VITA, SOLDI, GNOCCHE E AFFARI DI PAOLO ZAMPOLLI, L’ITALIANO AMBASCIATORE ALL’ONU DELL’ISOLA DOMINICA, CHE HA FATTO CONOSCERE TRUMP E MELANIA: “QUANDO USCI' LA STORIA DI MELANIA IMMIGRATA IRREGOLARE, HO SMENTITO TUTTO. MA HO RICEVUTO MINACCE E OFFERTE DI DENARO PERCHE' CAMBIASSI LA MIA VERSIONE"
Sara Faillaci per “Vanity Fair”
PAOLO ZAMPOLLI E LA MOGLIE AMANDA
Tutto è iniziato su questo divano davanti a me. L’amore tra il palazzinaro Donald Trump e la modella slovena Melania Knauss, oggi rispettivamente Presidente degli Stati Uniti e First Lady. Siamo in una townhouse, tipica casa di mattoni americana, nell’esclusivo quartiere di Gramercy Park a New York. Fuori campeggiano bandiere a stelle e strisce, telecamere e gli avvertimenti che il palazzo è sede di un corpo diplomatico.
Il proprietario, l’italiano Paolo Zampolli, oltre che imprenditore nel settore immobiliare è infatti ambasciatore presso le Nazioni Unite dell’isola Dominica e sua moglie, la brasiliana Amanda Ungaro, ex modella, lo è di Grenada, altra perla dei Caraibi.
Dentro, nella sala del divano, ci sono quadri di Canaletto e di De Chirico, e pezzi d’arte da far invidia a un museo. Zampolli sta per compiere 47 anni, ne ha 24 meno di Trump, e da quando il suo amico e socio d’affari è l’inquilino della Casa Bianca, è stato intervistato da molti giornali italiani al telefono, in qualità di cupido della coppia. Ma Zampolli ha fatto molto di più per il Presidente. E qui, a casa sua, per la prima volta lo racconta.
MELANIA E DONALD TRUMP - PAOLO ZAMPOLLI E LA MOGLIE AMANDA
Quando e come ha conosciuto Trump?
«Negli anni Novanta, ero arrivato da poco a New York e avevo un’agenzia di modelle. Ne restai subito affascinato: il nome Trump mi evocava la Trump Tower, perché mio padre (l’imprenditore Zampolli della Harbert, che in Italia negli anni ’70 fece fortuna con giocattoli come Dolce Forno e le figurine di Star Wars, ndr), avrebbe voluto comprarmi una casa lì. All’epoca ero un bad boy, un paninaro sedicenne, e di certo non pensavo che un giorno a me, il piccolo Paolo, potesse servire un appartamento a Manhattan. Nella mia testa c’era anche il Trump Princess, il bellissimo yacht, ex Nabila, che vedevamo in mare quando giravo in barca con i miei genitori».
CASA ZAMPOLLI - EDITH MOLNAR - ROBERTO CAVALLI - CAMILLA OLSSON - MELANIA E DONALD TRUMP
Da Milano come è arrivato ad avere un’agenzia di modelle in America?
«Dopo la morte di mio padre per un incidente sugli sci a St. Moritz quando avevo 18 anni, iniziai a pensare di vivere all’estero; non volevo più vedere la neve e andai a Miami per tentare fortuna nell’immobiliare, lì conobbi persone che lavoravano nella moda come John Casablancas, creatore dell’agenzia di modelle Elite, organizzammo a Ibiza degli eventi insieme. La mia fidanzata dell’epoca, Edith, una modella ungherese, lavorava a New York, quindi decisi di spostarmi. Inizialmente ero socio dell’agenzia Metropolitan, quella di Claudia Schiffer e di Heidi Klum, ma presto mi sono messo in proprio con la ID Models, che ho gestito fino a nove anni fa».
Chissà che vita faceva in quegli anni.
«Erano gli anni in cui le top model si chiamavano solo per nome. Volavamo in Concorde, stavamo al Ritz di Parigi, eri sempre circondato da bellissime donne ma i soldi non si fermavano, dovevi continuamente reinvestirli in questa vita per coltivare i contatti, le persone che contano».
Trump era uno di quelli.
«Sicuramente. Quando lo conobbi si era appena separato dalla sua seconda moglie (Marla Maples, ndr), usciva tanto e ci frequentavamo spesso. La sera del 1998 in cui gli presentai Melania, amica della mia fidanzata Edith, lui era ospite d’onore a una mia cena durante la settimana della moda.
Lo lasciai al loro tavolo e andai a occuparmi degli altri 300 ospiti. Due settimane dopo, a cena a casa mia si presentò con Melania e fui molto sorpreso: lei non aveva detto nulla nemmeno a Edith, quindi doveva essere il loro primo date. Sono stato io a scattare la foto sul mio divano. Da quel giorno stanno ancora insieme, il mio amico è diventato Presidente degli Stati Uniti e la mia amica la First Lady».
Chi l’avrebbe mai detto.
«Inimmaginabile. Ce li aveva tutti contro. Ma lui è specializzato in imprese impossibili, non si pone limiti e se vuole può raggiungere qualsiasi risultato. Lo so perché nel 2005 mi ha chiesto di andare a lavorare nell’immobiliare della Trump Organization come direttore dei progetti internazionali. Due anni dopo mi sono messo in proprio e ho fatto il salto: stiamo costruendo a Dominica un resort Kempinski, un cinque stelle meraviglioso».
Lavorava nella Trump Tower?
«Sì, un edificio molto bello ma ormai vecchiotto. Al contrario della Trump Park Avenue, dove cercai anche di comprare case ma alla fine con Donald non ci siamo messi d’accordo per duecentomila dollari».
Qui a New York si dice che lei gli abbia dato una grossa mano quando era in difficoltà per la storia di Melania, che nei primi tempi negli Stati Uniti sarebbe stata irregolare. È vero?
«Il 4 agosto scorso, ero a Ibiza con la famiglia e mi suona il telefono: era uscita la breaking news di Melania immigrata irregolare. Ho passato quattro ore al giorno a rilasciare interviste, in quanto all’epoca agente di Melania, smentendo e spiegando che aveva il visto regolare.
A mia moglie Amanda, che si lamentava perché stavo tutto quel tempo al telefono in vacanza, ho detto: “Sono miei amici, Donald mi ha dato la possibilità di fare real estate, è grazie a lui se abbiamo questa casa”. Ho detto solo la verità, ma quanti al mio posto l’avrebbero fatto? Ho ricevuto minacce e offerte di denaro di ogni tipo perché cambiassi la mia versione e dicessi anche solo “non ricordo”. Tutta la campagna elettorale di Trump si basava sulla lotta all’immigrazione clandestina. Tanti, soprattutto alle Nazioni Unite, dove io e mia moglie lavoriamo e dove l’ambiente è molto liberal, sono convinti che senza quella mia testimonianza Trump poteva anche perdere le elezioni. Infatti, da agosto a novembre quando Donald ha vinto, ho evitato di farmi vedere all’Onu».
Quindi ha un grosso credito con Mr. President.
«Mi basta fare un giro sull’Air Force One, che è il sogno mio e di mio figlio Giovanni, che ha 7 anni. Sul suo aereo personale ci sono già stato e Donald ha sempre detto che era meglio di quello presidenziale, vediamo se ha ragione».
Un uomo come Trump, sposato con un’immigrata, amico di immigrati come lei, fautore della meritocrazia in The Apprentice, lo show televisivo in cui scopriva talenti imprenditoriali, non è incoerente quando decide di chiudere le frontiere degli Stati Uniti all’immigrazione?
«Sta facendo quello che ha promesso ai suoi elettori, la priorità oggi è la guerra al terrorismo e la protezione degli americani. Il divieto d’ingresso riguarda solo i Paesi dove ci sono cellule del terrorismo. E se parliamo di rifugiati, so per certo che in questi giorni il Presidente sta trovando un accordo con due sovrani e altre personalità importanti del Medio Oriente per creare là delle safe zone, nei loro Paesi d’origine. Accogliere un immigrato da noi, che spesso nemmeno si adatta in America, costa 250 mila dollari. Sa come possiamo farlo stare bene con quel denaro a casa sua?».
Lei ha sempre promosso iniziative ambientali, l’ultima è WATO, We Are the Oceans, per salvaguardare gli oceani. Non la turba che Trump abbia cancellato i finanziamenti al programma sul cambiamento climatico?
«Tanti repubblicani non credono nel cambiamento del clima. Lui non ha cancellato il programma, ha solo sospeso i contributi, peraltro volontari, perché ritiene che ora ci siano altre priorità, per esempio la sicurezza nazionale e la creazione di posti di lavoro. Non penso che sia contrario a salvare gli oceani, ha una casa che ama molto a Mar-a-Lago, in Florida (la residenza di Trump è sulla spiaggia, e sarebbe tra le prime ad andare sott’acqua in caso di scioglimento dei ghiacci polari, ndr)».
A un certo punto si è anche detto che Melania, nei primi tempi in America, avrebbe fatto la escort, e lei è stato di nuovo tirato in ballo.
«A questo proposito Melania ha fatto una causa da 150 milioni di dollari contro certi giornali inglesi che hanno riportato questa notizia falsa, ripresa da un libro romanzato sloveno in cui si diceva che Melania avrebbe fatto la escort a Milano. Ma i giornalisti hanno pensato bene di dire che questo accadeva a New York, scrivendo a quel punto due cose false».
Ha già visto Melania da quando è First Lady?
«L’ultima volta ci siamo visti alla cena dell’Insediamento del Presidente a Washington, ma ci sentiamo spesso. L’ho vista forte, determinata, nonostante i tanti attacchi odiosi. Penso anche a quelli a suo figlio Barron di 10 anni, che conosco personalmente (è stato addirittura scritto che il figlio di Trump sarebbe affetto da autismo, ndr). Cose che nessuna donna dovrebbe subire. Sono sicuro che quando la stampa si calmerà, lei saprà affermarsi, e sarà una First Lady che gli americani ricorderanno. Per adesso è la più bella, e quella che parla più lingue, ben cinque. Una First Lady si giudica in quattro anni, non nei primi cento giorni come il Presidente».
Secondo lei che la conosce bene, a che cosa potrebbe dedicarsi?
«All’infanzia e alle donne. Io gliel’ho già detto: “Melania, amica mia, ho in testa un progetto molto serio per cui tu vincerai il Nobel per la Pace”. Lo sa che cosa mi ha risposto ridendo? “Il Nobel lo merito già per tutti questi anni come moglie di Donald”»