
L’OSCAR DEI GIUSTI - PRONTI PER GLI OSCAR? BIRDMAN O BOYHOOD? INARRITU O LINKLATER? E SE VINCESSE AMERICAN SNIPER? - L’IDEA CHE TALI FILM VINCANO O POSSANO VINCERE L’OSCAR ERA IMPROPONIBILE FINO A QUATTRO-CINQUE ANNI FA - LA SPINTA DELLA TV SERIALE D’AUTORE
Marco Giusti per Dagospia
Pronti per gli Oscar? Sapete già chi sono i favoriti? Per chi tifate, per Birdman o per Boyhood? Inarritu o Linklater? E se vincesse American Sniper? Tanto lo sappiamo tutti che vincerà Julianne Moore per Still Alice, che Michael Keaton, invece, non è così sicuro, potrebbe essere scalzato da Eddie Redmayne per La teoria del tutto, mentre i non protagonisti premiati dovrebbero essere J.K. Simmons per Whiplash e Patricia Arquette per Boyhood. E che i migliori costumi quasi sicuramente saranno quelli di Milena Canonero per The Grand Budapest Hotel…
boyhood patricia arquette e ellar coltrane
Il suo quarto Oscar, sai come ci rimarranno male i colleghi italiani che ne hanno vinto uno o due. Nessun artista italiano ha mai vinto quattro Oscar. E la fotografia? Andrà ancora una volta a Emanuel Lubezki per Birdman? E quale Anderson, Wes o Paul Thomas, vincerà per la sceneggiatura? Però, comunque vadano le cose, dobbiamo riconoscere che quest’anno, esattamente come un anno fa, con 12 anni schiavo e Gravity, con Cate Blanchett e Matthew MacGonaughey, gli Oscar premieranno buoni film e buoni attori, che non siamo più di fronte alla Hollywood fracassona di un tempo.
L’arrivo di giovani registi messicani, Alfonso Cuaron e Alejandro Inarritu in testa a tutti, o inglesi, prima Steve McQueen, ora James Marsh, ma anche nordici come Tomas Alfredson o Morten Tyldum, ha rinnovato il cinema anglofono dal di dentro. Lo ha aperto a nuove idee di cinema.
Se la Hollywood dei blockbuster è inchiodata ai sequel e ai reboot dei film di supereroi Marvel o DC Comics, o alle seconde e terze parti di romanzetti di successo, e gli incassi seguitano tragicamente a punire ogni possibilità di rinnovamento di grossi film di genere, pensiamo ai disastri di Jupiter Ascending o di Lone Ranger, la Hollywood degli Oscar si rinchiude in una specie di supernicchia da cinema d’autore dove possono trionfare non solo vecchie conoscenze di solito snobbate, come Clint Eastwood, ma una serie di giovani talenti, americani e non, che incrementano l’offerta di un buon cinema da festival che può vantare anche buone possibilità di successo al box office.
Pensiamo a film come The Imitation Game e La teoria del tutto, qualcosa di più di buone fiction, magari non all’altezza di Turner, ma certo godibili da un pubblico molto vasto. In questo contesto è possibile anche il recupero di nomi di solito ignorati dall’Academy, come Richard Linklater o Wes Anderson, autori di stravaganze intellettualoidi che piacciono agli europei.
Non arriviamo a inserire Paul Thomas Anderson tra i migliori registi, ma il fatto che ci troviamo Wes Anderson è di sicuro una bella novità. Una rivoluzione che potevamo non aspettarci. Mettiamoci anche il fatto che oggi il “buon cinema” si fa in gran parte con questi film da festival europeo, sia Gravity che Birdman hanno aperto, pur non vincendolo, Venezia, Turner, Timbuktù e molti altri vengono da Cannes, e in qualche modo la benedizione della cultura europea è un lancio necessario al funzionamento di certi film più difficili sul mercato americano.
benedictcumberbatchthe imitationgame
Mentre i blockbuster vengono gettati alla “o la va o la spacca” sul mercato interno e sul nuovo fronte orientale, Cina-Corea-Giappone, dove certi titoli che un paio d’anni fa sarebbero stati dati come morti trovano la loro ultima sponda, i film difficili da anteprima limitata a poche sale, questa è l’ultimissima moda, vengono testati tra Cannes e Venezia, magari a Toronto, e poi fanno un loro lungo percorso verso la nomination all’Oscar.
Così è andata per Gravity, 12 anni schiavo, Birdman e altri. Ovvio che Hollywood punti alla ricerca di nuovi Django Unchained, di nuovi Tarantino che prendano sia il pubblico intellettuale sia quello popolare, e almeno in questo American Sniper ha già stravinto, ma già coltivare una serie di nomi difficili che possono aprirsi al grande pubblico, come Inarritu o Wes Anderson, è una politica sorprendente.
Come sorprendente è la scelta di una artista celebre come Sam Taylor Wood alle regia di un sofisticato blockbuster per il grande pubblico femminile come 50 sfumature di grigio. Logico che senza i successi di tante serie tv intelligenti HBO, che hanno fortemente cambiato il pubblico oltre che “femminizzarlo”, e senza la serializzazione di tanto cinema blockbuster, tutto questo non sarebbe avvenuto, ma l’idea che film come Gravity o Birdman o Boyhood vincano o possano vincere l’Oscar era improponibile fino a quattro-cinque anni fa.
La spinta della tv seriale d’autore, la rigidità del pubblico dei sequel dei blockbuster dei supereroi, lo sfogo sul mercato orientale, la dipendenza culturale del paese nei confronti della vecchia Europa, sono quindi gli elementi possibili del miglioramento dei film da Oscar in questi ultimi anni e dei film americani più colti in generale.
Quanto a chi vincerà gli Oscar vediamo se le previsioni più o meno fatte sono quelle giuste. Potrebbero anche dividere i premi, però, Boyhood o The Grand Budapest Hotel miglior film e Inarritu miglior regista. E la sceneggiatura? E il montaggio? Ida vincerà sicuramente il miglior film straniero. E Leviathan? Se vincesse darebbe molta noia a Putin…