DIVISMO TOGATO - AZIONE DISCIPLINARE IN VISTA PER IL PRESIDENTE DELLA CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI FIRENZE ALESSANDRO NENCINI, CHE CHIUSO IL PROCESSO MEREDITH, S’E’ MESSO A CIANCIARE CON TRE QUOTIDIANI

1 - BUFERA SUL GIUDICE DELLA SENTENZA MEREDITH
Liana Milella per "la Repubblica"

«Il mio modello di magistrato? Quello che evita le luci della ribalta». Risponde così il vice presidente del Csm Michele Vietti quando gli si sottopone il caso Nencini. Rodolfo Sabelli, il sempre prudente presidente dell'Anm, stavolta è subito "colpevo-lista": «L'intervista di Nencini dopo la sentenza Meredith? È inopportuna ». In Cassazione, il procuratore generale Gianfranco Ciani, titolare dell'azione disciplinare, non si pronuncia, ma indicativamente rinvia alle sue parole del 24 gennaio, quando aprendo l'anno giudiziario ha invitato i colleghi «a una maggiore riservatezza e continenza verbale».

Azione disciplinare in vista per il presidente della Corte di assise di appello di Firenze Alessandro Nencini, che ha chiuso il processo Meredith e parlato su tre quotidiani? L'ipotesi non sembra affatto peregrina. Di certo, al momento, ci sta che il Csm si occuperà di lui in prima commissione, quella che trasferisce d'ufficio le toghe "colpevoli", perché a chiederlo saranno il laico di centrodestra Nicolò Zanon e il capogruppo di Unicost Riccardo Fuzio.

Ma è critico pure Antonello Racanelli di Magistratura indipendente. Md, la corrente di Nencini, è fredda sulle dichiarazioni dell'alto magistrato. Per ora l'unica a tacere, con un «non commento le sentenze», è il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri, che divide il potere disciplinare con il pg della Cassazione. Nencini come Esposito?

Il raffronto è obbligato. Ricordate? È il primo agosto quando la Suprema corte decide sul caso Mediaset. Passano 24 ore e il presidente del collegio, Antonio Esposito, rilascia un'intervista al Mattino che scatena un putiferio. Al Csm la pratica per il trasferimento d'ufficio è stata archiviata, ma tuttora è aperta quella disciplinare. Nencini rischia lo stesso destino, soprattutto quando di Sollecito dice: «Non si è fatto interrogare».

Vietti, sul punto, fa il riservato: «Sono il presidente della disciplinare, quindi sul caso specifico taccio. Però l'ho detto decine di volte: sono per magistrati che non parlano dei provvedimenti, ma li scrivono». Napolitano da sempre sponsorizza «riservatezza, riserbo, niente interviste». Idem il presidente dell'Anm, silenzio «sui fatti del processo, soprattutto prima del deposito delle motivazioni ». Bisogna «resistere alla pressione mediatica che vuole anticipare i tempi».

La giornata di Nencini registra un solo difensore, il presidente della Corte di appello di Firenze Fabio Massimo Drago («Le sue dichiarazioni restano nei confini della correttezza»). Al Csm il presidente della prima commissione Annibale Marini già prevede l'apertura del caso.

Il costituzionalista Zanon parla di «fatto gravissimo » e ricorda che per la Corte di Strasburgo il giudice che parla di un imputato «rivela carenza di imparzialità». Antonello Racanelli di Mi: «I giudici parlino con le sentenze, non con le interviste». Fuzio di Unicost: «Basta coi magistrati che parlano, soprattutto in un caso con pesanti riflessi internazionali come questo».

2 - L'IRA DELL'AVVOCATO BONGIORNO "FORSE VOLEVA CHE RAFFAELE SCARICASSE LA COLPA SU AMANDA"
Meo Ponte per "la Repubblica"

È davvero indignata l'avvocato Giulia Bongiorno. Ha appena saputo delle dichiarazioni rilasciate dal presidente della Corte d'appello di Firenze Alessandro Nencini
e dice: «Il mio telefono è rovente. Mi hanno chiamato avvocati, giuristi e anche semplici cittadini, tutti sorpresi e scandalizzati da quelle esternazioni».

Che cos'è che l'ha scandalizzata?
«Che a poche ore dalla conclusione di un processo tanto delicato quanto quello per la morte di Meredith Kercher e dalla lettura di una sentenza di condanna pesantissima si possa non solo in qualche modo anticipare alcuni passaggi delle motivazioni di quella stessa sentenza ma anche entrare nel merito del dibattimento con considerazioni sul comportamento processuale degli imputati.

Sono un avvocato ma ho sempre avuto il massimo rispetto per i magistrati. Anzi, quando ero presidente della commissione Giustizia fui accusata da Silvio Berlusconi di essere troppo dalla loro parte perché mi opposi a leggi come quella che intendeva cancellare le intercettazioni telefoniche o quando lo criticai per aver paragonato la magistratura ad una metastasi. Per me il magistrato è come un sacerdote: però deve essere sobrio e parlare attraverso i suoi provvedimenti».

In che modo, secondo lei, il presidente Nencini ha anticipato alcuni passi delle motivazioni della sentenza?
«Spiegando che il movente dell'omicidio è complesso e che è formato da ragioni diverse. Ragioni che probabilmente saranno, spero, illustrate nelle motivazioni. Resto davvero sbigottita che a poche ore dalla lettura di una sentenza di condanna il presidente di una Corte possa esprimersi in questo modo ragionando di moventi e di dettagli processuali».

Nencini ha anche criticato l'atteggiamento processuale di Raffaele Sollecito lasciando intendere che se avesse testimoniato in aula forse la conclusione del processo per quanto lo riguarda sarebbe potuta essere diversa.
«Sono parole gravi. Le scelte difensive di un imputato non vanno mai commentate dai giudici. In questo caso però sono ancora più fuori luogo perché, e chiunque abbia seguito il processo a Firenze lo sa bene, né l'accusa né i legali delle parti civili, che ne avevano la possibilità, hanno mai chiesto l'interrogatorio di Sollecito. In più quelle parole assumono un'ambiguità che mi lascia ancor più sbigottita».

Quale?
«Non vorrei che il giudice sottintendesse altro: che Raffaele forse, per veder riconosciuta la sua innocenza, avrebbe dovuto accusare Amanda dell'uccisione di Meredith Kercher».

Anche lei però durante la sua arringa aveva chiesto ai giudici di valutare Raffaele per stesso.
«Certo, ma si tratta di tutt'altra cosa. Ho chiesto di giudicare Sollecito per quello che è e per quello che ha fatto e non come una specie di appendice di Amanda. Alla Corte ho raccomandato di valutare in modo giusto gli indizi raccolti dall'accusa nei suoi confronti. Raffaele, è bene ricordarlo, è finito in carcere per quattro anni per l'impronta di una scarpa che per tanto tempo non si è voluta periziare e che è poi risultata essere di Rudy Guede. Questo non vuol certo dire che Raffaele è innocente e Amanda no.

Ho chiesto solo che fosse giudicato per se stesso. E d'altronde lo stesso Sollecito ha interpretato le dichiarazioni del presidente Nencini nel modo che le dicevo. E mi ha chiesto: "Devo accusare Amanda per veder riconosciuta la mia innocenza?". Non è piacevole per un avvocato sentirsi fare questa domanda da un ragazzo che è appena stato condannato a 25 di carcere per omicidio. E per me che ho sempre difeso i magistrati ora tutto questo assume il sapore della beffa».

 

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