IL PATTO DI SAN SIRO: BERLUSCONI REGISTA, SALVINI BOMBER – PER SALVARE IL SUO IMPERO SI ATTACCA A TUTTO E PERDONA TUTTI (DA FITTO A ALFANO) – E LA “JENA” MORDE: “BERLUSCONI VOLEVA ESSERE IL RE D’ITALIA, FINIRÀ PER FARE IL VICE DI SALVINI”
1. EPILOGHI
Jena per “la Stampa”
Voleva essere il re d’Italia, finirà per fare il vice di Salvini.
2. BERLUSCONI LANCIA SALVINI: IO REGISTA, LUI GOLEADOR
Amedeo La Mattina per “la Stampa”
Al Tempio di Adriano, location preferita da Bruno Vespa per la presentazione dei sui libri (l’ultimo è sugli italiani voltagabbana) non c’è la folla dei bei tempi, quando all’ingresso si faceva a spintoni per sentire Berlusconi. Ma lui, con le sue uscite pirotecniche per mascherare la debolezza politica, non delude mai le aspettative.
Ha il piglio del condottiero che non sopporta le «critiche di bottega» di Raffaele Fitto: gli «eroi e i martiri» che hanno rischiato la prigione, le aziende e la vita, non possono accettare minoranze ribelli. «I panni (sta per dire sporchi, ma non lo dice ndr) si lavano in famiglia».
Quando è nell’angolo Berlusconi reagisce e morde, ma i suoi denti si sono fatti meno aguzzi. Il tonfo elettorale lo spiega a suo modo durante l’ufficio di presidenza, dove non c’è Fitto perché a Strasburgo a sentire il Papa. Domani ci sarà un altro ufficio di presidenza con il ribelle che il Cavaliere intende isolare dopo la richiesta di azzeramento di tutte le cariche del partito.
Ma Berlusconi dovrà spiegare la rovinosa sconfitta elettorale. Lo ha già fatto alla riunione di ieri, dicendo che è tutto chiaro: lui non è in campo, limitato negli spostamenti per via giudiziaria. E poi gli elettori di Fi non sopportano la litigiosità interna. Anche il Patto del Nazareno non ha giovato.
Berlusconi rilancia, si avvicina pericolosamente alla Lega. Considera Salvini un «goleador», un fuoriclasse che parla schietto, ha «argomenti chiari e concreti», un politico che arriva dritto al cuore della gente. Ma i centravanti hanno bisogno di una squadra dietro e di un «regista», un ruolo in cui Berlusconi si vede benissimo. Fa il modesto, dice che non ha «ambizioni politiche». Solo una cosa vuole: essere ricandidabile e ritornare in Parlamento da innocente.
E allora, perché no, Salvini-Le Pen italiano potrebbe essere il leader del centrodestra. «Se ne può discutere», dice il Cavaliere. È un pugno in faccia ad Alfano, che di Matteo il barbaro non vuole sentire parlare. Alfano vuole ricostruire il centrodestra, ma «metterlo in mano a Salvini no». Berlusconi è disposto a perdonare Alfano che lo ha lasciato dopo la «mascalzonata» della decadenza da senatore («sono disposto a lasciarmi alle spalle i tradimenti»). Il leader di Ncd risponde di non avere bisogno di perdono, di non sentirsi «un figliol prodigo».
L’ex premier invece sembra virare verso il Carroccio, addirittura immagina Salvini come candidato premier contro Renzi. Matteo contro Matteo: due giovani leoni a duello. Una virata a destra che sa tanto di improvvisazione non discussa né decisa in alcun organo di partito. In Europa, nel Ppe si può immaginare come potranno essere contenti di avere un partito affiliato come Fi che ha come punta d’attacco uno dei maggiori nemici, un Salvini che dice no all’euro e considera Merkel e Bruxelles il male assoluto. Per Berlusconi invece se ne può discutere, a condizione che Lega faccia parte di una lista unica insieme a Fi. Sì, perché Berlusconi non esclude di poter accogliere la proposta di Renzi di modificare l’Italicum con il premio di maggioranza alla lista.
Alfano risponde picche, ma nemmeno Salvi abbocca. Da Strasburgo commenta: «Io leader del centrodestra? Calma e sangue freddo: vuol dire che l’Italia è messa male e il centrodestra ancora peggio». Berlusconi non trova interlocutori e intanto assicura Renzi che il Patto del Nazareno.
Bisognerà vedere quanto controllo avrà sui gruppi parlamentari. Che regga è tutto da vedere. Il rapporto personale tra lui e Renzi si è raffreddato, ma con lui vuole scegliere il futuro capo dello Stato, che dovrà essere equilibrato, «un Berlusconi per esempio», certamente non potrà essere «un uomo di partito», una personalità non gradita a Fi.