“HANNO DECISO DI ANDARE AVANTI SENZA DI NOI, A QUESTO PUNTO NULLA È PIÙ SCONTATO” – LA FURIA DELLA MELONI,:FOTTUTA SULLE NOMINE E' PRONTA AL “NIET” PER IL SECONDO MANDATO DI URSULA – DAVANTI AL RISCHIO DI ESSERE IRRILEVANTE IN EUROPA, LA CAMALEONTE GIORGIA FRIGNA: “POTEVANO AVERE PIÙ RISPETTO PER L’ITALIA" (CIAO CORE!) – A URSULA INTERESSA I 24 VOTI DI FDI, MA LA DUCETTA COSI' PERDEREBBE LA FACCIA ED ECR – MELONI ABBAIA, MA NON ARRIVA NEMMENO UN OSSO DA MACRON, SCHOLZ E TUSK - DAGOREPORT
MELONI RESTA ISOLATA E RILANCIA SULLE POLTRONE
Tommaso Ciriaco per repubblica.it - Estratti
Per capire quanto ha inciso Giorgia Meloni nell’accordo sui top jobs — nulla, o quasi — basti conoscere un dettaglio decisivo: i portafogli strategici della prossima Commissione Ue, ma anche i capi di gabinetto dei futuri commissari di peso e le presidenze delle più importanti commissioni dell’Europarlamento sono stati decisi e suddivisi con precisione chirurgica tra Popolari, socialisti e liberali, le tre famiglie politiche che hanno siglato l’intesa per il bis di Ursula von der Leyen.
Un patto sigillato durante una riunione che si è tenuta ieri mattina alle sei e che, nelle intenzioni, doveva restare segreta. Quello che resta per Roma sono solo briciole: un cenno di attenzione sui migranti e qualche dettaglio sulle deleghe per il commissario italiano.
Meloni chiede per Raffaele Fitto Bilancio, Pnrr e Coesione, oltre al ruolo di vicepresidente.
ursula von der leyen giorgia meloni g7 borgo egnazia
Ursula preferirebbe ridurre il portafoglio e ragiona con l’Italia sul profilo migliore per la casella di vice che avrebbe garantito a Roma.
(...) Meloni è debole, isolata, ma forte di questi scranni.
E dunque, la presidente del Consiglio potrebbe dover fare buon viso a cattivo gioco anche perché l’Eliseo continua a lasciar trapelare che la maggioranza procederebbe comunque senza l’Italia.
I rischi, per Ursula, sono soprattutto nella conta dell’Europarlamento. E così, in un Consiglio europeo che si aprirà domani e che si annuncia complesso la premier italiana si metterà in fila dietro Germania, Francia, Spagna e Polonia. Poi starà a Emmanuel Macron, Olaf Scholz, Donald Tusk e Pedro Sanchez garantire un margine politico a Meloni, perché il fattore “mortificazione” è l’unico che potrebbe indurre la leader a una reazione dagli esiti imprevedibili.
Tanto che da Chigi trapela che se Meloni non avrà soddisfazione sul commissario italiano e su una agenda strategica che rispecchi il cambio di rotta segnato dal voto del 9 giugno, la premier è pronta a chiamarsi fuori dall’accordo, ad astenersi al summit di domani. Con una postilla velenosa: Ecr si asterrebbe anche sulla fiducia in Parlamento, rischiando di mandare sotto Ursula. Insomma, la premier fa capire che non andrà a Bruxelles con il cappello in mano. Alza la posta per trattare.
(...)
giorgia meloni guarda in cagnesco emmanuel macron g7 2
Mentre Meloni cerca una via d’uscita dall’isolamento, gli altri big si dividono le principali caselle. Alla Spagna andrà il commissario all’Ambiente, alla Francia qualcosa che riguarda “l’autonomia strategica” — dunque Concorrenza, o un mega portafoglio che includa industria e commercio — mentre alla Polonia la Difesa per l’attuale ministro degli Esteri Radoslaw Sikorski. Meloni si accoderà. Non può fermare un patto del genere.
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Tanto più che in queste ore tratta col Pis — l’ha fatto anche ieri, in una riunione riservata — per evitare che i polacchi lascino il gruppo di Ecr: potrebbe dover cedere la casella di capodelegazione per trattenerli. Ha bisogno di un gruppo numeroso, è la sua unica garanzia di centralità. E d’altra parte, i voti di Meloni pesano proprio perché la “maggioranza Ursula” rischia di perdere pezzi in tutte le direzioni. In Francia, il timore è che una vittoria dei lepenisti possa scatenare tensioni talmente forti tra Macron e Bardella sul commissario transalpino da indurre i socialisti francesi — sono 14 — a tradire von der Leyen.
antonio tajani ursula von der leyen manfred weber donald tusk
E poi ci sono i popolari tedeschi. Scholz avrebbe convocato direttamente Manfred Weber — il teorico della svolta a destra, verso Ecr, assieme ad Antonio Tajani — per frenare le trame anti-Ursula e richiamarlo all’interesse nazionale tedesco. Che abbia dissuaso davvero eventuali franchi tiratori, però, è tutto da dimostrare.
MELONI ESCLUSA DALLA PARTITA
Marco Galluzzo per corriere.it - Estratti
L’unica cosa certa è che nulla a questo punto è scontato: di fronte all’ennesima accelerazione dei negoziatori sulle future cariche apicali della Ue, negoziatori di cui fanno parte Scholz e Macron, che hanno perso le elezioni, Giorgia Meloni è pronta anche a un gesto clamoroso, ovvero l’astensione al prossimo Consiglio europeo, che inizia domani, quando potrebbe chiedere il voto di ogni Paese su un pacchetto di nomine sulle quali l’Italia è sostanzialmente rimasta esclusa.
ursula von der leyen giorgia meloni
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«Potevano aspettare il vertice che si apre domani per ufficializzare la decisione, potevano avere più rispetto per un Paese fondatore dell’Unione, hanno deciso di andare avanti senza di noi, a questo punto nulla è più scontato, nemmeno il sostegno parlamentare del gruppo Ecr a un secondo mandato di Ursula von der Leyen», chiosano nel governo. Riuscire ad avere delle posizioni e delle informazioni chiare, bussando al governo italiano, è comunque un compito difficile.
A qualcuno, e appare in qualche modo quasi divertente, è stato persino ordinato di non parlare con i giornalisti. Ma questo è il clima. Di sicuro Meloni ce l’ha anche con il Pd, che con Elly Schlein ha fatto capire che è legittimo non dialogare con l’Ecr, dunque con chi rappresenta il Paese. Per la premier «è una follia, antipatriottica», ma le questioni di politica interna sono marginali, almeno ora, rispetto alla partita che si svolge a Bruxelles.
URSULA VON DER LEYEN - GIORGIA MELONI - OLAF SCHOLZ
Il dato di realtà è che è stato tutto deciso, o quasi, senza coinvolgere il nostro governo. Meloni ha avuto diversi contatti telefonici, alcuni con i negoziatori delle nomine, ma il peso politico degli stessi contatti appare più formale che sostanziale. Come le notizie che sono filtrate sempre ieri pomeriggio da Bruxelles, che apparivano quasi come un’excusatio non petita: all’Italia verrà data una vicepresidenza di peso con deleghe importanti.
Peccato che a Palazzo Chigi replicavano in questo modo: «Non sappiamo assolutamente nulla, e anche che alla fine sia Fitto il nostro candidato è qualcosa da maneggiare con le molle, perché al momento manca qualsiasi informazione necessaria per valutare sino in fondo l’intero dossier». Tutto questo fa il paio con la partita parlamentare che si aprirà dopo la designazione dei vertici Ue.
A Palazzo Chigi si ascoltano parole agguerrite: «C’è il rischio, visto il metodo che hanno scelto, che arrivino delle sorprese clamorose, per quanto ci riguarda può anche saltare tutto e accadere che un’intera classe dirigente delegittimata dal voto, che pensa di continuare a dettare l’agenda, vada a casa». A questo punto spetterà a Meloni decidere, e le variabili sono ancora tante, se fare buon viso a cattivo gioco o prendere una strada esplicita di rottura.
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