APOLOGIA DI PRELATO – FACCI DIFENDE DON VERZÉ CONTRO GLI ATTACCHI DI TRAVAGLIO: “SENZA I SUOI AZZARDI FINANZIARI IL SAN RAFFAELE NON ESISTEREBBE”, E LIQUIDA LA CONDANNA A 1 ANNO E 4 MESI PER CORRUZIONE COME “ROBA VECCHIA, CHI SE NE FREGA” - “MEGALOMANE? SOLO PERCHÉ AVEVA UN JET PRIVATO? PERÒ NESSUNO SI RICORDA DELL’OSPEDALE IN BRASILE” – “SE UN MEGALOMANE REALIZZA GLI OGGETTI DELLE SUE MEGALOMANIE, OGGETTI GRANDIOSI, FORSE ANDREBBE CHIAMATO IN UN ALTRO MODO”…

Filippo Facci per "Libero"

Ora parliamo delle responsabilità penali di Don Luigi Maria Verzé e della sua cosiddetta «megalomania»: ciò di cui l'Italia giornalistica scrive esclusivamente da giorni. Non c'è dubbio, Don Verzé ha costruito il miracolo del San Raffaele anche grazie ad azzardi finanziari e a disinvolture amministrative: roba peraltro monitorata maniacalmente dalla magistratura. Di base si tratta di abusi edilizi anche notevoli (per cubatura) ma innocui agli effetti, senza i quali il San Raffaele non esisterebbe: non in questo Paese.

Si tratta, poi, di una «tentata corruzione» (un anno e quattro mesi) in relazione a una convenzione con l'università Statale di Milano, roba vecchia. Torna buona la battuta di don Milani già riesumata da Massimo Cacciari: «Se uno alla fine della vita ha le mani completamente pulite, vuol dire che le ha tenute in tasca».

Tra costoro ci sono probabilmente tanti necrofori che ora mettono in parallelo l'impero mondiale del San Raffaele con una condanna a Don Verzé del 1997 (prescritta in Cassazione) per esser stato al corrente della provenienza illecita di due quadri del Cinquecento: francamente, chi se ne frega. Restiamo a cose più serie, e rinunciamo, nonostante la tentazione, a precisare le inesattezze e le omissioni riportate da Marco Travaglio su Il Fatto di ieri.

La prima accusa a Don Verzè la rivolse un assessore lombardo della sinistra democristiana, Vittorio Rivolta, uno che pur di dargli fastidio gli progettò un altro ospedale praticamente davanti al suo, in viale Palmanova. Le varie accuse di corruzione e abuso edilizio finirono con una condanna ribaltata in appello. I due fecero pace davanti a un risotto da Savini. Nel novembre 1987 i Carabinieri misero i sigilli a un cantiere del San Raffaele per denuncia del comune di Segrate.

Il Tar però ribaltò tutto: «Le necessità per il diritto sulla salute prevalgono sui diritti dei privati e anche il piano regolatore deve adeguarsi». Nell'ottobre 1993 giunse un avviso di garanzia per un abuso edilizio legato alla costruzione dell'accettazione dell'ospedale, che peraltro risultava condonata e comunque non dava fastidio a nessuno: serviva a far stare al coperto chi consegnava i documenti di ricovero. Il cantiere si fermò e Don Verzé fece appendere un cartello con relative scuse «per i disagi causati dall'inauspicato blocco della magistratura».

L'accusa, nella requisitoria, disse ridicolmente che l'opera era stata realizzata per «l'arricchimento personale» del sacerdote. Primo grado: cinque mesi di reclusione e 45 milioni di multa; in Appello, nonostante Don Verzé se ne fosse fregato e avesse continuato i lavori a dispetto della prima sentenza, la pena fu ridotta a dieci giorni e a 600 mila lire. Di lì in poi, Don Verzè affiderà ogni delega operativa al socio Mario Cal, vicepresidente della Fondazione. La Cassazione ordinerà l'abbattimento dell'accettazione, e all'apertura dell'Anno giudiziario si proclamerà: «Abbiamo fatto demolire l'accettazione del San Raffaele».

Nell'aprile 1994 arrestarono il professor Guido Pozza, quello delle scoperte sul diabete, sovrintendente scientifico del San Raffaele dal 1972: corruzione, truffa ai danni dello Stato e associazione per delinquere. Era accusato di aver avallato l'inserimento di un farmaco nel prontuario come membro del Cuf, la commissione ministeriale sui farmaci. Quattordici giorni di galera salvo accorgersi che il professore, ai tempi, non era membro del Cuf: prosciolto con formula piena.

A PRANZO CON TONINO
Nel novembre 1994, durante la presentazione del Telethon Institute of genetics and medicine - presenti Gianni e Agnelli e Renato Dulbecco e il premier Silvio Berlusconi - ecco la notizia di vari avvisi di garanzia per un concorso in corruzione legato a una per tangente da 30 milioni versata agli ispettori delle tasse. Era lo stesso periodo del mandato di comparizione recapitato a Berlusconi a Napoli, firmato dallo stesso pm, Antonio Di Pietro, personaggio che due mesi dopo non disdegnerà di pranzare con Don Verzé per discutere di politica. Gli arrestati, tra i quali il vicepresidente Mario Cal, ammisero la pratica invero diffusa di addomesticare le ispezioni contabili con mazzette varie.

Nel giugno 1997 la guardia di finanza sequestrò 36mila cartelle cliniche per un'inchiesta sui rimborsi fantasma della regione Lombardia: tre camion di roba. Risultavano esami mai eseguiti e ricoveri al posto di prestazioni ambulatoriali. Le difficoltà per poter proseguire le terapie sui pazienti furono spaventose. L'inchiesta fece il paio con un'altra del febbraio 1999 in cui cinque primari San Raffaele finirono agli arresti domiciliari: gente di chiara fama come Salvatore Smirne e Luigi Ferini Strambi (docenti in neurologia) e Antonio Salvato (preside di odontoiatria) e Rosario Brancato (luminare in oculistica) ed Eugenio Villa (oncologia) con l'imbarazzante difficoltà dei magistrati nel dover sindacare le necessità o meno dei ricoveri.

Ci fu un certo dibattito sui giornali, compreso un violento scambio epistolare tra Don Verzé e Francesco Saverio Borrelli. L'ultimo professore a essere liberato fu Eugenio Villa, l'oncologo, che si ostinava a dire: «Se rientro in servizio farò esattamente le stesse cose, non ho commesso reati, ho ricoverato chi doveva essere ricoverato». Lo difendeva Giuliano Pisapia. Le inchieste finiranno in nulla.

OSPEDALE UMANO
L'inventore dell'ospedale accessibile e soprattutto umano, rivolto al ceto medio - altro che «curare i ricchi e i potenti», come ha scritto Marco Travaglio - per il resto fu megalomane a seconda dell'accezione del termine. La megalomania è uno stato psicopatologico caratterizzato da ossessioni paranoiche di onnipotenza: e può sembrare paranoico - secondo Aldo Cazzullo del Corriere della Sera - «allestirsi zoo e scuderie dove scelse per sé un purosangue di nome Imperator », oppure «chiamare per dirigere la sua università i migliori intellettuali italiani», oppure «comprare fazendas in Sudamerica».

Punti di vista. Se un megalomane realizza gli oggetti delle sue megalomanie, oggetti grandiosi, forse andrebbe chiamato in un altro modo. Vale anche per l'università, che meriterebbe un libro intero: delle facoltà di medicina e filosofia e psicologia - presenti i migliori intellettuali italiani, appunto - è davvero difficile parlar male. Megalomania? Forse lo sono state le lettere scritte a George Bush per supplicarlo di non attaccare Saddam, ma non certo l'aver sostenuto d'aver preparato il viaggio di Wojtyla a Cuba: perché è la verità.

Però ecco, restano la fazenda e il cavallo. Restano gli asciugamani di lino nelle camere dei reparti, roba che il famoso «ceto medio» peraltro si sgraffignò. E resta, nel presunto quadro paranoico, l'aver effettivamente conosciuto Maria Teresa di Calcutta a Nuova Dehli (1992), l'aver stretto amicizia con Fidel Castro (stesso anno) e con Shimon Peres e pure con Gheddafi in una tenda nel deserto, o ancora l'aver frequentato il fondatore di Cl don Luigi Giussani - senza mai permettere proselitismi nel suo ospedale - e poi Carlo Maria Martini, Giulio Andreotti, Bettino Craxi, mille altri che hanno dichiarato di ammirarlo.

MEGALOMANE CHI?
Megalomane: forse perché restava comunque un prete e non soltanto uno che contava, e sapeva muoversi, all'occorrenza sapeva anche essere cinico e «minacciare» come un politico qualsiasi, o ancora frequentare personaggi legati al Sismi per tenersi informato: ma in questo era più ordinario che megalomane, più corrispondente, cioè, a ciò che spesso in Italia è stato banalmente e orribilmente necessario per fare il male e anche il bene.

Come per i famosi aerei. Cioé: don Verzé, dopo il capolavoro del San Raffaele, portò il marchio dell'ospedale anche in Veneto, Puglia, Sardegna e Sicilia; a metà degli anni Settanta si mise in testa un'altra follia totale - costruire un ospedale in una zona poverissima di Bahia dove c'erano centomila favelados e mancava acqua ed elettricità e le fogne, figurarsi l'assistenza medica, altro che «ricchi e potenti» - e ce la fece in quattordic'anni con un ponte aereo che trasportò strutture e macchinari; riuscì a edificare un incredibile «Sao Rafael» con tanto di reparto di tossicologia laddove pullulavano industrie petrolchimiche che esponevano i poveracci al benzene e altri micidiali derivati;

l'ospedale pubblicò libri di tossicologia e dichiarò guerra alle multinazionali con 24mila esami diagnostici in sei anni, un'altra pazzia che oggi è un modello per tutta l'America Latina e che in Brasile ha segnato il valico tra una sanità feudale e una moderna; la Ong di don Verzé ha costruito anche in Africa, India, Cile, Polonia, Algeria, Cuba, Palestina, Colombia, Afghanistan, Iraq e persino sulle pendici dell'Himalaya, a Dhramsala; solo per andare dall'Italia al Brasile facevano 21 ore scali esclusi, più tutti gli altri giri per il mondo dove era richiestissimo: ma ora tutti a dargli del «megalomane» perché a 68 anni decise di prendersi un aereo privato, un turboelica come l'aveva Margaret Thatcher.

Seguiranno, nel 1990, un Learjet, poi un Falcon 50 e addirittura tre elicotteri per l'elisoccorso: questo mentre insospettabili omuncoli d'affari hanno l'aereo privato anche solo per la tratta Fiumicino-Linate. Grande risalto meritano anche una piantagione di mango e uva in Brasile e un albergo in Sardegna. Il megalomane.

 

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