BAD “GIRLS” - ALLA VIGILIA DELLA TERZA STAGIONE, IL “WASHINGTON POST” STRONCA LA CATTIVERIA DI LENA DUNHAM E DELLE SUE VENTENNI CINICHE

Paolo Mastrolilli per "La Stampa"

Avviso a tutti i fans della serie americana "Girls": antipatia e meschinità sono superate, roba del passato televisivo. E' ora di crescere, e smetterla di puntare a fare audience con lo stratagemma di essere persone detestabili.

L'attacco frontale è arrivato da Washington Post, proprio all'inizio della terza stagione della fortunatissima serie di HBO, che tra gli affezionati spettatori è diventata ormai un cult. Per chi non la conoscesse, "Girls" racconta le disavventure di quattro ragazze che crescono insieme a Brooklyn, principalmente.

Sono prototipi della generazione dei millennials: egoisti, convinti che il mondo giri intorno al loro ombelico, indifferenti peggio dei protagonisto di un romanzo di Moravia, afflitti da disturbi mentali che non esistono, incapaci di provare qualunque sentimento, delusi dal mondo e indaffarati solo ad arraffare quello che possono, in tutti i campi, dal lavoro al sesso. Lena Dunham, autrice della serie e protagonista, è stata celebrata come la Woody Allen donna, forse anche più intelligente, contorta, divertente e cinica.

Adesso però, secondo l'attacco lanciato da Hank Stuever, la corsa è finita. Non per i contenuti della nuova stagione, che saranno oltraggiosi e divertenti come sempre, ma per la stanchezza verso il soggetto. Ecco, è proprio la stanchezza che si avverte fra le righe della critica del Post, intitolata "Despicableness is definitely an acquired taste". In altre parole, ci siamo abituati al sapore della meschinità e l'antipatia.

E' stato bello, forse, ma non funziona più, perché si tratta di un trucco abusato troppo a lungo. Vedere una ragazza di 24 anni, la protagonista Hannah Horvath, che quando muore una persona a lei molto vicina riesce a preoccuparsi solo degli effetti che la dipartita avrà sul suo lavoro, all'inizio può intrigare il pubblico scioccato dal suo cinismo, ma dopo tre anni non basta più.

Nemmeno Holden Caulfield, se la storia di Salinger fosse durata così a lungo, continuerebbe a fingere di essere l'unica persona nella sala con una ferita sanguinante allo stomaco. E a questo punto, probabilmente, avrebbe smesso da un pezzo di chiedersi dove vanno a finire le anatre di Central Park, quando l'inverno ghiaccia il loro laghetto.

Non è che il Post abbia avuto un sussulto di moralismo, e vorrebbe che Hannah e le sue amiche partissero per l'India a rimpiazzare Madre Teresa. E' solo che ha capito il ritornello, lo ha digerito, e ormai si è stancato di ascoltarlo. Cinico ed egoista, come le antipatiche ragazze di "Girls", ha proclamato la fine della meschinità come facile stratagemma per attirare risentimento e audience. Adesso provate un po' a piacere, se ne avete forza.

 

 

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