HA RAGIONE MARINA B. CON QUEL CHE HA SPESO IN LIFTING, CAPELLI E POMPETTE, “BISOGNA PRESERVARE L’UNITA’ DEL PARTITO”

Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"

Silvio Berlusconi sta per affrontare il passaggio più drammatico della sua storia politica e il Pdl si dilania in uno scontro di potere senza eguali, perciò Marina Berlusconi - a quei dirigenti politici che la chiamano per manifestarle vicinanza e affetto - non si stanca di ripetere che «bisogna preservare l'unità il partito», e per riuscirci «servono esercizi di intelligenza e lungimiranza».

È un appello a tenere insieme i moderati, quello che torna nei suoi conversari: «Mio padre non è patrimonio né dei falchi né delle colombe. Lui ha dato voce e rappresentanza ai moderati, li ha uniti, e oggi è l'unica vera possibilità di sintesi tra le varie posizioni».

L'«unità dei moderati» è insomma il «valore assoluto, che va salvaguardato», d'altronde «l'intera storia politica» del Cavaliere - a suo modo di vedere - è stata segnata da questo obiettivo: «Questa è stata la motivazione principale della sua discesa in campo e del suo cammino».

Perciò con i suoi interlocutori auspica che si ponga fine al conflitto e che si mettano alle spalle le amarezze di questi giorni. Marina applica a se stessa il precetto, e quando percepisce che tentano di carpire i suoi umori profondi, e le chiedono se sono veri i giudizi pesanti che le sono stati attribuiti su alcuni dirigenti del Pdl, lei risponde che «una cosa sono le valutazioni personali, altra le valutazioni politiche. E in una fase come questa devono prevalere le valutazioni politiche».

Parla come un politico, sebbene continui a dire di non volerlo fare: «Penso che si possa seguire la politica con attenzione, anche esprimendo un'opinione, senza per questo avere alcuna intenzione di impegnarsi direttamente». Da tempo ha messo nel conto di venire strumentalizzata nella lotta intestina che sta dividendo il Pdl, sa che fa parte del gioco anche se preferirebbe non si giocasse con lei, con il suo nome.

E non c'è volta che non le ripetano la stessa cosa: allora scende in campo? «L'ho già smentito più volte. Non ho mai partecipato e non ho intenzione di partecipare alla vita del partito. Non mi ritengo né falco né colomba. Mi ritengo quello che sono: una figlia che cerca di stare il più possibile vicino a suo padre e che ha a cuore soltanto una cosa, il bene di suo padre».

Ed è nel nome del padre che più volte si rivolge ai dirigenti del Pdl, chiedendo «l'unità», sebbene abbia altro a cui pensare alla vigilia del giorno in cui il Cavaliere dovrà affrontare il giudizio della Giunta di palazzo Madama, primo passo verso il verdetto della sua decadenza da parlamentare. Non si sofferma sul suo stato d'animo, «è inutile vi dica quale effetto mi faccia. Piuttosto bisognerebbe pensare a quale effetto dovrebbe fare a tutti», come a sottolineare la portata dell'evento.

«Perché qui - secondo la primogenita di Silvio Berlusconi - non stiamo parlando solo del destino del leader del centrodestra e dei diritti di milioni di italiani che da vent'anni lo votano. Anche se già questa sarebbe una questione enorme. In realtà la posta in gioco è ancora più alta. Siamo di fronte a un vero e proprio attentato alla democrazia. E denunciare gli abusi intollerabili della magistratura, significa difendere la democrazia stessa, il diritto nostro e dei nostri figli di crescere e vivere in un Paese civile e democratico».

È la versione di Marina Berlusconi, è la sua difesa di Silvio Berlusconi, in perfetta coincidenza con il pensiero del padre: «La terzietà e l'imparzialità dei giudici sono purtroppo diventati concetti astratti, troppo spesso slegati dalla realtà. Ci sono troppi magistrati che decidono esclusivamente per faziosità, troppi scandali finti inventati per andare in prima pagina e troppi scandali veri su cui scende il silenzio. Ci sono troppe sentenze, troppi provvedimenti che calpestano le regole del diritto e hanno conseguenze pesanti sulla politica, l'economia, sulla vita di tutti noi. L'Italia è malata di malagiustizia, e se non guarirà in fretta continuerà a pagare prezzi sempre più alti».

Quando la figlia parla di giustizia, è come se parlasse il padre, è un fiume in piena che spazia dai principi ai processi senza soluzione: «La sentenza sui diritti Mediaset, per esempio, è l'ennesimo scempio della verità. Basti pensare che per gli stessi fatti la Cassazione aveva già scagionato mio padre per ben due volte, che la cifra contestata come evasione è irrisoria rispetto a quanto versato al fisco dalla società nello stesso periodo, che non c'è lo straccio di una prova.

Anzi, tutti gli elementi dimostrano il contrario di quanto sostiene l'accusa. Questo è stato chiamato "processo diritti tv", in realtà è un processo al diritto, e alla fine i veri condannati sono proprio il diritto e la verità». Almeno su questo punto avverte la solidarietà sincera del partito verso il Cavaliere, perché «al di là delle diverse valutazioni nel campo dei moderati, una posizione comune non è mai stata messa in discussione: la difesa di mio padre dall'aggressione e dalla persecuzione giudiziaria alla quale è sottoposto da vent'anni».

Semmai smentisce che lo strappo sul governo operato dal leader del centrodestra fosse legato ai suoi destini personali: «Non è vero, serviva un gesto forte per spronare una politica economica troppo debole e troppo timida. La vera ragion d'essere delle larghe intese dovrebbe essere quella delle riforme.

Perché le ricette sulle cose da fare ci sono, il vero problema è trovare il modo per realizzarle, e quindi cambiare un sistema che si è dimostrato paralizzante e inadeguato. Abbiamo già assistito al fallimento dell'esperienza del governo dei tecnici. Il successo o il fallimento delle larghe intese dipenderà da quello che si riuscirà a fare sul terreno delle riforme». E dopo averla ascoltata, a tutti scatta istintivamente sempre la stessa domanda: allora scenderà in campo? «Assolutamente no. Ho già smentito e non ho cambiato idea».

 

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