A CHE GIOCHIAMO? IL BANANA TEME CHE MATTEUCCIO ALZI L’ASTICELLA DELLE RIFORME SPERANDO CHE QUALCUNO GLI FACCIA LO SGAMBETTO COSÌ DA FAR SALTARE IL TAVOLO, ANDARE ALLE URNE E PRESENTARSI COME UN MARTIRE

Ugo Magri per ‘La Stampa'

Nemmeno 12 ore dopo l'impegno solenne del Cavaliere («confermiamo il nostro patto con Renzi»), ecco i due capigruppo di Forza Italia che minacciano di non votare la riforma del Senato, quella su cui il premier è pronto a giocarsi tutto.

Tanto Romani quanto Brunetta snocciolano 4 condizioni per un via libera: il nuovo Senato dovrà essere scelto dai cittadini, non dovrà essere invaso dai sindaci, non potrà eleggere il Presidente della Repubblica e il Capo dello Stato non dovrà scegliere 21 dei futuri 148 membri. In più, e siamo alla quinta richiesta, i due esponenti berlusconiani pretendono il rispetto degli accordi all'origine, secondo cui la legge elettorale va approvata prima di quella del Senato.

Infine, Forza Italia si riserva di aggiungere nuova carne al fuoco, sotto forma di elezione diretta del premier o del Presidente... Per cui nel Pd si interrogano su cosa stia succedendo, se debbano credere a Silvio, oppure ai suoi luogotenenti.
Tra l'altro, il presidente del Consiglio s'era lungamente intrattenuto nel weekend con l'ambasciatore berlusconiano numero uno, vale a dire Verdini.

Insieme, avevano sviscerato i vari aspetti della riforma in questione e perfino (se si crede a fonti molto ma molto addentro) la scelta di attendere tempi migliori per il varo definitivo dell'«Italicum», sicuramente non prima delle Europee in modo da aggiustarlo in corsa alla luce dei risultati. Dunque i dubbi circa le intenzioni del Cav non sono affatto campati per aria: di lui Renzi si può fidare? Non è che starà ricambiando idea?

Vista con gli occhi di Berlusconi, la questione è rovesciata. In queste ore l'uomo si sta chiedendo che cosa mai abbia in mente Matteo, e se per caso tutta questa sua enfasi sulle riforme più impervie, a cominciare da quella di Palazzo Madama, non sia per caso animata dalla segreta speranza che qualcuno gli faccia lo sgambetto, dentro o fuori il Pd poco importa, in modo da andare alle urne in autunno e da presentarsi all'Italia come colui al quale è stato impedito un rinnovamento di storica portata, trampolino di lancio per stravincere le elezioni con qualunque sistema elettorale... Questo sospetta Berlusconi di Renzi. Per cui l'ultima cosa che gli passa per la mente è di restare con il cerino in mano, prendendosi la colpa di avere appiccato l'incendio.

Il fido Verdini va oltre, ha una sua teoria enunciata in sede riservatissima: «Dobbiamo assecondare il premier, farlo sentire comodo, abituarlo a trovare in noi una sponda, anche al prezzo di inghiottire qualche boccone amaro. Dimodoché, quando gli ex comunisti del Pd saranno al limite della sopportazione, e quel partito arriverà a implodere, noi diremo a Renzi: "Se vuoi andare avanti, amico bello, devi fare un governo con noi; altrimenti ti lasciamo in pasto ai compagni"».

In Forza Italia, che è una Babele, altri la vedono in modo opposto: a tenere il coltello dalla parte del manico credono che sia Renzi e non già Berlusconi. Il minimo comune denominatore è comunque di non presentarsi agli occhi del paese come quelli che remano contro: esemplare in tal senso un'intervista a «Repubblica» del consigliere politico Toti. E allora, come mai queste uscite a muso duro dei capigruppo, sicuramente sponsorizzate dal Capo? Berlusconi ha letto la riforma, la considera figlia della fretta e progettata «coi piedi».

In particolare, così come è stato immaginato, sarebbe un Senato tutto di sinistra, e di eleggere un Presidente della Repubblica il centrodestra se lo sognerebbe per i decenni a venire. Dunque l'ex-premier manda a dire tramite Brunetta e Romani che se Renzi è pronto a discutere nel merito, no problem; se viceversa si tratta di un prendere o lasciare, allora tutto si complica. Certe aperture del ministro Boschi lasciano intuire che il dialogo continua.

 

 

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