after the storm

LA CANNES DEI GIUSTI - ORMAI DORMONO TUTTI IN SALA. ALLA POMERIDIANA DI UNA BUONA COMMEDIA DI KORE-EDA, ''AFTER THE TEMPEST'', DELIZIOSA MA NETTAMENTE AL DI SOTTO DELLE OPERE PRECEDENTI, RUSSAVANO PROPRIO. PECCATO, C'ERANO MOLTE BUONE TROVATE

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Marco Giusti per Dagospia

 

Cannes. Ormai dormono tutti in sala. Alla pomeridiana di una buona commedia di Hirokazu Kore-eda, After the Tempest (Umi Yorimo Mada Fukaku) passato a Un Certain Regard, deliziosa, ma nettamente al di sotto delle opere precedenti, russavano proprio. Peccato perché c'erano molte buone trovate.

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E' di scena la famiglia sbalestrata di una vecchia adorabile signora Yoshiko, interpretata dalla grandiosa Kiki Kilin, che ricordiamo l’anno scorso a Cannes nel bellissimo film di Naomi Kawase, Sweet Red Bean Paste, un figlio Ryota, interpretato da Hiroshi Abe, che si è separato dalla moglie e campicchia malamente facendo l’investigatore privato e sognando di vincere alla lotteria, l’ex moglie del figlio Kyoko, Maki Yoko, e il figlioletto Shingo, Yoshizawa Taiyo.

 

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Ogni mese il padre incontra il figlioletto e l’ex moglie a casa della nonna, in una casetta quasi da mare a Kiyose. Come spiega bene la nonna all’inizio del film, per fare una buona minestra non basta cuocere i singoli elementi, ma si devono lasciare nella pentola una notte intera per potersi amalgamare. In pratica è quello che capiterà a suo figlio e alla sua famiglia dal momento che un tifone imprevisto impedirà loro il ritorno a casa. Saranno così costretti a passare la notte a casa della nonna.

 

Lasciando così aperta la porta a una possibile nuova chimica tra Kyoko e Ryota. Leggerissimo e estremamente gradevole, anche grazie alla presenza di Kiki Kilin, che domina totalmente ogni scena, il film gioca sul fascino che noi non riusciamo a cogliere della casetta di mare tipo Fregene e sulle dinamiche tra personaggi che avevano sperato altro nella loro vita e si misurano coi loro fallimenti.

 

Dice Kore-eda che, in questo film, siamo più vicino ai temi di Naruse che di Ozu. Magari ci aveva però abituato a ben altri soggetti. E’ stato accolto con ovazioni vere e proprie a Un Certain Regard il film animato La tortue rouge diretto dall’olandese Michael Dudok de Wit, che lo ha scritto assieme a Pascal Ferran, e lo ha prodotto assieme al mitico Studio Ghibli, potendo contare sulla direzione artistica di Isao Takahata (il regista di Tale of Princess Kaguya) e sulle musiche di Larent Perez Del Mar.

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E’ un favola, ispirata un po’ a Hans-Christian Andersen, costruita interamente senza dialoghi e con personaggi molto stilizzati che non vediamo mai in primo piano, privilegiando quindi i grandi paesaggi, la spiaggia, il mare, le nuvole. La storia, che non spiega apertamente granché, vede un naufrago su un’isola che cerca di scappare per mare costruendosi una zattera. Ma la zattera viene abbattuta regolarmente da una grossa tartaruga rossa.

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Quando la tartaruga arriva sulla spiaggia, l’uomo la capovolge. Pensando che sia morta, l’uomo si addormenta vicino a lei, e lei diventa una bellissima ragazza che vivrà con lui. Faranno un figlio, affronteranno uno tsunami, poi il figlio se ne andrà. Favola per adulti, poetica, è un grande sforzo per l’animazione europea, e i risultati sono piuttosto sorprendenti, visto che è un prodotto di punta pronto a essere portato in tutto il mondo.

 

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La presenza dello Studio Ghibli è leggerissima, visto che non è un film ispirato a qualche modello particolare, ma piuttosto originale. Lo vedremo presto anche in Italia.

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