LA JIHAD DELLA PORTA ACCANTO – “ORA DISTRUGGIAMO LE LORO CASE”, DICONO I JIHADISTI ITALIANI INTERCETTATI – L’ARRUOLAMENTO SU INTERNET E LA RETE DI MOSCHEE CLANDESTINE
Giuliano Foschini e Fabio Tonacci per “la Repubblica”
La voce italiana della Jihad parla così: «Sembriamo dei vigliacchi in questo paese! Abbiamo equipaggiamento e materiale, bisogna andare e distruggere le loro case». Le parole sono quelle che Hamdi Chamari, 24anni di Castelvetrano in provincia di Trapani, si scambiava con i suoi amici. «Possa Dio sparpagliare i nostri corpi per la sua causa, voglio che le mie carni vadano in pezzi».
Hamdi, origine tunisina, mentre studiava per il test alla facoltà di medicina avrebbe organizzato tra la Sicilia e la Puglia una cellula terroristica con altre cinque persone per - così ricostruiscono i carabinieri del Ros in un’inchiesta della Procura di Bari di un anno fa - «reclutare persone da inviare nelle zone di guerra contro il “nemico infedele” ». Indottrinamento che avveniva in una moschea, ad Andria e proseguiva poi su Internet, mentre ai piedi dell’Etna avevano messo in piedi un campo di addestramento. È così che si diffonde la “jihad della parola”, per dirla con l’espressione che utilizzava Bin Laden per indicare il momento propedeutico alla “jihad della spada”. È accaduto in Italia, sta accadendo.
I NETWORK TRADIZIONALI
I rapporti dell’intelligence posizionano la maggior parte dei 40 soggetti che sono andati o vogliono andare in Siria e Iraq a combattere, tra Liguria, Lombardia, Emilia e Veneto. Nel triangolo tra Genova, Milano e Bologna sono attivi network di provenienza nordafricana, con il compito di arruolare militanti. «Sono forti i legami con il ramo tunisino di Ansar Al Sharia», scrive Lorenzo Vidino in un dossier pubblicato dall’Istituto di studi di politica internazionale.
Anche di questo si è parlato ieri nel vertice al Viminale tra il ministro degli Interni Angelino Alfano, i responsabili dei nostri servizi segreti, Ros e Ucigos. Si stanno valutando «ulteriori iniziative per la lotta al terrorismo integralista». A Genova l’inchiesta della Digos su Giuliano Ibrahim Del Nevo, l’italiano convertito e morto in Siria nel 2013, ha individuato la brigata Jaish al Muhajireen, una delle principali organizzazioni di reclutamento di non-siriani che opera in stretto coordinamento con i militanti di Al Qaeda e dello Stato Islamico dell’Iraq.
A loro si potrebbe essere affidato Del Nevo per raggiungere la Siria. Anche le procure di Milano, Venezia e Bari stanno indagando sulle reti di amicizie che hanno consentito ad alcuni soggetti residenti per lungo tempo in Italia, dal “milalanese” Haisam Sakhanh, detto Abu Omar, all’imbianchino bosniaco di Longarone Ismar Mesinovic, di unirsi ai rivoltosi.
WEB E CHAT NASCOSTE
Ma la “jihad della parola” corre molto più veloce attraverso il web. Twitter e Facebook ne sono i cancelli d’ingresso. Basta guardare quello che posta Umar Andrea Lazzaro, l’altro genovese convertito, sul suo profilo Twitter. È tra gli indagati per associazione con finalità di terrorismo internazionale. Tremilasettecento tweet, da quando Andrea è diventato Umar, assestandosi su posizioni ultraortodosse della scuola indiana Deobandi. “Down with eurocentrism” scrive vicino alla mappa dell’impero ottomano. Un retweet del 7 agosto di uno dei suoi follower recita “human rights don’t exist”.
E poi “beware of the modernist prohomosexual”, foto di libri islamici e di manuali, video presi da Youtube. Un blog, seguito da 343 utenti, in cui spiega il sistema di educazione Deobandi. «Il 95 per cento del proselitismo si fa sulla Rete - racconta una fonte di intelligence - l’aggancio avviene sui social network, poi, per comunicazioni riservate, i reclutatori chiedono di chattare su Tor, il web nascosto ».
CARCERI, CIE E MOSCHEE CLANDESTINE
La polizia monitora la carceri, soprattutto quelle dove è alta la presenza di detenuti nordafricani e balcanici. Così come da tempo sono sotto controllo in Sicilia e in Puglia i Cie e i Cara. Capitolo a parte riguarda invece le moschee, sulle quali al momento non ci sono allerta specifici, dopo gli episodi che hanno riguardato quelle di viale Jenner a Milano, Andria, Ponte Felcino, Macherio e Sellia Marina.
A preoccupare è invece la rete di moschee clandestine (un centinaio almeno) che sorgono povere e segrete in garage, appartamenti, scantinati. È di una queste che parla al Ros il “pentito” Elassi Rihad, mentre ripercorre la sua esperienza in Lombardia: «La trappola è lì nella moschea, dove mettevano dei video, dalla mattina alla sera.
E poi loro parlavano tra una preghiera e l’altra e ci spiegavano che in questa vita siamo ormai condannati a morte e moriremo prima o poi e perché dobbiamo morire, qui in mezzo, adesso uso il termine... in mezzo a questi porci, e questi erano… ci rubano il petrolio, tutte quelle storie per inculcare odio… Arrivi al punto che quando sei solo a casa, tutto diventa niente!…l’unica soluzione è morire...renderti utile morendo».