NEL PAESE IN CUI IL 60% DELLA POPOLAZIONE NON LEGGE NEANCHE UN LIBRO L’ANNO, NON POTEVAMO FARCI MANCARE LA PASSERELLA PER L’EGO DEGLI SCRITTORI SENZA LETTORI - ALLA MANIFESTAZIONE “LIBRI COME”, ALL’AUDITORIUM DI ROMA, SFILANO LE PENNE SPENNATE DELL’EDITORIA ITALIANA
Francesco Persili per Dagospia
Io sono la mia fiction. Ellroy ricorda il padre superdotato che diceva di aver avuto una tresca con Rita Hayworth. Carrère racconta letture, follie e di un video-porno trovato in rete. È sempre un partire da sé, il romanzare. Ogni scrittore mette in pagina sé stesso: le sue manie, le persone che incontra, l’ambiente che conosce, l’etica e le vanità. Dimmi cosa racconti e ti dirò chi sei.
«I libri raccolgono mondi e sono l’opera solitaria di un’anima: già per questo sono meglio dei film», certifica Ellroy, tra i protagonisti di “Libri Come”, la festa del libro e della lettura curata da Marino Sinibaldi che ha portato più di 30mila persone nel fine-settimana all’Auditorium Parco della Musica di Roma.
La Macondo dello scrittore americano è Los Angeles. «La geografia è destino. Se abitassi qui probabilmente scriverei Roma Confidential», spiega Ellroy che con “Perfidia” apre la seconda tetralogia dedicata alla città californiana. Indagini poliziesche, sesso, denaro, tradimenti, psicosi e rancore antinipponico nell’America sotto choc dopo Pearl Harbor. E guai a chi lo chiama noir, per Ellroy è un romanzo storico. Nessuno spazio ai retroscena sull’attacco squadernati da Gore Vidal nel romanzo “L’età dell’Oro”: «Vidal è una testa di cazzo. L’FBI non sapeva di Pearl Harbor».
Lo scrittore rovista nelle stanze buie della storia americana, riporta a galla il clima da caccia alle streghe nei confronti del nemico nipponico: «La correttezza politica in un romanzo è immorale». Nelle trame dei suoi libri si rincorrono ossessioni, paranoie, manie per i vizi e i vezzi dei divi di Hollywood, i moderni dei dell’Olimpo, col gossip che diventa un modo per capire invidie, simpatie, antipatie nel ballo mascherato delle celebrities.
Siamo sempre dalle parti dell’autofiction, nel senso di “autobiografia del possibile”, che scompagina e rimescola i generi tradizionali. Prendi l’odissea religiosa di Carrère che da romanziere agnostico ritorna sui sentieri del Cristianesimo già battuti da credente e ci racconta di sé e della sua vita, della psicanalisi e del comunismo, di Philippe Dick, dei Monty Python e di un porno. Effetto lasagna: dentro c’è tutto, il romanzo storico e il saggio, Dio e io. La storia degli inizi del Cristianesimo è la stessa di “Les Revenants”, la serie tv della quale lo scrittore francese è stato sceneggiatore (almeno fino alla metà della prima stagione).
San Luca diventa qualcosa più di un compagno di viaggio, la prosecuzione dell’Ego dell’autore: «Mi sono proiettato in lui. Non credo all’obiettività. Mi piacciono le narrazioni in prima persona. Appena qualcuno dice “io” mi viene voglia di seguirlo e di scoprire chi si nasconde dietro questo “io”».
vittorio sermonti marino sinibaldi e dino zoff
Si mette in scena in prima persona, Carrére, e parla anche di attualità. «Il fanatismo islamico offende l’Islam più delle caricature di Maometto». E come lui anche Pierre Lemaitre, tra i nomi nuovi del poliziesco francese, già paragonato a Balzac: «La strage di Charlie Hebdo? Un duplice omicidio: della libertà di stampa e di quella artistica». Con Houellebeq e il premio Nobel Modiano, Carrére e Lemaitre testimoniano la nuova fioritura della letteratura francese.
vittorio sermonti marino sinibaldi dino zoff
La fragilità, la violenza della società francese e il fallimento del multiculturalismo sono temi scorticati dagli scrittori d’Oltralpe. Al netto del narcisismo, emerge un tratto di spietatezza che manca agli autori italiani ripiegati su storie due camere e cucina, camillerismo minore e sceneggiature di catastrofi esistenziali.
vittorio macioce alla presentazione libro di fabio genovesi
Moresco racconta di un’apocalisse privata, Francesco Guccini rimpiange il suo manoscritto migliore, affidato a Simone Dessì, psedudonimo del senatore Luigi Manconi, e andato perduto, e insieme a Loriano Macchiavelli, prende la strada dell’Appennino con il solito ispettore di provincia che non tromba mai. E Umberto Eco? Fa l’elogio del Bignami e poi spiega che la filosofia non serve a consolare «altrimenti sarebbe un romanzo di Liala».
Mancano le pagine di ossessioni di Ellroy, al limite ci sono i tic di Sandro Veronesi, i momenti di trascurabile infelicità di Piccolo, i fallimenti generazionali raccontati da Marco Cubeddu in “Pornokiller” in cui si affaccia anche Giorgio Mastrota che dà fuoco a una pila di materassi. Se il fumetto con Gipi e Zerocalcare assume una nuova vitalità letteraria, il romanzo si conferma il genere più frequentato dai giornalisti. Dopo quello di Daria Bignardi, è in arrivo Andrea Scanzi con una storia «alla Benni».
Ci sarà «anche satira sociale» e si parlerà «dell’infatuazione e del rincoglionimento per la politica del giornalismo italiano. La rivoluzione la faranno i nonni - anticipa Scanzi - Hanno molte più idee dei giovani». Satira anti-renziana? «Nessun accenno al premier ma nel personaggio del presidente del consiglio che descrivo ciascuno è libero di vederci chi vuole: anche Renzi». E, poi, «a differenza delle canzoni di Jovanotti dove non si tromba mai», ci sarà molto sesso…
umberto eco riccardo fedriga roberto cotroneo
2. SCUOLA E RAI: CAMILLERI E FRECCERO BOCCIANO LE RIFORME DI RENZI
Francesco Persili per Dagospia
Voci contro. Camilleri e Freccero bocciano le riforme di Renzi su scuola e Rai. Dal palco di “Libri come” arriva il siluro del “papà” di Montalbano al governo: «E’ sbagliato dare tutti questi poteri ai presidi perché ce ne sono di bravi e meno bravi. Del resto si è scoperto che anche tra i premi Nobel ci sono degli imbecilli».
E poi, sornione, aggiunge: «Più che riforma, parlerei di aggiustamento». Camilleri ricorda il suo professore di italiano al liceo, giocatore d’azzardo e antifascista che spiegava la Divina Commedia alla maniera di un Benigni ante-litteram, «in modo semplicissimo e popolare» ché «il maestro è chi insegna senza avere l’aria di insegnare».
Che fine hanno fatto i buoni maestri? Si sono ritirati, sottolinea il giornalista de “L’Espresso”, Marco Damilano, parlando del suo nuovo libro “La Repubblica del selfie” in cui esibisce l’autoscatto della nuova razza padrona, «senza passato, avida di presente, proiettata nel futuro». Dalla politica della rappresentanza a quella della rappresentazione.
Dalla “Belle Epoque inattesa dell’Italia” (copy Italo Calvino) a “50 sfumature di grigio” che Freccero usa come «metafora di un popolo sottomesso alla dominazione del leader», per demolire il “Principe novo” Renzi e il suo disegno di riforma della Rai con la figura del super-ad nominato dal governo: «Il premier? Una via di mezzo tra un Fanfani e un Berlusconi 2.0. Vuole essere l’unico deus ex machina ma è solo un portavoce: l’ufficio stampa migliore che ci possa essere per i mercati e la BCE. È il nostro Prozac». La politica italiana? «È il barocco. Effetti speciali, e nient’altro. Oggi il leader migliore è quello che ci fa illudere che ci sia ancora un potere ma siamo solo figurine. Possiamo solo fare il nostro selfie, e nient’altro»...
serena dandiniroberto cotroneo umberto eco
fausto gozzi alessandro baricco carlo freccero