mandare Bossetti all' ergastolo. Sarebbe un bel paradosso.