BERLINO ALLA BERLINA - DOPO GLI SCHIAFFI DI USA E COMMISIONE EUROPEA, LA MERKEL SI ISOLA

Tonia Mastrobuoni per "La Stampa"

La Germania si sente un po' come il suo campione di Formula 1, Sebastian Vettel: è la più brava, ma tutti la fischiano. E in queste settimane si sta assistendo, nel dibattito pubblico e nella politica, ad una preoccupante tendenza del Paese di Angela Merkel a isolarsi dal resto del mondo.

In primo luogo, la Grande coalizione in fieri sta cedendo alle pulsioni più conservatrici nella definizione dei punti chiave della politica europea, frenando sull'Unione bancaria, spazzando dal tavolo gli Eurobond e prendendo addirittura in considerazione l'ipotesi di indire ogni volta un referendum sulle decisioni europee più importanti. Ieri Angela Merkel ha respinto l'idea di sottoporre ogni dossier europeo di rilievo - i salvataggi, in primo luogo -, alla consultazione popolare.

Ma la cosa curiosa è che la proposta era stata avanzata da un'inedita alleanza tra la Spd e l'ala destra dei cristiano-democratici, la Csu. In generale i socialdemocratici sembrano aver abdicato all'ambizione di ottenere risultati su capitoli europei del contratto di coalizione. Preferiscono puntare su questioni interne come il reddito minimo e stanno visibilmente delegando ai conservatori la definizione di questo capitolo così rilevante della politica estera.

I risultati sono evidenti: l'Unione bancaria sta slittando e la linea dura ostentata dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble anche ieri è riassumibile nel seguente concetto: ognuno per sé. Se ci sarà da salvare una banca, la possibilità di attingere al fondo salva-Stati Esm per ricapitalizzarla sta diventando l'ultimissima delle possibilità.

E questo principio, che mina alle basi lo stesso concetto di Unione bancaria, ma anche il concetto di solidarietà che dovrebbe informare le politiche comunitarie, ha contagiato anche un altro, antico dossier europeo. La mutualizzazione dei debiti, timidamente suggerita dalla Spd fino a poco tempo fa, è esclusa per sempre.

In secondo luogo, Berlino si è sentita mortalmente offesa per i moniti della Commissione europea e del governo americano sugli squilibri commerciali E in questi giorni sta negoziando, sempre a Bruxelles, e sempre con il coltello tra i denti, perché gli enormi incentivi in bolletta riconosciuti alla sua industria energivora non siano considerati, come sembrerebbe orientato a fare il commissario alla concorrenza Almunia, aiuti di Stato.

Sugli esorbitanti surplus nell'export, Berlino ha risposto a tono sia a Bruxelles sia a Washington, ma la sensazione universale oscilla tra indignazione e incomprensione. Essere competitivi può mai essere una colpa? Questo il commento più diffuso.

Infine, la Germania si sente espropriata da una politica monetaria che doveva essere la continuazione della Bundesbank e che con la Grande crisi è diventata «anglosassone», che per i tedeschi equivale a un grave insulto. I commenti al taglio dei tassi deciso questo mese da Mario Draghi sono incredibili, spaziano da «esproprio» a «repressione». Ormai la l'Eurotower di Francoforte è percepita apertamente come un nemico in casa.

Sbaglierebbe, però, chi sottovalutasse questo isolazionismo tedesco. In passato si è sempre rivelato un guaio. Thomas Mann lo aveva capito già tra le due guerre, quando aveva descritto la difficoltà dei tedeschi a entrare in sintonia con «la civiltà, la società, il diritto di voto, la letteratura», in una sola parola, con l'Occidente.

E negli stessi anni un altro grande intellettuale, John Maynard Keynes, si scagliava contro le pesantissime riparazioni imposte dal Trattato di Versailles al Paese che aveva tentato una prima, catastrofica avventura imperialista e che qualche anno dopo avrebbe tentato la seconda, molto più devastante della prima. Paragoni che testimoniano - con le dovute, immense differenze tra i due momenti storici - un dato inconfutabile: se il più grande gigante nel cuore dell'Europa si sente solo, è meglio fermarsi a riflettere.

 

 

merkel schaeuble germania I LEADER DEL G GUARDANO LA FINALE DI CHAMPIONS CAMERON OBAMA MERKEL BARROSO HOLLANDE merkel-obamaMARIO DRAGHI ED ENRICO LETTA FOTO INFOPHOTO

Ultimi Dagoreport

cecilia sala mohammad abedini donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DI CECILIA SALA? BUIO FITTO, PURTROPPO. I TEMPI PER LA LIBERAZIONE DELLA GIORNALISTA ITALIANA NON SOLO SI ALLUNGANO MA SI INGARBUGLIANO, E LA FORZATURA DEL BLITZ TRANSOCEANICO DI GIORGIA MELONI RISCHIA DI PEGGIORARE LE COSE – IL CASO, SI SA, È LEGATO ALL’ARRESTO DELL’INGEGNERE-SPIONE IRANIANO MOHAMMAD ABEDINI, DI CUI GLI AMERICANI CHIEDONO L’ESTRADIZIONE. L’ITALIA POTREBBE RIFIUTARSI E LA PREMIER NE AVREBBE PARLATO CON TRUMP. A CHE TITOLO, VISTO CHE IL TYCOON NON È ANCORA PRESIDENTE, SUGLI ESTRADATI DECIDE LA MAGISTRATURA E LA “TRATTATIVA” È IN MANO AGLI 007?

elisabetta belloni cecilia sala donald trump joe biden elon musk giorgia meloni

DAGOREPORT – IL 2025 HA PORTATO A GIORGIA MELONI UNA BEFANA ZEPPA DI ROGNE E FALLIMENTI – L’IRRITUALE E GROTTESCO BLITZ TRANSOCEANICO PER SONDARE LA REAZIONE DI TRUMP A UN  RIFIUTO ALL’ESTRADIZIONE NEGLI USA DELL’IRANIANO-SPIONE, SENZA CHIEDERSI SE TALE INCONTRO AVREBBE FATTO GIRARE I CABASISI A BIDEN, FINO AL 20 GENNAIO PRESIDENTE IN CARICA DEGLI STATI UNITI. DI PIÙ: ‘’SLEEPY JOE’’ IL 9 GENNAIO SBARCHERÀ A ROMA PER INCONTRARE IL SANTO PADRE E POI LA DUCETTA. VABBÈ CHE È RIMBAM-BIDEN PERÒ, DI FRONTE A UN TALE SGARBO ISTITUZIONALE, “FUCK YOU!” SARÀ CAPACE ANCORA DI SPARARLO - ECCOLA LA STATISTA DELLA GARBATELLA COSTRETTA A SMENTIRE L’INDISCREZIONE DI UN CONTRATTO DA UN MILIARDO E MEZZO DI EURO CON SPACEX DI MUSK – NON È FINITA: TRA CAPO E COLLO, ARRIVANO LE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI DA CAPA DEI SERVIZI SEGRETI, DECISIONE PRESA DOPO UN DIVERBIO CON MANTOVANO, NATO ATTORNO ALLA VICENDA DI CECILIA SALA…

cecilia sala donald trump elon musk ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - DAVVERO MELONI SI È SOBBARCATA 20 ORE DI VIAGGIO PER UNA CENETTA CON TRUMP, CON BLOOMBERG CHE SPARA LA NOTIZIA DI UN CONTRATTO DA UN MILIARDO E MEZZO CON “SPACE-X” DEL CARO AMICO ELON MUSK (ASSENTE)? NON SARÀ CHE L’INDISCREZIONE È STATA RESA PUBBLICA PER STENDERE UN VELO PIETOSO SUL FALLIMENTO DELLA DUCETTA SULLA QUESTIONE PRINCIPALE DELLA TRASVOLATA, IL CASO ABEDINI-SALA? - TRUMP, UNA VOLTA PRESIDENTE, ACCETTERÀ LA MANCATA ESTRADIZIONE DELLA ''SPIA'' IRANIANA? COSA CHIEDERÀ IN CAMBIO ALL’ITALIA? – DI SICURO I LEADER DI FRANCIA, GERMANIA, SPAGNA, POLONIA, URSULA COMPRESA, NON AVRANNO PER NULLA GRADITO LE PAROLE DI TRUMP: “GIORGIA HA PRESO D’ASSALTO L’EUROPA” - VIDEO

giorgia meloni e donald trump - meme by edoardo baraldi .jpg

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI SFOGLIA LA MARGHERITA: VOLO O NON VOLO A WASHINGTON IL 20 GENNAIO ALL'INAUGURAZIONE DEL SECONDO MANDATO DI DONALD TRUMP? - CERTO, LA STATISTA DELLA GARBATELLA È TENTATA, ANCHE PER NON DARE SODDISFAZIONE AL "PATRIOTA" MATTEO SALVINI CHE VUOLE PRESENZIARE A TUTTI I COSTI E SVENTOLARE LA BANDIERA "MAGA" DELLA PADANIA - LA POVERINA STA CERCANDO DI CAPIRE, ATTRAVERSO IL SUO CARISSIMO AMICO ALLA KETAMINA ELON MUSK, SE CI SARANNO ALTRI CAPI DI GOVERNO. IL RISCHIO È DI TROVARSI IN MEZZO AGLI AVARIATI SOVRANISTI ORBAN E FICO - UN’IMMAGINE CHE VANIFICHEREBBE I SUOI SFORZI (E SOGNI) DI PORSI NEL RUOLO DI PONTIERE TRA L'EUROPA DI URSULA E L'AMERICA TRUMP...

giovan battista fazzolari giorgia meloni autostrade matteo salvini giovanbattista

DAGOREPORT – IL FONDO TI AFFONDA: BLACKSTONE E MACQUARIE, SOCI DI AUTOSTRADE, SONO INCAZZATI COME BISCE PER L’AUMENTO DEI PEDAGGI DELL’1,8%. PRETENDEVANO CHE IL RINCARO FOSSE MOLTO PIÙ ALTO, AGGIORNATO ALL'INFLAZIONE (5,9% NEL 2023). MA UN FORTE AUMENTO DEI PEDAGGI AVREBBE FATTO SCHIZZARE I PREZZI DEI BENI DI CONSUMO, FACENDO SCEMARE IL CONSENSO SUL GOVERNO – SU ASPI È SEMPRE SALVINI VS MELONI-FAZZOLARI: LA DUCETTA E “SPUGNA” PRETENDONO CHE A DECIDERE SIA SEMPRE E SOLO CDP (AZIONISTA AL 51%). IL LEADER DELLA LEGA, COME MINISTRO DEI TRASPORTI, INVECE, VUOLE AVERE L’ULTIMA PAROLA…