
"ALFONSINA LA PAZZA" IN GLORIA DI CHOPIN - DALLA RELAZIONE CON GEORGE SAND (“SI AMARONO E SI MASSACRARONO”) A ROSSINI (“L’UNICO CHE SAPEVA STARE AL MONDO”) ALFONSO SIGNORINI PARLA DEL SUO LIBRO DEDICATO AL GRANDE MUSICISTA – "NON LASCIO LA DIREZIONE DI “CHI” MA NON MI PIACE PIÙ ANDARE AGLI EVENTI MONDANI. SONO DIVENTATO UN ORSO – IO E FEDEZ? ORMAI SIAMO UNA COPPIA DI FATTO" - VIDEO
Katia Ippaso per il Messaggero
Un uomo fragile, spiritoso e vulnerabile. Un semidio «dall'animo morbido» che a due anni salì su uno sgabello per suonare il pianoforte e a sette compose la sua prima sonata. Una creatura inquieta attratta da uomini e donne, ma votata a un unico straziante amore: la musica.
È il ritratto di Fryderyk Chopin fatto da Alfonso Signorini, 264 pagine di narrazione sincera in cui i materiali biografici si mischiano a riflessioni esistenziali, un romanzo vibrante che si apre e si chiude con la sepoltura - era il 1849 - del trentanovenne Chopin nel cimitero di Père-Lachaise a Parigi e dalla tormentata vita del grande pianista polacco trae ispirazione per fare un viaggio notturno.
''Ciò che non muore mai - Il romanzo di Chopin'' (Mondadori, 18 euro), da oggi nelle librerie, non è solo l'ultima dichiarazione d'amore di un melomane incallito (dieci anni fa Signorini ha scritto Troppo fiera, troppo fragile - Il romanzo della Callas, e quest'estate ha firmato la sua prima regia lirica con una Turandot in casa Puccini), ma è anche l'occasione per parlare di quelle zone d'ombra che l'immagine pubblica spedisce in cantina, gettando a volte pure le chiavi. «Per ora, non penso certo di lasciare la direzione di Chi.
Ma di sicuro non mi piace più andare agli eventi mondani. Sono diventato un orso. Sto così bene a suonare il piano. Mi piace scappare in montagna, tra i boschi, in cerca di lupi cattivi che non trovo mai».
Quando è apparso Chopin nella sua vita?
«Quando è apparsa la musica, grazie alla frustrazione del mio papà. Stanco di regalarmi a Natale trenini elettrici e automobiline, che impietosamente sdegnavo, a nove anni scelse per me una tastiera Bontempi. Da quel momento non mi sono mai più staccato dalla musica. Chopin per me è un genio romantico ma anche un uomo moderno».
A proposito, il suo rapper preferito è Fedez?
«Certo. Ormai siamo una coppia di fatto, visto che ancora oggi chiude i suoi concerti con la canzone che ha scritto su di me quattro anni fa (Alfonso Signorini/Eroe nazionale, ndr)».
Lei continua a suonare il pianoforte?
«È la storia di una rinascita. Sembra incredibile, ma a 27 anni avevo una ragazza e stavo per sposarmi. A tre giorni dalle nozze, però, il matrimonio andò in frantumi. Per ferirmi lei prese a martellate la cosa che avevo più cara al mondo: il pianoforte. Da quel momento per molti anni non ne ho più voluto un altro. Nel 2012, però, mi sono ammalato seriamente e una notte mi sono trovato a pensare: se non dovessi farcela, che peccato aver smesso di suonare Uscito dall'ospedale, sono andato subito a prendere lezioni di piano».
Quindi ciò che non muore mai è la musica.
«È quello che dice il piccolo Chopin a sua madre quando rifiuta una carrozza di latta in regalo e le urla: Io voglio una cosa che non muore mai. Voglio Bach!».
Lei racconta anche una storia di emigrazione ed esilio. Nicolas Chopin, il padre di Fryderyk, è un francese figlio di contadini trapiantato in Polonia, mentre Fryderyk, nato in Polonia, finisce i suoi giorni in una Parigi aristocratica e viziata, dove trova un solo vero amico: Franz Liszt.
«Era una società oligarchica. L'unica figura gaudente è quella di Rossini, che fra l'altro è l'unico italiano che Chopin frequenta a Parigi. Rossini sapeva stare al mondo, Chopin invece seguiva le sue regole e i propri afflati romantici. Per questo non scrisse mai un'opera, che oggi sarebbe un po' come rifiutarsi di fare una fiction».
Fryderyk Chopin e George Sand. Dopo il loro primo incontro, lei scrive a un'amica: «Ma questo Chopin è una ragazzina?». Chopin si sfoga e in un'altra lettera chiede a un amico: «Ma sarà davvero una donna?».
«Era proprio questo che li attirava l'uno dell'altro. Lui così delicato anche nel modo di suonare: sembrava che sfiorasse i tasti del pianoforte. Lei invece era una suffragetta ante-litteram: non era sposata, fumava il sigaro, e scriveva per i quotidiani. In pratica, un uomo. Si amarono e si massacrarono».
«Le relazioni umane sono vincoli. Tutte. Anche nell'incontro più insignificante e fugace si nasconde una piccola sequenza di obblighi. Siamo fatti per incatenarci». È così che la vede?
«Ci incateniamo per paura della libertà, che è sinonimo di solitudine. Quando sei libero, appoggi la testa sul cuscino e sei solo. Questo spaventava Chopin e spaventa tutti. In realtà, pure se hai qualcuno al tuo fianco, quando rifletti sei solo, quando nasci sei solo, quando muori sei solo. Bisogna capire come vivere con la solitudine. Per fortuna, io ho la fede che mi aiuta e non credo sia tutto qui».
Si considera un romantico?
alfonso signorini e nicola pisaniello
«Da morire. Purtroppo».