IL CINEMA DEI GIUSTI - ERROL MORRIS PORTA AL CINEMA IL “FALCO” DONALD RUMSFELD, E PROVA A INCHIODARLO. CI RIESCE A METÀ, MA È UNA GRANDE LEZIONE DI COMUNICAZIONE


Marco Giusti per Dagospia

The Unknown Known di Errol Morris.

Non è facile intervistare i politici. Anche dopo anni di distanza dai loro massimi momenti di potere e dai fatti storici che li riguardano da vicino. Non è facile perché i politici scaltri o scaltrissimi come Donald Rumsfeld, sanno esattamente come nascondere dietro a battute, giochi di parole e sguardi ambigui la verità. Al punto che anche i migliori giornalisti spesso non sano come prenderli e metterli con le spalle al muro.

Quando è stato presentato lo scorso settembre a Venzia, ci aspettavamo davvero molto da questo "The Unknown Known", l'attesissimo e complesso documentario che Errol Morris aveva dedicato a Donald Rumsfeld, controverso segretario della difesa americano di ben quattro governi repubblicani e in gran parte responsabile della strategia bellica americana in Irak nel governo Bush e degli scandali di Guantanamo e Abu Ghraib.

Per undici giorni Rumsfeld, dal sorriso sempre aperto e dalla bellissima e accattivante voce da politico di vecchio corso, risponde in un gioco da gatto e topo alle domande del preparatissimo Errol Morris, che non è né il Giovanni Minoli di "Mixer" che intervista Craxi né il Michele Santoro che intervista Silvio Berlusconi su La7. Anche perché non è un giornalista, ma un regista.

Morris cerca infatti di fare del cinema, e non a caso il film è dedicato a un celebre critico da poco scomparso, Roger Ebert, raccontando una pagina di storia importante non solo del suo paese attraverso la voce e gli scritti, degli incredibili promemoria, che Rumsfeld stesso ha messo da parte nella sua lunga e controversa carriera politica. Ma cerca anche di scalfire dietro la maschera del politico le sue colpe, il noto ignoto o l'ignoto noto che non è proprio così come si conosce.

Quello che viene fuori, alla fine di questo ritratto di politico troppo astuto per cadere nei tranelli di Morris ma non così innocente per salvarsi dalle proprie responsabilità se non incolpando alla guerra, dalla sua amministrazione provocata, le cause delle torture e degli orrori di Abu Ghraib (e Falluja?), è una grande lezione di comunicazione politica che fa impallidire pure le stelle di casa nostra.

I Giorgio Gori che suggeriscono idee e frasi ai Renzi, per non pensare ai consigliori, tipo Giuliano Ferrara o Renato Brunetta e Renato Farina, che nel tempo ha avuto Berlusconi. Ma rimaniamo frustrati, come cittadini, che Morris non sia riuscito a inchiodare Rumsfeld più di tanto, che alla fine sia un po' caduto nella sua rete di battute, che non abbia saputo rivelarci davvero cose che già non sapevamo. Una specie di match pari, insomma, anche se di altissimo livello politico.

Rispetto a qualsiasi attore, poi, Donald Rumsfeld sembra godere non di un copione ma di un vero team di esperti sceneggiatori e uomini di spettacolo. Come se le sue frasi, i suoi scioglilingua fossero tutti attentamente studiati e provati. A cominciare da quello del titolo che è un po' il suo cavallo di battaglia e che sentiamo a più riprese nel film, anche come repertorio. Impaginato come un film di fantascienza, con una precisa e spettacolare musica di Danny Elfman, il film è meno riuscito di quello che Morris dedicò a Richard McNamara, "The Fog of War", ma in quel caso il distacco dal momento storico non poteva che aiutare l'operazione.

Qui, come già molti critici americani hanno notato, i fatti sono troppo recenti per poter godere della stessa visuale. Ma alla fine restiamo con la voglia di saperne di più, e anche annoiato da tanta esibizione di faccia tosta e di politichese americano. I fatti storici parlano chiaro. E alla fine non sappiamo davvero chi dei due, tra intervistatore e intervistato, sia il gatto e chi il topo. In sala dal 16 gennaio.

 

STRAGE DI FALLUJAH ERROL MORRIS donald rumsfeld abu ghraib DONALD RUMSFELD THE UNKNOWN KNOWN DONALD RUMSFELD IN THE UNKNOWN KNOWN ABU GHRAIB

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