STASERA SPRINGSTEEN IN PIAZZA A NAPOLI, UNA RELIQUIA ROCK DA PRESERVARE CONTRO LA MUSICA DI MERDA DI OGGI

Gino Castaldo per Repubblica.it

Il 22 maggio del 1974 Jon Landau, allora un quotato giornalista musicale, dopo aver visto un concerto di Bruce Springsteen scrisse su un giornale di Boston una frase che avrebbe fatto epoca: "Ho visto il futuro del rock'n'roll". Oltre a quello del rock Landau vide anche il suo di futuro, perché da quel momento lui e il Boss non si sono mai più separati.

"Ero un giornalista, ma avevo voglia di produrre dischi, volevo essere come Phil Spector. E tutto cambiò quando mi chiamò Bruce. Imparammo a conoscerci, diventammo amici e lui mi chiese dei consigli perché aveva molte difficoltà con l'album che stava realizzando, che era Born to run. Da allora sono stato sempre al suo fianco, come coproduttore, manager, consigliere".

Landau torna in Italia insieme a Springsteen per un breve tour che parte stasera in piazza del Plebiscito a Napoli, praticamente un debutto perché mai il rocker americano nella sua lunga carriera si è esibito nella piazza di una città. La tournée italiana proseguirà poi a Padova (stadio Euganeo) il 31 maggio, a Milano (stadio Meazza) il 3 giugno per poi tornare a Roma (all'Ippodromo delle Capannelle) l'11 luglio.

Si potrebbe dire che sia diventato il suo angelo custode, l'alter ego creativo e organizzativo, di cui Springsteen si fida ciecamente. Si è mai pentito di questa scelta?

"Mai, neanche una volta. Siamo profondamente amici. Che dire? Bruce è il migliore con cui si possa lavorare. Non si ferma mai. Spinge sempre avanti. Fa cose che gli altri non fanno. E' sempre in crescita, e in costante cambiamento".

Springsteen ha detto che i concerti, la band, i tour, sono come la sua seconda casa. E' così anche per lei?

"Abbiamo creato intorno a noi una situazione familiare, lavoriamo solo con gente che ci piace e questo col tempo dà la sensazione di una famiglia. Se uno fa la primadonna, se è troppo concentrato su se stesso, questo non è il posto giusto. Grazie a questo non perdiamo tempo, non ci stressiamo per cose inutili. Non c'è mai stato conflitto. A volte quasi mi dispiace dirlo perché i giornalisti, specialmente in America, vorrebbero sempre scrivere di cose più brutte, ma è così".

Da decenni tutti cercano di spiegare, il fenomeno Bruce. Se per un attimo tornasse a fare il giornalista, lei come lo spiegherebbe?

"Ricordo una notte di tanti anni fa, all'inizio della nostra collaborazione. Bruce era sul divano che cercava di scrivere una canzone. Non era ancora famoso, cantava nei club, i primi due dischi avevano venduto poco. Gli chiesi cosa voleva fare della sua vita. Lui mi rispose: forse quando avrò 75 anni saprò esattamente cosa voglio fare della mia vita. Il segreto è questo.

Dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti fino a oggi, lui sta sempre cercando di fare la miglior canzone di sempre, il miglior disco di sempre, il miglior concerto di sempre. Tutti gli artisti di successo oggi sono dentro un meccanismo terribile: capricci, protezione, promozione a oltranza, video. Noi non facciamo nulla di tutto questo. Ci sono le canzoni, i dischi, i concerti, e questo è tutto. Parte del talento di Bruce è fisico. E da questo punto di vista è un miracolo perché ha più energia oggi di prima, ed è naturale al 100 per 100".

C'è qualche sua canzone in cui si riconosce in modo particolare?

"Sì, due. La prima è una meravigliosa canzone intitolata Valentine's day. Una notte chiamai Bruce al telefono. Non ero andato al concerto perché quella sera era nata mia figlia Kate, ed ero sopraffatto dall'emozione. Fu una bellissima conversazione. Quando poi ascoltai Valentine's day capii che si riferiva alla nostra chiacchierata. Non gliel'ho ma chiesto, ma so che è così. La seconda è Dancin' in the dark.

Lavorammo fianco a fianco per molti mesi all'album Born in Usa. Sembrava che non dovesse mai finire. Alla fine ottenemmo una lista di pezzi, ed era eccezionale. Ma non era chiaro quale potesse essere il primo singolo, allora gli dissi: secondo me abbiamo il secondo singolo, il terzo singolo e così via, ma non il primo. Lui si arrabbiò. Disse. Ho scritto più di settanta canzoni per quest'album e non ho intenzione di scriverne ancora, per cui se vuoi un hit single, scrivitelo da solo.

Era molto sarcastico, e io lasciai cadere l'argomento. Poi però andammo in studio per finire altre cose e lui prese la chitarra. Disse: ho qualcosa da registrare. E tirò fuori Dancin' in the dark. Sono sempre stato convinto che la frase "you can't start a fire without a spark" fosse riferita a me. Che la "scintilla" fossi io.

 

Bruce and Jon Landau SPRINGSTEEN obama springsteen SANDY SPRINGSTEEN BON JOVI BRUCE SPRINGSTEENSPRINGSTEEN NELLA COMMEMORAZIONE PER LA STRAGE DI UTOYA PAUL MCCARTNEY E BRUCE SPRINGSTEENBRUCE SPRINGSTEENLANDAU SHOT

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