E’ STATO IL SANREMO DI ’STI GUALAZZI - PAGELLA FINALE: FAZIO AUTOPARODIA DI SE STESSO, LITTIZZETTO UNA “MARTUFELLA DE SINISTRA” CON LE SUE BATTUTE SU ASCELLE SUDATE E ALITI FETIDI – MINCHIA MENGONI: IL TELEVOTO FREGA I FAZISTI - CROZZA SCORNATO, FAZIOLO PORTA-BOTOX DI CARLA’ BRUNI - NAUFRAGIO TOTALE DEGLI SKETCH: PIÙ INDIGESTI DEL SOLITO, PERCHÉ IL LIVELLO FRANCAMENTE INFIMO COZZAVA CON LE AMBIZIONI…

Andrea Scanzi per Il Fatto Quotidiano

L'Italia è una Repubblica fondata sul televoto. Lo ha scoperto anche Fabio Fazio. Nel suo Festival "popolare ma di qualità", avrebbe voluto vincitori Elio e le Storie Tese. O Silvestri, o Gualazzi. Invece, come un'edizione tranquillamente nazionalpopolare condotta da Morandi o Panariello, ha dominato Marco Mengoni. The King of Birignao, il maestro del gorgheggio effimero (anche se, nel brano vincente, prova a contenersi).

Sanremo, Fazio o non Fazio, rimane la dependance dei talent show. Valerio Scanu, Emma, Mengoni. E' la dittatura del televoto, in grado persino di premiare Pupo e il Principe Emanuele Filiberto. Prevedendo l'epilogo, gli organizzatori avevano preparato un paracadute chic, il voto della giuria di qualità, che ha infatti permesso a Elio di arrivare secondo tra Mengoni e i Modà (il cui terzo posto è sconcertante).

Opposte le due classifiche. Televoto: Mengoni, Modà, Annalisa, Chiara, Gualazzi. Giuria di qualità: Elio, Malika, Gualazzi, Silvestri, Gazzè (l'unico che ha convinto entrambi è stato Gualazzi, e questa è una buona notizia). Le posizioni finali, a Sanremo, sono da sempre uno degli aspetti meno rilevanti: La canzone mononota (scontato quanto meritato Premio della Critica Mia Martini) rimarrà, L'essenziale assai meno.

Fazio ha vinto la sfida a metà. Ottimi gli ascolti (51.96% per l'ultima serata, 13 milioni e 635mila spettatori). Dignitoso il livello delle canzoni, notevoli alcune performance degli ospiti (Antony And The Johnsons, Asaf Avidan, Bollani & Veloso). Qualche defezione pesante (Verdone, Barenboim), una contestazione dolorosa (anzitutto per Crozza, che ne è uscito scornato). Un po' Festival dell'Unità e un po' Che Sanremo Che Fa, la ricetta faziana non ha potuto rinunciare agli ingredienti trash, su tutti Al Bano e Toto Cutugno con l'Armata Rossa. Dove il Festival ha fallito, è stato negli sketch. Più indigesti del solito, perché il livello (francamente) infimo cozzava con le ambizioni.

Il duetto Littizzetto-Bruni, Vattene amore canticchiata dai due conduttori, le imitazioni vintage in cui Fabio Fazio imitava Fabio Fazio: istantanee sconfortanti. Ormai lisa la comicità dozzinale di Luciana Littizzetto, sempre più Martufella de sinistra con le sue battutacce su ascelle sudate e aliti fetidi (ma guai a criticarla: Massimo Boldi è volgare, "Lucianina" femminista e soprattutto intoccabile). Sempre più autoparodia di se stesso, il Camerlengo (cit) Fazio ha nuovamente dispensato caramelle per tutti.

Di fronte al Domenico Modugno di Beppe Fiorello, ha detto di "non aver mai visto un'immedesimazione così incredibile" (evidentemente ha sempre scelto i film sbagliati); dinnanzi a Carla Bruni, ha avuto il coraggio di ringraziarla (ed era serio) "per la sua grande disponibilità e per la sua straordinaria simpatia". Beato lui, a cui piace tutto. E' stato un Festival garbato, melenso. Piacevole, prevedibile: da sei più. C'è molto di peggio, si poteva fare meglio: le coordinate consuete di Fazio.

 

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