AVE, DIEGUM! - I BOSS DI FORCELLA, UN FIGLIO NON RICONOSCIUTO, LA COCAINA. FIGURATEVI L’ACCUSA DI NON AVER PAGATO LE TASSE: A NAPOLI MARADONA PUO’ CIO’ CHE VUOLE, ANCHE LA PIZZA CON I PIEDI – UN VISPO PIBE AZZANNA AURELIONE: “DE LAURENTIIS NON MI HA MAI INVITATO ALLO STADIO” - GUERRA APERTA COL FISCO: “VOGLIONO DA ME 40 MILIONI, NON LI HO” - “MI SEQUESTRARONO GLI ORECCHINI. È UNA COSA CHE NON SI FA…”

Vincenzo Iurillo per "Il Fatto quotidiano"

La canzone simbolo del delirio di Napoli per Diego Armando Maradona è la marcetta diffusa a palla dalle radio locali nell'estate del 1984, appena divenne ufficiale il suo acquisto dal Barcellona.

La intonano migliaia di tifosi assiepati sul corso Umberto mentre pochi metri più su, nella sala Masaniello (nomen omen...), il Pibe de Oro affronta la stampa per spiegare la sua versione nella battaglia infinita con il Fisco italiano che lo ha condannato a pagare 34 milioni e 200.000 euro: "Maradona è meglio ‘e Pelè, c'amme fatto ‘o mazzo tanto pe l'avè...". C'è un caos tale da costringere gli autobus del servizio pubblico a deviare su via Marina.

A poche centinaia di metri la conferenza stampa in Municipio di Luigi de Magistris sul flop della Rivoluzione Civile in salsa partenopea si rivela un appuntamento per pochi addetti ai lavori. Il feeling tra la città e il sindaco si è incrinato. Quello tra Napoli e Maradona no. È un amore indissolubile. Che ha resistito agli otto anni di assenza. Un amore incondizionato. Acritico.

Da una città che ha perdonato a Dieguito di tutto: le frequentazioni dei boss di Forcella, un figlio non riconosciuto, la cocaina. Figuratevi l'accusa di non aver pagato le tasse, nella Campania che proprio in queste ore ha premiato con una schiacciante maggioranza il Pdl e le sue promesse di condonare abusi edilizi ed evasioni tributarie.

Ed eccolo, Maradona, in quella che sarà una toccata e fuga di meno di 24 ore. Con a fianco il suo avvocato Angelo Pisani, presidente della municipalità di Scampia - nel pomeriggio lo condurrà nel quartiere simbolo del disagio, tra le Vele e piazza Papa Giovanni Paolo II - e candidato non eletto al Senato in una lista dal nome dichiaratamente anti Equitalia ed alleata con Berlusconi.

Non è una conferenza stampa, è uno show ad uso mass media. I giornalisti cantano ‘Diegooo, Diegooo'. Maradona fa la foca col pallone. Si autocandida alla successione di Mazzarri. Lancia frecciate allo storico rivale Pelè e a De Laurentis che "non mi ha mai invitato allo stadio".

Si fa riprendere mentre sventola la maglietta azzurra numero 10, mai assegnata dal Napoli nelle ultime stagioni. E mentre firma un atto di autotutela per chiedere di farsi estendere gli effetti della nullità degli accertamenti compiuti dall'Agenzia delle entrate, come già avvenuto per gli ex compagni del secondo scudetto Careca ed Alemao - e se l'operazione andasse in porto, il Fisco non potrebbe più pretendere un euro.

Maradona dice di essere venuto da Dubai per chiedere "giustizia", di "non aver ammazzato nessuno", che gli piacerebbe poter parlare della sua vicenda con Napolitano "ma solo se lui vuole e poi il presidente potrebbe cambiare presto e non so ancora se sarà Grillo e Berlusconi....".

Poi continua a battere il tasto dell'evasione fiscale a sua insaputa: "Io non so nulla di questa storia. Quando firmavano i contratti, io non ero presente, ero al campo ad allenarmi. Sono l'unico a pagare. I responsabili della situazione in cui mi trovo, come Ferlaino (l'ex presidente dei due scudetti) e i miei ex procuratori, possono camminare tranquillamente per Napoli, mentre a me non è consentito".

E non soltanto per l'affetto asfissiante dei napoletani. La Finanza lo marca a uomo peggio di Gentile ai mondiali del 1982. Diversi anni fa le fiamme gialle gli sfilarono dal polso il rolex e l'ultima volta che venne a Napoli entrarono nella sua camera "per sequestrarmi gli orecchini. È una cosa che non si fa".

Ecco perché non si fa più vedere. "Napoli l'ho trovata più bella, sento la mancanza del calore dei napoletani, vorrei venire qui con mio nipote per spiegargli cosa ha fatto suo nonno in questa città. Ma temo di ritrovarmi la Finanza a casa mia ogni mattina per una perquisizione.

Quando si e' perseguitati per tanti anni come e' successo a me e' naturale avere paura". E se il contenzioso col Fisco si risolvesse in qualche modo? "Potrei pensare di tornare qui". Se paga non ci sono problemi. "Vogliono da me 40 milioni (in realtà sono 34, ndr). Non ce li ho, se oggi avevo una somma del genere, sicuramente non ero qui".

Giù in strada si balla al ritmo di "chi non salta juventino è" e Maradona si concede qualche riflessione calcistica sulla rimonta incompiuta del Napoli e sulla sfida scudetto di dopodomani sera al San Paolo con la Juventus. "Il mio sogno? Giocarla e lanciare Cavani a rete". Ma la partita più difficile di Maradona resta quella col Fisco. E la gioca in trasferta.

 

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