PANSA SI SCANSA, BELPIETRO RISPONDE: ''ECCO LA VERITÀ SUL DIVORZIO DAL NOSTRO GIORNALE'' - ''GIAMPAOLO HA AVUTO LIBERTÀ ASSOLUTA DI SCRIVERE QUELLO CHE VOLEVA. MA NON GLI PIACEVA PIÙ QUELLO CHE SCRIVEVANO I SUOI COLLEGHI, A COMINCIARE DA ME. SECONDO LUI SIAMO DIVENTATI TROPPO SALVINIANI. MA GLI ITALIANI RECLAMANO ORDINE, SICUREZZA, LEGALITÀ. ESATTAMENTE CIÒ CHE DA ANNI RECLAMIAMO. E ALLORA PANSA…''
Maurizio Belpietro per la Verità
Giampaolo Pansa non scriverà più per La Verità. Lo ha deciso lui, comunicandolo con una letterina asciutta inviatami lunedì pomeriggio in cui mi riconosce di avergli sempre garantito la massima libertà, e con un' intervista ieri a Italia Oggi in cui dice che non gli piaceva più la nostra trattoria. «Il capo dei cuochi era bravo e non cercava di impormi dei piatti che non mi gustavano, ma non mi piaceva più il ristorante. Così me ne sono andato». Secondo Pansa, al quale comunque mi lega una profonda stima e amicizia, nel menù della Verità c' erano troppi piatti leghisti. Anzi, salviniani, dice lui.
Ovviamente ognuno è libero di scegliersi il refettorio che gli aggrada e di mangiare ciò che più gli piace. Il problema è che Giampaolo non era un cliente della Verità a cui non piaceva il menù, ma uno dei cuochi, anzi il più importante e il più esperto degli chef. E come tale, nonostante la cucina fosse diretta dal sottoscritto, aveva la possibilità di cucinare e proporre agli avventori qualsiasi piatto decidesse di servire.
Per dirla chiara, godeva di una specie di extraterritorialità che gli consentiva di dire e scrivere qualsiasi cosa senza che venisse sindacata da chicchessia, compreso il direttore il quale, essendo i giornali delle specie di caserme, ha per legge l' ultima parola. Dunque, si chiederanno i lettori, visto che Pansa poteva fare ciò che gli garbava, dove sta il problema? Il nocciolo del contendere sta nel fatto che a Giampaolo non piaceva ciò che cucinavano gli altri cuochi del ristorante, a cominciare dal sottoscritto.
Piatti conditi con troppe spezie leghiste, secondo lui.
Piatti che egli voleva togliere dal menù, sostituendoli con cibi privi di qualsiasi retrogusto salviniano.
Ovviamente ogni chef pensa di saperla più lunga degli altri, a maggior ragione se può vantare esperienza e successi, e Giampaolo ha sia l' una che gli altri.
Tuttavia, quando si discute di condimenti non esiste una scienza esatta, che stabilisca cosa aggiungere al piatto e in che misura. Un cuoco può salare di più, l' altro mettere più peperoncino, ma siamo nel campo del gusto personale, anzi, delle opinioni. E qui veniamo al tema centrale alla base del divorzio tra Giampaolo e La Verità (perché di divorzio si tratta, anche se fra persone civili che credo si vogliano bene).
Pansa dice che ai nostri piatti abbiamo aggiunto troppo Salvini e questo "sapore" a lui non piace. I lettori ne sono già informati, perché io e lui ne abbiamo discusso pubblicamente sulle pagine della Verità qualche settimana fa. Nel suo Bestiario ero chiamato direttamente in causa per aver sostenuto che Salvini fosse nel mirino della grande stampa, in quanto abbattere lui significherebbe abbattere questo governo, che non è gradito a molti vecchi arnesi della politica e dell' establishment e anche all' Europa.
Qual era l' obiezione di Giampaolo alla mia tesi? In soldoni scriveva di non digerire il capo leghista. Anzi, diceva che gli fa paura, perché non sorride, ha la panza e la barba e gli ricorda un dittatore. Secondo lui, Salvini somiglierebbe a Hitler, Mussolini, Stalin e via citando altri tiranni. In poche settimane, nel Bestiario lo ha scritto più volte da quando il governo si è insediato, cioè nell' ultimo mese.
Come ho cercato di spiegare rispondendogli, alla Verità ogni cuoco ha il diritto di cucinare ciò che vuole, il che non significa anarchia, ma libertà di pensiero, che è un concetto fondamentale per una testata che ha nel Dna la volontà di non avere padroni. Ma forse Giampaolo pretendeva che io facessi il padrone con gli altri cuochi costringendoli a cucinare pietanze anti Salvini. E probabilmente si augurava che anche io mi adeguassi al suo gusto.
E però questo non era possibile. Pur consentendogli settimanalmente di elaborare manicaretti contro il capo leghista, certo non potevo andare contro la volontà della maggioranza dei lettori (che sulle nostre opinioni non si sono divisi), ma soprattutto non potevo contraddire una linea che negli anni il nostro giornale ha sostenuto con passione.
Che cosa ha fatto Salvini da quando è diventato ministro? Ha ingaggiato un corpo a corpo con l' Europa per bloccare i taxisti del mare ed evitare che l' Italia diventasse il molo d' attracco di tutte le navi delle Ong. Con lui al Viminale sono stati chiusi i porti, costringendo le cosiddette associazioni umanitarie a navigare verso altri lidi e così è caduto il velo sull' ipocrisia europea.
Paesi accoglienti a parole hanno reagito malissimo. Malta ha chiuso i suoi porti, tagliando i viveri alle Ong, che quindi sono state costrette a cambiare rotta. Alcune imbarcazioni sono state poste sotto sequestro e i loro capitani messi sotto processo. Risultato (certificato dal Corriere di ieri), nel Mediterraneo le Ong non operano più e la rotta dei clandestini si è spostata verso la Spagna. Che cosa avremmo dovuto fare di fronte ai successi, innegabili, di Salvini?
Attaccarlo? Il capo della Lega sta facendo esattamente ciò che ha promesso in campagna elettorale e ciò che noi della Verità, compreso lo stesso Pansa, in passato abbiamo chiesto.
Fermare gli sbarchi. Dare un giro di vite sui migranti. Rispedire a casa i clandestini. Cosa dovremmo scrivere quando Salvini parla di censire i rom che hanno diritto di restare in Italia dando il foglio di via a quelli che non ce l' hanno? Criticarlo? Ma a questo pensa ogni giorno la maggioranza della stampa ligia al pensiero politicamente corretto, che, chiusa nei propri salotti, descrive un' Italia che non c' è, una situazione di distacco dalla realtà di cui si trova conferma anche nelle recenti elezioni.
Gli italiani reclamano ordine, sicurezza, legalità. Esattamente ciò che da anni reclamiamo noi. E ora che c' è qualcuno che prova a fare ciò che noi sollecitavamo, secondo Pansa dovremmo voltargli le spalle? Criticarlo perché ha la barba, non sorride e non si mette a dieta?
La realtà è che La Verità non ha preso nessuna deriva salviniana, né ha cambiato il menù che da due anni a questa parte serve ai propri clienti. Semmai è Giampaolo che ha cambiato gusti, cosa che naturalmente è legittima, mentre non lo è pretendere che noi ci si adegui ai nuovi sapori. Per concludere, mi dispiace molto che Pansa se ne sia andato. Per me è un dolore anche personale, non solo professionale.
Mi sono speso in ogni modo affinché restasse, nonostante non mi piacesse la deriva anti salviniana che aveva preso negli ultimi mesi. Purtroppo ho fallito, ma a lui resterò comunque grato per aver scelto due anni fa di salire a bordo di una scialuppa che sembrava destinata al naufragio e che invece, oggi lo posso dire, anche grazie a lui ha preso il largo e naviga senza difficoltà verso nuove e affascinanti rotte.
Quanto al governo, a Conte, a Di Maio e Salvini, noi non saremo mai pregiudizialmente contro, ma neppure pregiudizialmente a favore. Li difenderemo quando faranno cose che condividiamo e li attaccheremo quando faranno cose che non ci convincono. Come si conviene a un giornale davvero libero. Siamo una scialuppa che ha affrontato la tempesta, ma non va alla deriva.