DAGLI AMICI MI GUARDI IDDIO – JOE BIDEN È INCAZZATO NERO CON GLI ALLEATI CHE STANNO ORCHESTRANDO LA SUA RIMOZIONE DALLA CASA BIANCA: SA BENE CHE LA GRANDE ISTIGATRICE È NANCY PELOSI MENTRE RITIENE BARACK OBAMA UN BURATTINO NELLE SUE MANI - D’ALTRA PARTE I DUE, INSIEME AL LEADER DEL SENATO CHUCK SCHUMER, FURONO QUELLI CHE GLI PREFERINO HILLARY CLINTON NEL 2016, CONSEGNANDO IL PAESE NELLE MANI DI TRUMP – MA SE I “TRADITORI” TORNANO A PUGNALARE, ARRIVA IL SOSTEGNO DI BILL CLINTON E DELLA MOGLIE CHE HANNO INCORAGGIATO I DONATORI A RESTRARE CON “SLEEPY JOE”…
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'BILL E HILLARY SOSTENGONO DECISIONE BIDEN DI NON LASCIARE'
(ANSA) - L'ex presidente Bill Clinton e l'ex segretario di stato Hillary Cliton sostengono la decisione di Joe Biden di restare in corsa e hanno incoraggiato i donatori a restare con lui. Lo riporta Nbc citando alcune fonti, secondo le quali i Clinton sono rimasti in contatto con la Casa Bianca e si sono offerti di aiutare.
ISOLATO E IRRITATO, BIDEN CONTRO I LEADER DEL PARTITO
(ANSA) - La rabbia di Joe Biden contro la campagna orchestrata per rimuoverlo dalla corsa alla Casa Bianca cresce con il passare delle ore. Relegato nella sua casa al mare in Delaware e scaricato dagli alleati, il presidente è sempre più amareggiato con coloro che, almeno una volta, riteneva amici e compagni della sua vita politica. Consapevole che la fuga di notizie non è altro che un'azione coordinata per aumentare la pressione affinché si ritiri, Biden è irritato soprattutto da Barack Obama e Nancy Pelosi.
Il presidente infatti ritiene l'ex speaker della Camera la grande istigatrice della campagna in atto nei suoi confronti e vede il suo ex capo come il burattinaio dietro le quinte. Una rabbia che cova da anni e che ora è esplosa: Obama, Pelosi e il leader del Senato Chuck Schumer furono coloro che nel 2016 gli consigliarono di non candidarsi e gli preferirono Hillary Clinton. Loro - è l'idea che lo ossessiona da anni, secondo alcune fonti - sono quelli che hanno consegnato il Paese a Donald Trump.
george clooney joe biden julia roberts barack obama
"Hanno sbagliato nel 2016 e sbagliano anche ora", ripete con i suoi collaboratori più stretti, con i quali nota il silenzio assordante degli ultimi giorni di Obama. Silenziosi in pubblico, Bill e Hillary Clinton invece avrebbero espresso dietro le quinte il loro sostegno alla decisione del presidente di continuare a correre, e si sarebbero detti disponibili ad aiutare la Casa Bianca. A essere frustrato comunque non è solo Biden ma tutta la sua famiglia, che vede come un tradimento quello che il partito democratico sta facendo al presidente, sul quale la pressione per un ritiro sta diventando insostenibile.
Le defezioni aumentano di giorno in giorno: sono più di 35 i membri democratici del Congresso che hanno chiesto pubblicamente un passo indietro di Biden, mentre continuano i presidi di manifestanti davanti alla Casa Bianca che esigono il suo ritiro. Il presidente però resiste e guarda alla Georgia e al Texas come prossime tappe della sua campagna elettorale la prossima settimana, non appena superato il Covid. Kamala Harris continua a difenderlo e cerca di rassicurare i donatori democratici, sempre più preoccupati.
La vicepresidente si trova nella posizione forse più difficile, quella di mostrare - come sta facendo - lealtà assoluta al suo capo, ma allo stesso tempo prepararsi alla possibilità di raccoglierne il testimone. Harris è la favorita a prendere il posto di Biden nel caso in cui decidesse di fare un passo indietro, anche se alcuni nel partito capitanati da Pelosi premono per una mini-primaria. Mentre il dibattito prosegue, il tempo per Biden e i democratici stringe. Secondo indiscrezioni, se il presidente non deciderà di lasciare entro il fine settimana da lunedì la pressione aumenterà ulteriormente con un elevato numero di deputati e senatori pronti a chiederne il ritiro.
Biden invece non intenderebbe muoversi almeno fino a mercoledì prossimo, ovvero fino alla fine della visita negli Stati Uniti del premier israeliano Benyamin Netanyahu, in arrivo lunedì, al quale non vuole dare soddisfazione visti i loro rapporti tesi su Gaza. Alle tensioni democratiche si contrappone la quiete del partito repubblicano, che ha dato grande prova di unità alla convention che ha incoronato Donald Trump e il suo vice J.D. Vance, attesi alla loro prima uscita pubblica insieme in Michigan, uno degli Stati chiave per la conquista della Casa Bianca.
Proprio Vance è entrato a gamba tesa sul caso Biden cavalcando la tesi che i repubblicani aleggiano da giorni. "Tutti coloro che chiedono a Joe Biden di non correre senza chiedergli di dimettersi dalla presidenza sono impegnati in un assurdo livello di cinismo. Se non si può correre, non si può neanche servire" la presidenza, ha scritto su X chiedendo che Biden lasci la Casa Bianca. La campagna di Trump affila intanto le armi contro Harris pronta a sferrare attacchi senza precedenti.
joe biden in congresso con kamala harris e nancy pelosi
Lo staff dell'ex presidente infatti ritiene Kamala Harris un rischio ben maggiore per la vittoria rispetto a Biden, nonostante la spinta significativa ricevuta da Trump nei sondaggi dopo il tentato assassinio, che lo ha incoronato - seconda la sua base - come un martire graziato da quel Dio pronto a portarlo Casa Bianca.
2. NELLA HOUSE OF CARDS DI WASHINGTON LE MANOVRE DI PELOSI CONTRO IL PRESIDENTE
Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
La vera manovratrice è lei, davanti e dietro le quinte. Magari alla fine Barack Obama avrà l’ultima parola, quando si tratterà di staccare la spina alla campagna presidenziale del suo ex vice Joe Biden, ma l’intera operazione la sta gestendo lei. Nancy Pelosi, Speaker emerita della Camera, che a 84 anni d’età ha avuto il coraggio di lasciare spazio alla prossima generazione di leader, epperò appena il gioco si è fatto duro è dovuta tornare in campo.
bill e hillary clinton cena di gala alla casa bianca
Era stata lei a sculacciare Trump come un ragazzino capriccioso, quando dalla Casa Bianca voleva imporre la sua volontà al Congresso, ed è lei adesso a fare altrettanto con l’ex alleato Joe, che non riesce a mettere il bene di Partito e Paese davanti al suo ego, la sua testardaggine, e magari al risentimento di essersi sentito sempre guardato dall’alto in basso.
Come una madre severa ma giusta, aveva aperto la danza della sostituzione, chiedendo a Biden di riflettere sull’opportunità di continuare la campagna, dopo il disastroso dibattito di Atlanta: «Accetteremo la sua decisione, ma deve prenderla in fretta». In realtà Joe aveva già annunciato la risposta, cioè che non intendeva mollare, ma lei lo aveva ignorato perché non era quella giusta, offrendogli un’altra possibilità per correggersi.
Da allora in poi tutti si erano sentiti autorizzati a pubblicizzare i propri dubbi. Nancy non li incoraggia, non chiama i colleghi per sollecitarli ad alzare la voce, ma se sono loro a cercarla non fa la timida.
Racconta il New York Times che durante il pranzo privato tenuto ogni settimana dal gruppo democratico alla Camera, all’inizio di luglio, lei si è presentata in ritardo e non ha parlato. Allora i colleghi ansiosi le hanno posto domande, a cui lei ha risposto con i dati secondo cui Biden non può battere Trump, ma rischia anche di trascinare nell’abisso l’intero Partito democratico, facendogli perdere la possibilità di riconquistare la Camera.
Quindi, nonostante sia amica e sostenitrice della californiana Kamala Harris, ha rivelato che per la sostituzione preferirebbe una competizione aperta davanti alla Convention di Chicago in agosto. Un po’ perché servirebbe a salvare l’apparenza democratica del processo, ma forse anche perché consentirebbe di scegliere il candidato più in grado di vincere, che non è detto sia la vice presidente.
Joe è risentito con Nancy perché si sente tradito.
joe biden e barack obama raccolta fondi a hollywood
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Secondo il New York Times gli aveva detto, dati alla mano, che non poteva battere Trump e avrebbe regalato ai repubblicani anche il Congresso. Il presidente aveva resistito, dicendo che i suoi sondaggi raccontavano un’altra storia. Allora lei aveva ribattuto secca: «Passami Donilon», storico manager delle campagne elettorali di Biden.
Quando aveva risposto, Pelosi lo aveva apostrofato con l’abituale franchezza: «Mostrami questi sondaggi».
barack obama joe biden bill clinton radio city hall new york
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Il suo piano ha tre fasi. Nella prima ha sollecitato Joe a riflettere sulla prosecuzione della campagna senza produrre il risultato di farlo uscire in gloria. La seconda, quella delle pressioni pubbliche, sembra destinata a fallire. La terza potrebbe includere colpi bassi, tipo la pubblicazione delle registrazioni dei colloqui col procuratore speciale Hur sui documenti segreti nascosti a casa. Nancy non vuole danneggiare un amico, ma prima di tutto non vuole perdere perché teme davvero che in gioco ci sia il futuro della democrazia americana.
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