ALBERTO MATTIOLI E LE DIECI COSE DA SAPERE SUL MACBETH CHE DOMANI INAUGURERA’ LA STAGIONE ALLA SCALA - "STO SENTENDO UNA MONTAGNA DI SCEMENZE. ALLORA, MACHBETH NON È MAI STATO UN TITOLO NAZIONALPOPOLARE DI VERDI CHE NE SCRISSE DUE O MEGLIO UNO CHE POI HA RISCRITTO - A PROPOSITO DI SCALA: È IL QUARTO 7 DICEMBRE CON MACBETH. MA IN REALTÀ È LA QUINTA PRIMA, PERCHÉ…"
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Altro che santi, poeti e navigatori. Gli Italiani, com’è noto, sono un popolo di ct della Nazionale, di presidenti del Consiglio e, ultimamente, di virologi. In prossimità del 7 dicembre, diventano anche tutti (in ordine crescente di perniciosità) loggionisti, direttori artistici e critici musicali. Sul "Macbeth" sto sentendo una montagna di scemenze. Volendo aggiungere le mie a uso di chi andrà alla Scala o se lo vedrà in tivù, ecco le dieci cosa da sapere:
1. Di Macbeth Verdi ne ha scritti due, o meglio uno che poi ha riscritto, rappresentati rispettivamente alla Pergola di Firenze nel 1847 e al Lyrique di Parigi nel 1865 (la scelta dei due teatri è fondamentale e coerente con il carattere sperimentale e innovativo che Verdi attribuiva all'opera). Fra il Macbeth 1 e il Macbeth 2 ci sono molte differenze. La più macroscopica è il balletto inserito per Parigi, ma non è l'unica: per dire, anche il brano più celebre dell'opera, il coro "Patria oppressa", passando da Firenze a Parigi conserva le stesse parole ma cantate su una musica completamente diversa. Riccardo Chailly dirigerà la versione di Parigi, il che non è chissà quale stravaganza perché è il Macbeth che si esegue abitualmente, diciamo la regola e non l'eccezione. Meno scontata l'esecuzione integrale del balletto. Nel finale dell'opera, Chailly inserisce l'aria di Macbeth "Mal per me che m'affidai", che c'era a Firenze ma sparì a Parigi. Anche qui, niente di nuovo: lo faceva pure Abbado.
MACBETH BY LIVERMORE ALLA SCALA
2. A proposito: il secondo Macbeth fu rappresentato in francese. Ma Verdi lavorò nella riscrittura su un testo italiano che poi fu tradotto in francese, non scrisse direttamente in francese come, poniamo, il Don Carlos.
3. Macbeth è la dimostrazione che non è detto che all'opera, come molti pensano e purtroppo qualcuno anche scrive, noi siamo necessariamente più sordi o più fessi dei nostri nonni. Macbeth non è mai stato un titolo nazionalpopolare di Verdi. Lo è diventato nel Novecento, anzi nel secondo Novecento, quando si è capito che era invece uno dei suoi capolavori e che rappresenta al meglio la sua vera poetica (che non è affatto quella dei verdiani della domenica o della tradizione, semmai l'opposto). Per intenderci: l'opera arrivò alla Scala nel 1849, fu ripresa quattro volte nella versione Firenze, poi rappresentata in quella parigina (in prima italiana) nel 1874, poi più nulla fino al 1938.
4. Sempre a proposito di Scala: è il quarto 7 dicembre con Macbeth dopo quelli del 1952 (De Sabata-Ebert con la Callas ancora grassa), del 1975 (memorabile Abbado-Strehler con la Verrett, Cappuccilli e Ghiaurov, mancava solo Dio) e del 1997 (Muti-Vick con il cubo). Ma in realtà è la quinta Prima, perché Macbeth inaugurò la stagione anche nel 1938 (Marinuzzi-Walleck), solo che allora la prima era, come in tutti i teatri italiani, il 26 dicembre. La prima a Sant'Ambrogio è una finta tradizione che risale appena al 1951.
5. Fra un'inaugurazione e l'altra, non è che l'opera sia sparita dalla Scala. Nel '64, nuova produzione Scherchen-Vilar, Abbado riprende Strehler nel '79 e nell'85, Vick torna con Muti nel 2001 e con Ono nel 2010 e nel '13 c'è una tremenda nuova produzione Gergiev-Barberio Corsetti, uno dei punti più bassi della storia recente del teatrone.
6. Statistiche per interpreti. Per Riccardo Chailly, è l'ottava prima; per Davide Livermore la quarta (e di fila); per Luca Salsi sempre la quarta; per Anna Netrebko la quinta; idem per Francesco Meli e Ildar Abdrazakov. L'usato sicuro.
7. "L'importante è la musica", blatera il Melomane Medio. Infatti Verdi scrisse infinite lettere sull'aspetto scenico dell'opera, chiese informazioni a Londra e fece costruire apposta a Milano una "fantasmagoria" per la scena delle apparizioni. Per lui la parte scenica, quella che oggi si chiama regia, era fondamentale perché lui faceva teatro, musicale sì, ma teatro.
8. Tutti a citare la famosa lettere di Verdi a Cammarano dove il Maestro spiega che la Lady deve avere una voce brutta. Ma cosa fosse una voce brutta, nel 1848, non lo sappiamo. Molto più significativa è la lettera che Verdi scrive il 19 agosto 1846 all'impresario della Pergola, Alessandro Lanari, sulla scelta del protagonista. Verdi mette a confronto due baritono, Gaetano Ferri e Felice Varesi, dicendo che Ferri ha una voce migliore, canta meglio ed è anche più bello, quindi lui... vuole Varesi. Perché Varesi è un artista, l'altro no. Morale: a Verdi importava nulla della "canna", della "voce verdiana" e degli acutoni (specie di quelli non scritti da lui), cioè di quello con cui i MM ci rompono i cabasisi da decenni. Gli importava di avere dei cantanti-attori che creassero un personaggio, che avessero "anima e sentimento di scena" (altra lettera nella quale promuove tre Violette nonostante "la voce debole" di cui evidentemente si impipava).
9. Verdi e Shakespeare, "il gran maestro del cuore umano". E tuttavia il Bardo non è il suo fornitore numero uno di soggetti. Le opere shakespeariane di Verdi sono tre (oltre a Macbeth, Otello e Falstaff), quelle tratte da Schiller quattro (Giovanna d'Arco, I masnadieri, Luisa Miller e Don Carlos). Dunque, Germania batte Inghilterra 4 a 3.
10. "Questo Macbeth che io amo a preferenza delle altre mie opere": Verdi ad Antonio Barezzi, 25 marzo 1847.