NON C'E' PACE IN RAI - VIALE MAZZINI INSORGE CONTRO LA SPENDING REVIEW DA 150 MILIONI TARGATA RENZIE E AFFIDA AL PROFESSOR PACE UN PARERE CHE INCHIODA IL PREMIER - INTANTO VESPA, RIABILITATO DA GRILLO, ALZA LA POSTA
Carlo Tecce per âIl Fatto Quotidiano'
Un parere di 15 pagine, non una virgola di troppo, la firma in evidenza già di per sé blasonata: il professor Alessandro Pace, ex presidente dei Costituzionalisti italiani, inchioda il governo a quel decreto che sottrae 150 milioni di euro a Viale Mazzini. Il sindacato dei giornalisti Rai, in sigla Usigrai, ha coinvolto Pace per riproporre un duello che il silenzio elettorale (durato settimane in Viale Mazzini) aveva silenziato.
Il costituzionalista fa notare che il comma che riguarda l'azienda pubblica, inserito nel testo di copertura degli 80 euro in busta paga, va contro la Carta, non la rispetta, perché "il canone è una tassa di scopo e le relative entrate non vanno nel bilancio generale".
Il prelievo sarebbe "un'appropriazione indebita" e i consiglieri d'amministrazione non possono non reagire: sono responsabili. Per garantire un percorso non accidentato (anzi protetto), Pace suggerisce di presentare un ricorso al Tribunale Civile per ottenere la restituzione dei 150 milioni e poi plasmare una riforma Rai in sessanta giorni. Il documento, appena diffuso, già sosta al settimo piano di Viale Mazzini, negli uffici di Luigi Gubitosi, il direttore generale e Annamaria Tarantola, il presidente.
IL BERLUSCONIANO Antonio Verro, per sfruttare le oscillazioni da sbandata politica in Viale Mazzini (Renzi non ha eletto nessuno fra i vertici, tutti eredi di larghe intese ai tempi di Mario Monti), inserisce un ordine del giorno specifico per il Cda di oggi, un dilemma da risolvere senza ulteriore titubanza: che fa la Rai, apre il fronte a Palazzo Chigi o perisce senza fiatare? Sarà interessante scoprire la strategia aziendale, che avverte le pressioni di Renzi, che organizza proteste, che non riesce a veleggiare a carburante ridotto.
Esempio 1: i dirigenti dei palinsesti, quelli che incastrano i programmi, vogliono prolungare la durata dei programmi in prima serata per risparmiare in seconda. In Viale Mazzini avvertono l'accerchiamento di Renzi. Esempio 2: temono che oltre i 150 milioni, ce ne siano ancora 50 da limare per la "riduzione ai costi operativi per le partecipate statali".
Il dg Gubitosi ha il mandato in scadenza fra un anno, ma potrebbe lasciare prima: o meglio, il governo potrebbe spingere l'ex amministratore delegato di Wind verso l'uscita se le operazioni di Renzi dovessero fallire. Le intenzioni in Cda saranno meno criptiche questo pomeriggio, perché la volata di Verro non è in solitaria. Forza Italia ha (quasi) disintegrato l'enorme patrimonio di voti, ma non vuole cedere (né dividere ) l'avamposto in Rai.
Luisa Todini, presidente di Poste Italiane, ha promesso che s'accontenterà di un'unica poltrona entro l'autunno: per quella in Viale Mazzini è pronto Sestino Giacomoni, deputato, di professione consigliere politico di Berlusconi.
In questa Rai non renziana (ma che aspira, in parte, a diventare renziana), dopo la riabilitazione persino di Beppe Grillo e le doppie visite di Renzi e Berlusconi, Bruno Vespa non vuole mollare il giovedì, la quarta puntata settimanale sostituita per 20 volte a stagione da Duilio Giammaria. Porta a Porta è ancora monca, nei palinsesti che esordiranno in versione bozza in Cda, sempre oggi.
Ma l'anfitrione insiste, rivendica la massima (e tradizionale) estensione. E i motivi sono pure contrattuali: perché Vespa deve rinnovare l'accordo da esterno che, fra garantito (1,2 mln) e speciali, gli frutta 2,1 milioni di euro l'anno. Meno puntate, meno soldi. Ma questa era soltanto l'anteprima.
rai corporationLUIGI GUBITOSI IN VERSIONE BLUES BROTHER ALLA FESTA DI DESIREE COLAPIETRO FOTO DA IL MESSAGGERO Luigi Gubitosi viale mazziniAnna Maria Tarantola SELFIE A PORTA A PORTA GRILLO VESPA