IL CINEMA DEI GIUSTI - ALLA FINE DEI 152 MINUTI DI PROIEZIONE DI "LES MISÉRABLES" DI TOM HOOPER, ENNESIMA VERSIONE POLPETTONE, MA MUSICAL, DEL CAPOLAVORO DI VICTOR HUGO, SORGE SPONTANEA LA DOMANDA: PERCHÉ COSÌ TANTI FILM IMPORTANTI IN CORSA PER L'OSCAR, DA "LINCOLN" A "DJANGO UNCHAINED", PENSINO AL DOMANI RILEGGENDO I PIÙ CLASSICI TEMI DELL'800, NON AVENDO ANCORA FATTO I CONTI COL ’900?...

Marco Giusti per Dagospia

"Tomorrow Come!". "Il domani arriverà!' urlano i rivoluzionari parigini ancora sulle barricate alla fine dei 152 minuti di proiezione di "Les Misérables" di Tom Hooper, ennesima versione, ma musical, del capolavoro di Victor Hugo. Perché poi così tanti film importanti in corsa per l'Oscar, da "Lincoln" a "Django Unchained", pensino al domani rileggendo i più classici temi dell'800 e non avendo ancora fatto i conti col '900 è tutto da capire.

Va detto però che questa versione cinematografica del celebre musical scritto nel 1978 da Alain Boublil e Claude-Michel Schonberg e poi adattato in inglese nel 1985 dal produttore Cameron Mackintosh coi nuovi testi delle canzoni in inglese di Herbert Kretzmer, in mano al regista del piccolo e ben costruito "Il discorso del Re", allo sceneggiatore William Nicholson, che già ci aveva dato il fortunato "Il gladiatore", e a un team di produttori che va da Tim Bevan, Eric Fellner, Debra Hayward ("Anna Karaneina", "La Talpa") a Cameron Mitchell, già produttore della versione teatrale, è un'ottima illustrazione sia della storia che del musical, un successo spettacolare visto da 60 milioni di spettatori e presentato in 42 nazioni.

Regista e sceneggiatore non si permettono di tagliare troppo per farne una versione più corta come accadde per la versione cinematografica di "Sweeney Todd" di Tim Burton, sono altresì rispettosi delle molte esigenze che fare oggi un musical di successo comporti, a partire dalla riproposta dei numeri cantati più famosi, da "I Dreamed a Dream" a "Bring Him Home" e "On My Own".

E tutto è cantato rigorosamente dal vivo sulla scena e mai in playback. Aggiungiamoci il gruppo creativo che Hooper si è portato dietro da "Il discorso del re", il direttore della fotografia Danny Cohen e la scenografa Eve Stewart e i costumi dello spagnolo Paco Delgado ("La mala education", "La pelle che abito") e è subito chiaro che siamo di fronte non a teatro filmato, a un banale adattamento del musical di successo, ma a una grande produzione inglese che, come per "la Talpa", cerca di ricostruire un genere e un classico coi migliori elementi del suo cinema.

Certo, per chi è cresciuto con in testa il Jean Valjean televisivo del 1964 di Gastone Moschin e col perfido Javert di Tino Carraro, o una delle tante coppie celebri che hanno interpretato il carcerato buono in fuga nella Francia del primo '800 e il poliziotto che lo insegue e tormenta dal 1815 al 1832, un elenco che va da Jean Gabin e Bernard Blier a Lino Ventura e Michel Bouquet, da Gino Cervi e Hans Hinrich giù giù fino ai più recenti Gérard Depardieu e John Malkovich o a Liam Neeson e Geoffrey Rush, non è facilissimo accettare la coppia australiana Hugh Jackman-Russell Crowe come Jean Valjean-Javert, anche se i due, ma forse soprattutto il primo, molto si sforzano di recitare e cantare alla perfezione.

Se Crowe appare a tratti un cattivo un po' di maniera, senza il fascino che aveva nei suoi primi film, Jackman è fisicamente perfetto, anche se quando appare in camicia ci riporta troppo al suo uomo-lupo Wolverine per essere proprio il Jean Valjean ideale. La Fantine di Anne Hathaway, invece, mamma bella e sfortunata che precipita nella miseria e si trova costretta a vendere il proprio corpo, anche letteralmente, visto che vende pure i capelli e i denti per mantenere la sua figliola senza l'aiuto di un padre, è una creazione un po' acchiappaoscar ma di grande commozione.

Dopo averci deliziato con una Catwoman sexy e innovativa nel terzo capitolo di "The Dark Knight", Anne Hathaway punta più in alto facendo piangere le platee di mezzo mondo. Nelle versioni italiane, e penso a Valentina Cortese nella versione di Riccardo Freda, ma anche a Giulia Lazzarini in quella di Sandro Bolchi, chi fa Fantine fa anche Cosetta da grande. Come a prolungarne la vita in eterno. Hooper sceglie, invece, come Cosetta un'altra attrice americana, l'espressiva Amanda Seyfried ("Mamma mia!", "Biancaneve e il cacciatore"), che non può e non deve assolutamente competere con la Fantine di Anne Hathaway, che rimane la prima star.

La Seyfried ne fa una figurina quasi di sfondo, inoltre appiattita sia dalla pesantezza del suo neo-padre protettore Hugh Jackman, che dalla coppia formata dal suo giovane spasimante, il nobile Marius, interpretato dal bravo Eddie Redmayne (già visto in "Marilyn") e da Eponime, la sfortunata ragazza cresciuta con Cosetta che è pazza di lui, interpretato da una grassoccia Samatha Barks, qui al suo esordio, che ha interpretato lo stesso personaggio a teatro negli ultimi anni. Bravissimi, ma fin troppo costruiti come figure alla Tim Burton provenienti da "Sweeney Todd" i Thénardier, i due loschi albergatori che crescono malamente Cosetta coi soldi così duramente guadagnati dalla povera Fantine, Helena Bonham Carter e Sacha Baron Cohen.

Se la prima parte, quella più forte e viva, è dominata dal rapporto Jean Valjean-Javert e la seconda, ambientata a Montreuil-sur-Mer, dove l'ex-galeotto in fuga dal proprio passato è diventato ricco e potente, dal nuovo personaggio di Fantine, che pur perdendo la vita si sentirà giurare dall'ex-galeotto diventato ricco e padrone che penserà per tutta la vita alla ragazza, la terza e conclusiva, tutta ambientata nella Parigi rivoluzionaria dei moti '32, sembra meno forte perché sono più in ombra i due grandi protagonisti.

Ma basta la presenza di uno scatenato Gavroche, il bambino immagine della rivoluzione, e la freschezza di tutti i giovani rivoluzionari che si sacrificano per la causa per farci tornare agli anni del liceo e alle buone letture del tempo. Visivamente è anche molto bella la barricata che i rivoluzionari costruiscono a Parigi. Tom Hooper gioca molto anche sulla celebrità del musical, affidando ruoli minori alle sue più note star inglesi.

Così nel ruolo del buon Cardinale Myriel di Digne, il solo che aiuterà Jean Valjean a ritrovare la retta via, abbiamo Colm Wilkinson, che per primo interpretò il galeotto a Londra e a Broadway. In quello di Fauchelevent, il guidatore finito sotto il carro che viene salvato dalla forza mostruosa di Jean Valjean, ecco Stephen Tate, che per anni fece Thénardier. Come una delle vecchie battone c'è Frances Ruffelle, una delle prime Eponime. Il piccolo Gavroche, invece, è interpretato dall'incredibile David Huddlestone, che lo ha fatto anche a teatro. In sala dal 31 gennaio.

 

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