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IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - WES CRAVEN, TROPPO COLTO PER IL GENERE CHE LO AVEVA RESO FAMOSO, NON E' MAI RIUSCITO DAVVERO A TOGLIERSI DI DOSSO LE MASCHERE DI 'NIGHTMARE' E DI 'SCREAM'. ARRIVÒ A FAMA ETERNA, MA PERSE QUELLA LIBERTÀ DEI PRIMI FILM, PIÙ POLITICI E LUCIDI

Marco Giusti per Dagospia

 

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Quando usci' "L'ultima casa a siinistra" non ci fu cinefilo che non si esalto' urlando al capolavoro splatter. E Wes Craven divenne ‎un nome di culto, formando con George Romero e Tobe Hooper una specie di triumvirato dell'horror moderno americano, postbaviano e anche post-argentiano.

 

Se Dario Argento coi suoi primi film aveva portato la dinamica dello spaghetti western nel genere, in pratica l'azzeramento di una trama troppo fitta e l'esaltazione della galleria delle morti atroci, come nello spaghetti Leone aveva puntato alle galleria di duelli e morti piuttosto di sviluppare le storie, Romero, Craven e Hooper, indipendenti e lontani da Hollywood, trasferiscono la scoperta del regista italiano in un mondo diverso. Quello della profonda provincia violenta americana, del primo cinema indipendente anti-majors e, soprattutto, della cattiva digestione dell'orrore del Vietnam.

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Che viene di peso trasferito nell'horror anni 70 americano. Se Dario si servira' dell'horror per anticipare il profondo rosso del nostro paese alla fine degli anni 70, i giovani registi horror indipendenti americani lo faranno per superare l'orrore reale della guerra come era vissuta nel profondo del paese soprattutto dopo il ritorno dei reduci.

 

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Zombi, cannibali, stupratori, maniaci omicidi sono il fantasma di quello che avevano vissuto e fatto i soldati. ‎In un bellissimo film di Bob Clark, lo zombi e' proprio il soldato che torna a casa, ma l'effetto degli zombi romeriani e' ancora piu' forte. Craven funziona alla stesso modo, e la vendetta della ragazza stuprata, e' una tipica dinamica da revenge movie western trasferita in provincia.

 

Il mondo horror indipendente e' ancora molto mischiato a quello dell'hard indipendente. Molti registi horror vengono dall'hard e viceversa, da Sean Cunnigham al nostro Joe D'Amato a Jesus Franco, perche' i due generi trovano una sintonia nella liberta' del mettere in scena sadismo e efferatezze, torture e esplosioni di genitali. L'evirazione, massimo della vendetta della ragazza stuprata di Craven, scava nel profondo del genere e della cattiva coscienza americana.

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Craven, ma anche Romero e Hooper, non saranno mai così liberi, lucidi e politici come nei loro primi film. La loro e' una violenza che punta al cuore di Hollywood e all'orrore della politica del paese. Qualcosa di impensabile fino a pochi anni prima. E la commistione con il porno non fa che esaltare questo aspetto. Per Craven il viaggio prosegue con film importanti come "Le colline hanno gli occhi", che anticipa una serie di splatter australiani, ma anche l'horror colto di Rob Zombie.

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Ma e' grandioso anche. "Sotto shock", dove l'eroe e' un condannato a morte che torna a terrorizzarci dopo il trattamento da sedia elettrica. Certo, per lui il grande successo arrivera' con Freddy Kruger e la saga di "Nightmare", saga piu' che fortunata e contagiosa, ma che in anni ormai dominati dalla stella di John Carpenter, vedemmo come scivolamenti nel facile e facilissimo, in un horror meno politico e interessante del solito. Grandi invenzioni, per carita', ma non all'altezza delle precedenti e dell'esplosione carpenteriana di "Halloween" e di "La cosa".

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 In qualche modo Freddy Kruger definisce i limiti di Craven piuttosto che esaltarne le potenzialita'. Arriva alla fama eterna, ma il regista perde quella liberta' espressiva dei primi film. Non solo. Quando cerchera' di affrontare temi diversi, addirittura un film con Meryl Streep sull'insegnamento della musica, non verra' mai preso sul serio.

 

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Per tornare al successo dovra' inventarsi addirittura una parodia della parodia in chiave cinefila come "Scream", un'altra saga che adatta la maschera del "Grido" di Munch alla visione horror-cinefila dei ragazzi degli anni'80. Ma Craven puo' ancora graffiare con belle invenzioni, come dimostra il notevole "Red Eyes", piccolo thriller perfetto tutto ambientato in un aereo. Craven, scomparso a 76 a Hollywood, troppo colto per il genere che lo aveva reso famoso, non e' mai riuscito davvero a togliersi di dosso le maschere di Nightmare e di Scream. Maledizioni del genere, si dira'. Ma i suoi film sono macchine di grande intelligenza.

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