"GIUDICI" D’OPERA - DUE SECOLI DI TEATRO LIRICO IN VIDEO: ESCONO I PRIMI VOLUMI DELLA RACCOLTA DEL CRITICO ELVIO GIUDICI - MATTIOLI: “L'EFFETTO È QUELLO DI UNA BOMBA CHE ESPLODE NEL SALOTTO DI NONNA SPERANZA” - GLI APPASSIONATI SI DIVIDONO TRA CHI AMMETTE DI AVER LETTO "IL GIUDICI" E CHI MENTE - VIDEO
Alberto Mattioli per la Stampa
È stato autorevolmente detto che gli appassionati d' opera italiani si dividono in due categorie: quelli che ammettono di aver letto «il Giudici» e quelli che mentono. In effetti, Elvio Giudici, critico del Giorno e di Classic Voice , è famoso per aver compiuto l' impresa di recensire tutte le edizioni in disco di tutte le opere di tutti gli autori di tutti i tempi.
Adesso è recidivo, nel senso che cominciano a comparire i tomi (e non si sa nemmeno quanti saranno in tutto, a opera completa) in cui fa lo stesso per le edizioni in video, tutte o quasi, ognuna con il suo bravo voto in stelline, da una a cinque. Per ora, Il Saggiatore ha sfornato i volumi dedicati al Seicento (pp. 501, 35) e al Settecento (pp. 823, 40), ma si arriverà fino al Duemila e oltre.
Per chi scrive, Giudici è più semplicemente Elvio, sempre amico e spesso maestro, quindi posso assicurare da fonte diretta che l' opus magnum è già interamente scritto, ma l' editore, giustamente, ne scagliona l' uscita. Lascia intanto un po' perplessi la divisione del materiale, perché nel Seicento sono inseriti tutti i compositori che ci sono nati, quindi anche Händel o Rameau o Vivaldi che però fecero tutta la carriera nel secolo seguente; nel Settecento, invece, non c' è Rossini, che sarà accasato, giustamente, nell' Ottocento.
A parte questi dettagli, colpisce innanzitutto l' aspetto, diciamo così, «sportivo» dell' impresa, da recordman dell' ascolto, anzi della visione: in un mondo di critici per dovere e non per piacere, questa passione è da sottolineare.
Ma c' è anche un' altra lunga serie di atout. Per cominciare, Giudici scrive in italiano, circostanza che, con quel che arriva in libreria, appare anche in questo caso più l' eccezione che la regola (che quello di Giudici sia pure un gran bell' italiano, è opinione personale, ma largamente condivisa).
Poi, Giudici fa il critico e solo il critico, benché «eretico» (è laureato in Biologia), non il maestro di canto o l' agente o il direttore artistico, dunque quel che dice, giusto o sbagliato che sia, è quello che pensa, senza secondi fini. Infine, Giudici è uno dei pochi critici musicali che non pascolano solo nella musica: frequentatore seriale anche del teatro «parlato», del cinema, della letteratura, è degno di nota il fatto che non si fermi alle note, tanto più che qui, finalmente, il teatro musicale è trattato, appunto, anche da teatro.
Detto questo, però, le ragioni per le quali questi libri risultano imperdibili sono essenzialmente due. La prima è che Giudici va all' opera dal remoto 1955: «debuttò» alla Scala con la famosa Traviata Callas-Visconti, e questo spiega forse perché non abbia mai smesso di andarci. Quindi qui non parla solo degli spettacoli disponibili in dvd, ma anche di quelli che ha visto o che gli hanno raccontato o di cui esistono fotografie, recensioni, testimonianze di tutti i generi. Ne risulta non soltanto un repertorio di recensioni, ma una vera, completa, preziosa storia della messinscena operistica dell' ultimo secolo.
Punto secondo. La buona critica è quella che non si limita a consegnare al lettore dei giudizi, ma gli dà un metodo per farsene uno. In particolare, queste (per ora) mille e 300 pagine raccontano l' opera come fatto teatrale e non solo musicale, che è poi la ragione per la quale l' opera esiste e resiste.
Sembra una banalità, ma nel Belpaese dove l' indice di gradimento per le regie si fonda sul «non disturbare la musica» o «rispettare le didascalie» o «fare Verdi come voleva Verdi» (già, ma cosa voleva davvero Verdi?), l' effetto è quello di una bomba che esplode nel salotto di nonna Speranza. E si sa che le rivoluzioni, alla fine, sono tanto più sconvolgenti quanto enunciano verità semplicissime. Non c' è eversore più radicale della bambina che annuncia che il Re è nudo (anche nel nostro caso, di regola, è vestitissimo, e con costumi d' epoca).
E allora basta guardare le copertine dei due volumi, rispettivamente dedicate a un Händel e a un Mozart, per capire che il ritardo accumulato in Italia con colpevole pervicacia in materia di messinscena operistica è ampio, ma che non ci vuol poi molto per colmarlo.
Servono solo un po' di curiosità e un po' meno pregiudizi. Si tratta del Giulio Cesare di David McVicar a Glyndebourne e della Clemenza di Tito di Ursel e Karl-Ernst Hermann alla Monnaie e poi nel resto del mondo. I video di questi due spettacoli fanno capire cos' è, oggi , il teatro musicale. Se poi, abituati a pizzi e merletti, tenori con la mano sul cuore e soprani attaccati alle tende, a una prima occhiata vi risultassero ostici, nessun problema: ve li spiega il Giudici.