philippe donnet francesco gaetano caltagirone generali

GENERALI, DIETRO LA COLLINA – È TUTTO PRONTO PER LA GRANDE BATTAGLIA PER IL LEONE, DOPO L’USCITA DAL PATTO DI FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE – MARCIANDO DIVISI, “CALTA” E DEL VECCHIO POTRANNO SALIRE AL 9,99% SENZA AUTORIZZAZIONE, E CRT HA IL MANDATO FINO ALL’1,99%. INSIEME, POTREBBERO ARRIVARE IN TEORIA FINO AL 21,99%

Andrea Greco per “la Repubblica”

 

francesco gaetano caltagirone

La contesa per il vertice di Generali è apparecchiata: due contendenti e tre liste per 13 poltrone al rinnovo. Il Grande Antagonista Francesco Caltagirone venerdì ha formalizzato, nella lettera in cui comunicava ai sodali Delfin e Fondazione Crt il recesso dal patto di consultazione, che farà una lista rivale di quella del cda uscente, benché non abbia ancora deciso se «lunga o corta», ossia con ambizioni di maggioranza o no.

 

francesco gaetano caltagirone philippe donnet

Mentre gli investitori istituzionali, circa un terzo del capitale, avviano il percorso che potrebbe dar vita alla loro lista di minoranza. Più osservatori attendono all'assemblea del 29 aprile un'affluenza alta del 60-65% del capitale, divisa in tre schieramenti votanti per tre liste. Su due già si lavora, la terza non è sicura perché il Comitato dei gestori inizia a lavorarci settimana prossima: dipenderà dagli equilibri interni, oltre che da quelli di Generali. La lista del cda uscente è appoggiata da un 19%, composto dall'asse Mediobanca- De Agostini.

 

PHILIPPE DONNET ALBERTO NAGEL

Un 16,3% è dei tre soci contrari al rinnovo dell'ad Philippe Donnet, ma l'8% di Caltagirone è appena uscito dal patto dello scorso settembre, lasciandoci Delfin (6,62%) e Crt (1,71%). Saranno così più liberi di rafforzare acquisti e voti: in teoria fino al 21,99% totale, con un 5,5% in più che in Borsa oggi costerebbe altri 1,6 miliardi.

 

Uniti nel patto i tre soci rischiavano congelamenti di quote, in caso di interpretazione restrittiva della Consob della loro "consultazione". In ogni caso avrebbero dovuto chiedere il via libera all'Ivass appena arrivati al 19,9% complessivo. Marciando divisi invece Caltagirone e Delfin possono salire al 9,99% senza autorizzazioni, e Crt ha il mandato fino all'1,99%.

PHILIPPE DONNET

 

La terza "fetta", decisiva nella gara, riguarda gli investitori dei fondi, che alla scorsa assemblea Generali erano il 20%. Per ora è dato invece come poco influente il 4% dei Benetton, che difficilmente sarà "schierato" prima di sciogliere il nodo cruciale della cessione di Aspi alla Cdp. In base alla dispersione dei voti, servirà il 25-30% del capitale per prevalere.

 

E l'esito è così incerto che Consob, nel recente "Richiamo di attenzione" alle società che adottano la lista del cda, ha esortato a inserire nell'informativa preassembleare «possibili scenari a seconda degli esiti del voto», una volta depositate le liste. Uno dei pochi punti fermi è lo statuto interno del Leone, che assegna alla lista più votata un'ampia maggioranza nel cda, per garantire una gestione stabile; e disciplina i posti per le liste cadette.

Leonardo Del Vecchio

 

Le poltrone dovrebbero essere 13, come finora e come auspicato dagli investitori nei dialoghi svolti ad hoc. In caso di tre liste, e con un cda di 13 o 14 posti, lo statuto prevede che la lista più votata indichi nove membri, e gli altri siano spartiti tra seconda e terza col metodo dei quozienti, ma solo se l'ultima arrivata prende voti da oltre il 5% del capitale.

 

Dalle elaborazioni di due consulenti, un cda di 13 membri presi da tre liste sarebbe per nove membri (tra cui ad e presidente) espresso da chi vince: o la lista del cda uscente o quella di Caltagirone, sostenuto da Delfin e Crt. Degli altri quattro posti, tre andrebbero alla lista giunta seconda, e uno alla lista dei gestori, se supera lo sbarramento del 5%, che è alto equivalendo a un 8% dei presenti.

 

francesco gaetano caltagirone foto mezzelani gmt59

L'unica opzione perché i gestori conservino le attuali due poltrone è che il cda salga a 14. Il dialogo di engagement tra la dirigenza Generali e il mercato ha fornito altri spunti. Sembra che la voce del mercato abbia chiesto, per i futuri consiglieri, esperienza internazionale, forti competenze in tecnologia, cibersicurezza, sostenibilità, quote di genere e "indipendenti" più alte dei minimi di legge.

 

PHILIPPE DONNET GENERALI

Chiunque punti alla vittoria dovrà rappresentare queste istanze: ma non sarà possibile accontentare tutti. Nella lista del cda c'è il ruolo ingombrante di Mediobanca, che intende continuare a consolidare il 13% dell'utile Generali che corrisponde al suo pacchetto (circa 300 milioni l'anno), ma per farlo serve che indichi un suo manager in cda. Dal 2012 è Clemente Rebecchini, suo direttore centrale e dal 2013 vicepresidente Generali. Nella lista Caltagirone, attesa a febbraio, sarà invece cruciale leggere i primi nomi. Trattandosi di sfidanti, il rischio di non primeggiare è concreto e in tal caso solo i primi tre nomi entrerebbero in cda. La scelta di anteporre i possibili sostituti di Donnet agli esponenti dei soci critici darà anche la misura delle reali ambizioni di cambiare il volto del Leone.

CLEMENTE REBECCHINI

Ultimi Dagoreport

terzo mandato vincenzo de luca luca zaia giorgia meloni matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER TUTTO CON LA DUCETTA CHE INSISTE PER UN CANDIDATO IN VENETO DI FRATELLI D'ITALIA - PER SALVARE IL CULO, A SALVINI NON RESTA CHE BATTERSI FINO ALL'ULTIMO PER IMPORRE UN CANDIDATO LEGHISTA DESIGNATO DA LUCA ZAIA, VISTO IL CONSENSO SU CUI IL DOGE PUÒ ANCORA CONTARE (4 ANNI FA LA SUA LISTA TOCCO' IL 44,57%, POTEVA VINCERE ANCHE DA SOLO) - ANCHE PER ELLY SCHLEIN SONO DOLORI: SE IL PD VUOLE MANTENERE IL GOVERNO DELLA REGIONE CAMPANA DEVE CONCEDERE A DE LUCA LA SCELTA DEL SUO SUCCESSORE (LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE CANDIDARE IL FIGLIO DI DON VINCENZO, PIERO, DEPUTATO PD)

elisabetta belloni giorgia meloni giovanni caravelli alfredo mantovano

DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE IMPRONTE PORTANO A “FONTI DI INTELLIGENCE A LEI OSTILI” - L'ADDIO DELLA CAPA DEGLI SPIONI NON HA NULLA A CHE FARE COL CASO SALA. LEI AVREBBE PREFERITO ATTENDERE LA SOLUZIONE DELLE TRATTATIVE CON TRUMP E L'IRAN PER RENDERLO PUBBLICO, EVITANDO DI APPARIRE COME UNA FUNZIONARIA IN FUGA - IL CONFLITTO CON MANTOVANO E IL DIRETTORE DELL'AISE, GIANNI CARAVELLI, VIENE DA LONTANO. ALLA FINE, SENTENDOSI MESSA AI MARGINI, HA GIRATO I TACCHI   L'ULTIMO SCHIAFFO L'HA RICEVUTO QUANDO IL FEDELISSIMO NICOLA BOERI, CHE LEI AVEVA PIAZZATO COME VICE ALLE SPALLE DELL'"INGOVERNABILE" CARAVELLI, È STATO FATTO FUORI - I BUONI RAPPORTI CON L’AISI DI PARENTE FINO A QUANDO IL SUO VICE GIUSEPPE DEL DEO, GRAZIE A GIANMARCO CHIOCCI, E' ENTRATO NELL'INNER CIRCLE DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA

cecilia sala abedini donald trump

DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL MEDIO ORIENTE - CON IL POPOLO IRANIANO INCAZZATO NERO PER LA CRISI ECONOMICA A CAUSA DELLE SANZIONI USA E L’''ASSE DELLA RESISTENZA" (HAMAS, HEZBOLLAH, ASSAD) DISTRUTTO DA NETANYAHU, MENTRE L'ALLEATO PUTIN E' INFOGNATO IN UCRAINA, IL PRESIDENTE “MODERATO” PEZESHKIAN TEME LA CADUTA DEL REGIME DI TEHERAN. E IL CASO CECILIA SALA SI È TRASFORMATO IN UN'OCCASIONE PER FAR ALLENTARE LA MORSA DELL'OCCIDENTE SUGLI AYATOLLAH - CON TRUMP E ISRAELE CHE MINACCIANO DI “OCCUPARSI” DEI SITI NUCLEARI IRANIANI, L’UNICA SPERANZA È L’EUROPA. E MELONI PUÒ DIVENTARE UNA SPONDA NELLA MORAL SUASION PRO-TEHERAN...

elon musk donald trump alice weidel

DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI AL 21%, SECONDO PARTITO DEL PAESE DIETRO I POPOLARI DELLA CDU-CSU (29%) - SECONDO GLI ANALISTI LA “SPINTA” DI MR. TESLA VALE ALMENO L’1,5% - TRUMP STA ALLA FINESTRA: PRIMA DI FAR FUORI IL "PRESIDENTE VIRTUALE" DEGLI STATI UNITI VUOLE VEDERE L'EFFETTO ''X'' DI MUSK ALLE ELEZIONI POLITICHE IN GERMANIA (OGGI SU "X" L'INTERVISTA ALLA CAPA DI AFD, ALICE WEIDEL) - IL TYCOON NON VEDE L’ORA DI VEDERE L’UNIONE EUROPEA PRIVATA DEL SUO PRINCIPALE PILASTRO ECONOMICO…

cecilia sala giorgia meloni alfredo mantovano giovanni caravelli elisabetta belloni antonio tajani

LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO- CARAVELLI. IL DIRETTORE DELL’AISE È IL STATO VERO ARTEFICE DELL’OPERAZIONE, TANTO DA VOLARE IN PERSONA A TEHERAN PER PRELEVARE LA GIORNALISTA - COSA ABBIAMO PROMESSO ALL’IRAN? È PROBABILE CHE SUL PIATTO SIA STATA MESSA LA GARANZIA CHE MOHAMMAD ABEDINI NON SARÀ ESTRADATO NEGLI STATI UNITI – ESCE SCONFITTO ANTONIO TAJANI: L’IMPALPABILE MINISTRO DEGLI ESTERI AL SEMOLINO È STATO ACCANTONATO NELLA GESTIONE DEL DOSSIER (ESCLUSO PURE DAL VIAGGIO A MAR-A-LAGO) - RIDIMENSIONATA ANCHE ELISABETTA BELLONI: NEL GIORNO IN CUI IL “CORRIERE DELLA SERA” PUBBLICA IL SUO COLLOQUIO PIENO DI FRECCIATONE, IL SUO “NEMICO” CARAVELLI SI APPUNTA AL PETTO LA MEDAGLIA DI “SALVATORE”…