L'ITALIA PERDUTA NEL NUOVO LIBRO DI ROBERTO COTRONEO, "NIENTE DI PERSONALE" - ANDREOTTI "UOMO MODERNO", "L’ESPRESSO" DI LIVIO ZANETTI E PANSA CHE DICEVA “TI LEGGO" A TUTTI ("DOTTO' IO SONO L' USCIERE, NON SCRIVO”), ECO E IL CALCIO OPERAIO DI SANDRO SALVADORE - OGGI MANCA QUEL VITALISMO “CHE FU IL SALE DI QUESTO PAESE. QUEL VITALISMO CHE TI DÀ LA FORZA DI RISCHIARE, MIGLIORARSI, DI AMARE, DI SCOPARE, DI PERDERE LA TESTA, DI BERE FINO A...” - LA RECENSIONE DI ALDO CAZZULLO
Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera
«Non basta un esercito di archeologi per ritrovare quelle città perdute; amiamo le rovine perché sono lontane, le tombe etrusche ci affascinano perché i morti sono talmente distanti nei millenni da non restituirci più nulla di doloroso. Ma ora abbiamo rovine dell' altro ieri che paiono rovine di secoli: e non è davvero possibile pensare di restaurare, di ricostruire, di riportare a quello che era».
In un libro straordinario, Roberto Cotroneo racconta una civiltà che non c' è più: la civiltà dei giornali, della parola, della carta, degli intellettuali, degli scrittori. Niente di personale, il romanzo che La nave di Teseo manda oggi in libreria - dove ovviamente tutto è personale -, non è soltanto l' autobiografia dell' autore, della sua famiglia, del settimanale in cui è cresciuto, «l' Espresso». È il viaggio della memoria in un' Italia colta, garbata, diversa da quella di oggi sul piano estetico prima che etico e culturale.
ROBERTO COTRONEO - NIENTE DI PERSONALE
Un' Italia in cui il direttore, indicato solo come Livio - un profilo dietro cui si indovina quello di Livio Zanetti -, ti fa il colloquio di lavoro chiedendo dove vai a cena a Tel Aviv. E in cui il nuovo condirettore, Giampaolo Pansa, «essendo un uomo affettuoso, e sapendo bene quanto fosse amato e stimato da tutti, andò per le stanze a fare un giro di saluti.
A ogni collega che si presentava dicendo il suo nome, Giampaolo rispondeva: "Ti leggo, ti leggo", non era sempre vero, ma era cortese. Finché arrivò da un signore brizzolato, Giuseppe Sonnino, un uomo di irresistibile simpatia e di grande intelligenza. Lui si presentò, e Giampaolo: "Ti leggo, ti leggo". E Giuseppe: "Dotto' io sono l' usciere, non scrivo niente"».
Il libro è anche una galleria di ritratti, tutti schizzati di prima mano: Fellini, Mastroianni, Pasolini, Moravia, Eco, Andreotti (una sorpresa: «un uomo moderno», e oltretutto alto). Ma poi tra i mostri sacri spuntano personaggi generazionali, come Sandro Salvadore, che a molti non dice nulla ma per i ragazzi nati negli anni Sessanta fu un mito di concretezza e disciplina, un campione povero, un calciatore operaio, rovinato da due autogol in azzurro contro la Spagna che gli costarono la convocazione al Mondiale messicano, il primo della vita del piccolo Cotroneo.
Tra gli infiniti spunti che offre la lettura del libro, due sono particolarmente dolorosi e affascinanti, più ancora della storia d' amore spezzata da una mail destinata all' altro uomo e ricevuta per sbaglio dall' autore. Il declino dell' industria culturale. E le radici familiari dei Cotroneo.
Non si potrebbe dir meglio di come è scritto nel romanzo: «A un certo punto i manager hanno preso il sopravvento proprio perché gli intellettuali non si sono fatti classe dirigente. Sono restati dei farlocconi alle volte molto ben pagati, e sempre più narcisi. E qualcuno che sapeva solo di numeri ha cominciato a fare i conti. Giustamente. Si è cominciato con il tagliare le spese, e le spese c' erano. Qualche volta esagerate. Si è continuato con il tagliare tutto il possibile. E tagliando s' intravedeva qualche utile. Ma non contava quanto utile assoluto facevi.
Contava il relativo, se dimezzo le perdite alla fine dell' anno prendo i soldi. Si chiamano: stock options Ci voleva una classe dirigente intermedia che nelle case editrici, nei giornali, nelle televisioni, facesse da camera di compensazione. Ma non ne siamo stati capaci In Francia e in Germania le cose vanno meglio, ma è un degrado solo un po' più lento Se vuoi vendere i diritti del calcio devi avere qualcuno che sul campo fa miracoli. Ma con libri, giornali, canali televisivi abbiamo fatto il contrario. Abbiamo mandato via quelli bravi perché costavano molto e abbiamo messo in campo persone che non hanno punti di riferimento, pagandole niente».
Oggi l' Italia è un Paese senza élite. «Che sia un chewing gum da scambiarsi in riva al mare di Ostia, con in cuffia Dinero di Jennifer Lopez, o invece bere dallo stesso bicchiere uno Chateaux d' Yquem del 2009 sull' isola di Laucala, poco importa: redditi diversi, ma immaginari identici.
L' egualitarismo è diventato interiore, filosofico, con buona pace di quelli che lo sognavano pratico e concreto». E quindi fa bene al cuore ricordare quando eravamo gente povera, ma non povera gente.
Cotroneo lo fa rievocando la storia della sua famiglia. Due nonne chiamate entrambe Fortunata. «Figli su figli, perduti in quel tempo freddo e povero». Il padre, Giuseppe Cotroneo, è l' ultimo. Un fratello è morto nella Grande guerra, un altro in un ospedale da campo in Libia, ferito e abbandonato nella ritirata da El Alamein. Gli altri morti di febbre spagnola, non si sa neppure con esattezza quanti, se quattro o cinque o sei.
Ma zio Michino sopravvisse, emigrò in America, e mandava soldi per far studiare il fratellino che non aveva mai visto, ma che sapeva essere molto intelligente. Così Giuseppe va in bottega a fare il sarto per mangiare, ma a 26 anni riprende gli studi, si laurea in medicina, e in pronto soccorso tutti lo ammirano per la rapidità e la precisione con cui cuce le ferite, retaggio del suo primo lavoro. Il tutto senza raccontare quasi mai nulla.
Oggi manca quel vitalismo «che fu il sale, l' essenza di questo Paese. Quel vitalismo che ti dà la forza di vivere e - va da sé - di rischiare, di guardare lontano, di migliorarsi, di amare, di scopare, di perdere la testa, di bere fino a farsi raccogliere dal maître del locale che ti aiuta a vomitare, quel vitalismo che ti consente di bleffare con il prossimo, di aggiungere vita a vita».
E qui affiora inevitabile il rimpianto per un' Italia in cui «i giovani erano curiosi dei vecchi», e i vecchi erano «gente che possedeva le torri vedette del Paese».
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