BONAMI DEMOLISCE BELLOCCHIO, DEGNO RAPPRESENTANTE DELLO SNOBISMO DI CUI È IMPREGNATO IL CINEMISMO ITALIANO - “IL CINEMA NON DOVREBBE ESSERE UN PRODOTTO NÉ DI LUSSO NÉ ESCLUSIVO. UN BUON FILM NON DOVREBBE ESSERE FATTO PER SODDISFARE SOLO UN NUMERO RISTRETTO DI PERSONE CON UN CERTO QUOZIENTE D’INTELLIGENZA O UNA CERTO TIPO DI EDUCAZIONE UNIVERSITARIA”…

Francesco Bonami per "La Stampa"

A Berlino il film Bella Addormentata di Marco Bellocchio ha ricevuto critiche ed accoglienza positive. Intervistato Bellocchio ha dichiarato che in Germania chiaramente il pubblico è più sensibile, più sofisticato e preparato di quelli che hanno criticato la sua opera a Venezia. Non ricordo se le parole fossero precisamente queste ma il succo del discorso sì. Fra chi aveva criticato il suo cinema più recente e le sue lamentele nei confronti della giuria del Festival del Cinema di Venezia c'era il sottoscritto con un articolo apparso su questo quotidiano. Per chi non lo avesse letto riassumo in due parole.

Bellocchio ed il cinema italiano in generale non sa più raccontare storie. Il che non significa non saper più fare cinema. Ci sono scrittori un tempo bravissimi che pur conoscendo benissimo le tecniche della narrazione non riescono a scrivere più romanzi convincenti. Ci sono pittori che pur avendo in passato dipinto capolavori e sapendo dipingere ancora benissimo non sono più in grado di creare opere interessanti. La mia quindi non era una critica alla professionalità di Marco Bellocchio o a quella di altri registi italiani. La critica era diretta al loro talento narrativo.

Più un linguaggio creativo di qualsiasi tipo diventa popolare più incontra un pubblico sempre meno specializzato che poco sa della storia del cinema, della pittura o della letteratura ma che ugualmente desidera immergersi nella trama dell'opera sperando di rimanere intrigato e appassionato. Possiamo quindi benissimo voler raccontare il nostro ombelico ma è necessario, se vogliamo avere successo, non solo commerciale ma anche comunicativo, saperlo raccontare bene.

Chi guarda il nostro ombelico deve desiderare di finirci dentro, non perché è il nostro ma perché parla di un ombelico più grande di cui una grande maggioranza fa parte e con il quale si vuole identificare. Ecco che, a conferma delle mie critiche e del fatto che il nostro cinema e la nostra arte in generale ha difficoltà a raccontarsi in modo appassionante, arrivano i dati del botteghino. Rispetto allo scorso anno c'è un 34% in più di pubblico che va al cinema, ma fra i primi dieci film nelle classifiche degli incassi non c'è nessun film italiano.

Chi se ne frega diranno i registi. Non è certo il pubblico a decidere la qualità di un prodotto. Certamente no. Ma la sua efficacia sì. L'arte in generale, ma più che altro il cinema si fa per comunicare qualcosa d'importante e nella quale noi crediamo. Vogliamo che il nostro messaggio arrivi non solo a pochi sofisticati eletti ma ad un numero più vasto possibile di persone. Tentare, volere, provare a fare un'opera di successo non è un male ma un impegno che ogni artista dovrebbe sentirsi responsabile di avere. Se invece siamo artisti che desiderano comunicare le proprie idee ad un numero selezionato di persone dovremmo dirlo in anticipo e scrivere fuori dai cinema «Vietato a più di 100 persone».

Oppure dovremmo in anticipo dire che la nostra opera d'arte è destinata, che so, ad un numero ristretto di spettatori tedeschi che abbiano nel loro curriculum un certo tipo di libri letti. Lo fanno le case del lusso della moda. Edizioni limitate di borse per un limitato numero di clienti. Legittimo. Producono oggetti esclusivi che devono soddisfare il bisogno di esclusività di certi individui con certi mezzi a loro disposizione.

Il cinema però, Bellocchio mi corregga se sbaglio, non dovrebbe essere un prodotto né di lusso né esclusivo. Un buon film non dovrebbe essere fatto per soddisfare solo un numero ristretto di persone con un certo quoziente d'intelligenza o una certo tipo di educazione universitaria. Charlie Chaplin lo sapeva bene tant'è che prima di mandare nelle sale una sua pellicola la faceva vedere a dei bambini. Se questi non si divertivano c'era qualcosa che non funzionava.

Eppure ai tempi di Charlot non è che le masse potessero sempre permettersi il biglietto del cinema. Questo è il paradosso. Quando il cinema era un mezzo d'avanguardia che pochi potevano vedere, gli artisti sognavano e si sforzavano in modo che il loro linguaggio fosse accessibile e raccontasse qualcosa chiaramente. Oggi che tutti possiamo andare al cinema c'è ancora qualcuno, particolarmente in Italia, che invece pare sognare un cinema elitario, esclusivo a portata di pochi ma buoni. Good luck and good night... possibilmente però non con i soldi pubblici.

 

Francesco Bonami Francesco Bonami MARCO BELLOCCHIO CON LOCCHIO NERO BELLOCCHIO A VENEZIA jpegMAYA SANSA E PIERGIORGIO BELLOCCHIO NE LA BELLA ADDORMENTATA LA BELLA ADDORMENTATA DI BELLOCCHIO Bella addormentata - bellocchioCHARLIE CHAPLIN

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