LE SETTE VITE DEL CAV - L’EX PREMIER SPINGE PER I TEMPI LUNGHI SULLA DECADENZA E SULL’INTERDIZIONE PER TENTARE IL COLPACCIO: VOTO IN PRIMAVERA DA CANDIDATO PREMIER (PER LA SETTIMA VOLTA)

Carmelo Lopapa per "La Repubblica"
L'ultima scialuppa di salvataggio alla quale il Cavaliere, in piena sindrome da accerchiamento, affida le sue speranze. Residuo spiraglio di trattativa da tenere aperto col governo Letta per non precipitare nel baratro. Il baratro della decadenza e l'oblio della incandidabilità.

Silvio Berlusconi non si rassegna al siluramento, non dà per persa la partita. Torna a Roma e convoca a notte fonda Angelino Alfano, reduce dal Consiglio dei ministri che ha varato la legge di stabilità, e il consigliere di sempre Gianni Letta. Sul tavolo pone la richiesta che, d'intesa con gli avvocati Ghedini e Longo, intende avanzare proprio al governo del quale Angelino è vicepremier. «Dobbiamo sollecitare l'esecutivo per ottenere un'interpretazione autentica sulla legge Severino. Devono riconoscere che quella norma non può essere retroattiva, non può travolgermi e spazzarmi via così». Quell'istanza in realtà è stata già avanzata, in via ufficiosa, alla Presidenza del Consiglio proprio in questi giorni.

Ma da Palazzo Chigi non è arrivata alcuna risposta. Il rinvio di ieri al 29 ottobre della giunta per il regolamento, chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilità del voto palese sulla decadenza dell'ex premier, in realtà fa gioco al Cavaliere. Che si voti a novembre o
addirittura a dicembre - come tenteranno di ottenere i big Pdl al Senato, approfittando dell'apertura nel frattempo della sessione di bilancio - si aprono comunque fruttuose settimane per tenere in piedi la trattativa.

Quel che gli avvocati hanno spiegato a Berlusconi, convincendolo, è che la norma Severino - quella che sancisce la decadenza e la incandidabilità del condannato in via definitiva - è una legge delega, approvata cioè dal governo dopo aver ottenuto la delega dal Parlamento, appunto. Dunque, in ultima istanza potrebbe essere proprio Palazzo Chigi a fornire l'interpretazione autentica.

L'auspicio è che quel responso coincida con le aspettative: che riconosca cioè l'effettiva impossibilità di applicare in via retroattiva la sanzione, salvando insomma l'ex premier. Ma quello è un terreno minato sul quale in realtà Enrico Letta ha già fatto sapere che non intende avventurarsi.

Il capogruppo al Senato Renato Schifani, commentando ieri il sì del Pd al voto palese sulla decadenza in aula, avverte che la maggioranza rischia, ma allude anche alla richiesta avanzata: «Speriamo che in questa settimana venga rivalutata la questione della retroattività della Severino, se no è evidente che si restringono sempre di più gli atteggiamenti collaborativi». Palazzo Chigi è avvisato.

Berlusconi ci conta, ci spera. Anche perché, è vero che sabato prossimo la Corte d'Appello di Milano si pronuncerà sull'interdizione, riducendola a uno, massimo tre anni, ma è altrettanto vero che il leader Pdl la impugnerà comunque in Cassazione. Trascorreranno altri mesi, l'ultimo giudizio arriverà forse a metà 2014. Ed è a quel punto che il Cavaliere tenterebbe il colpaccio. Ancora non interdetto, dunque candidabile, proverebbe a trascinare il Paese al voto in primavera: da leader, ma soprattutto da candidato premier. Per la settima volta. Perché il piano vada in porto, deve superare le resistenze del presidente del Consiglio in carica e, forse, quelle di un Alfano che tutto vorrebbe meno che affiancare di nuovo un Berlusconi leader.

Ghedini, Longo, lo staff che lavora a ritmo continuo tra Arcore e Palazzo Grazioli hanno convinto l'inquilino che potrà nuovamente «scendere in campo» se nel frattempo non subentrerà l'interdizione definitiva. E la tesi fa leva sull'articolo 66 della Costituzione: «Ciascuna Camera giudica delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità », ma non vi è alcun cenno a quelle di incandidabilità. Bizantinismi, in apparenza, ai quali tuttavia il Cavaliere affida bricioli di speranza.

Per il resto, rientrato nel tardo pomeriggio a Palazzo Grazioli con Francesca Pascale e il cane Dudù, Berlusconi è apparso ai suoi interlocutori a dir poco di pessimo umore per la battaglia condotta dal Pd in giunta sul voto palese. «Ma come, il regolamento prevede il voto segreto e questi che fanno? Provano a cambiarlo giusto per me? Mai più alleati con loro» schiuma rabbia. «Come per l'amnistia, che deve valere per tutti ma non per me, a sentire il ministro Cancellieri».

Non a caso Sandro Bondi torna alla carica sostenendo che il voto favorevole dei democratici sulla decadenza sancirà la fine della maggioranza. È un concentrato di pessimismo, il Berlusconi che si sente assediato, per di più stanco per le beghe interne al Pdl. Per questo, racconta chi gli ha parlato, è intenzionato a chiudere la faida Alfano-Fitto al più presto. Da qui la convocazione notturna per il vicepremier, mentre l'ex governatore pugliese sarà ricevuto oggi alle 11 a Grazioli.

Ad Alfano ha chiesto chiarimenti sulla legge di stabilità, mettendolo in guardia: «Non possiamo infliggere nuove tasse ai nostri elettori, non ce lo permetterebbero». L'ultimo sondaggio consegnato da Euromedia accrediterebbe il leader di un gradimento, in termini di fiducia, ancora superiore all'80 per cento tra gli elettori di Forza Italia/ Pdl. Lontani da lui gli altri aspiranti leader. Ma il partito si ritrova a perdere ancora punti (era già al 22-23 la scorsa settimana) proprio a causa dello scontro interno. Ha altro a cui pensare, basta guerre intestine. Destinate tuttavia a riaprirsi, con molta probabilità, all'indomani del voto sulla decadenza, tra qualche settimana, quando Berlusconi lancerà l'aut-aut: «O con me o alleati di governo col Pd che mi butta fuori dal Parlamento». Alfano e i suoi ministri temono non poco quello spartiacque.

 

silvio berlu occhiali BERLUSCONI IN SENATO PER LA FIDUCIA AL GOVERNO LETTA FOTO LAPRESSE BERLUSCONI AL SENATO CON GLI OCCHIALIPROCESSO RUBY MANIFESTANTE AL TRIBUNALE DI MILANO CASSAZIONEalfano berlusconi adn x BERLUSCONI VERDINI ALFANO INAUGURAZIONE SEDE FORZA ITALIA FOTO LAPRESS

Ultimi Dagoreport

mario draghi praga

DAGOREPORT - MA DRAGHI, COSA SI ASPETTAVA COL SUO DISCORSO AL SENATO, DA PARTITI CHE AVEVANO GIA' AFFOSSATO IL SUO GOVERNO E LA SUA AMBIZIONE QUIRINALIZIA? E SE È ANDATO VIA SBATTENDO LA PORTA, STIZZITO (“VEDO CHE GUARDATE L’OROLOGIO, PER CUI VI RINGRAZIO”) - EPPURE LE SUE PAROLE CONTENEVANO UNA PROPOSTA IMPORTANTE: FINANZIARE IL RIARMO CON EUROBOND - DIETRO IL NO A URSULA, CHE GLI AVEVA PROPOSTO DI COORDINARE IL PIANO REARM EU, PRIMA PASSO A UNA FUTURA DIFESA EUROPEA, CI SONO DUE MOTIVI... -VIDEO

giorgia meloni john elkann

DAGOREPORT – COME MAI IMPROVVISAMENTE È SCOPPIATA LA PACE TRA JOHN ELKANN E FRATELLI D’ITALIA? IL MINISTRO DELLE IMPRESE, ADOLFO URSO, SI È SPINTO A DEFINIRE L’AUDIZIONE DI YAKI ALLA CAMERA COME “UN PUNTO DI SVOLTA NETTO” – AL GOVERNO HANNO FATTO UN BAGNO DI REALISMO: INNANZITUTTO LA CRISI DELL’AUTOMOTIVE È DRAMMATICA, E I GUAI DI STELLANTIS NON DIPENDONO SOLO DAI DANNI FATTI DA TAVARES - E POI CI SONO I GIORNALI: ELKANN È PROPRIETARIO DI “STAMPA” E “REPUBBLICA” (E DELL'AUTOREVOLISSIMO SETTIMANALE "THE ECONOMIST). MOSTRARSI CONCILIANTI PUÒ SEMPRE TORNARE UTILE…

meloni giorgetti fazzolari caltagirone nagel donnet orcel castagna

DAGOREPORT - DELIRIO DI RUMORS E DI COLPI DI SCENA PER LA CONQUISTA DEL LEONE D’ORO DI GENERALI – SE MEDIOBANCA, SOTTO OPA DI MPS-CALTA-MILLERI, TENTA DI CONQUISTARE I VOTI DEI FONDI ANNUNCIANDO LA POSSIBILITÀ DI METTERE SUL PIATTO IL SUO 13,1% DI GENERALI, SOLO DOMANI ASSOGESTIONI DECIDERÀ SE PRESENTARE UNA LISTA DI MINORANZA PER LEVARE VOTI ALLA LISTA DI NAGEL-DONNET, PER LA GIOIA DI CALTA-MILLERI (LA DECISIONE È NELLE MANI DEI FONDI CONTROLLATI DA BANCA INTESA) - FINO AL 24 APRILE, TUTTO È INCERTO SULLE MOSSE IN GENERALI DI ORCEL: CHI OFFRE DI PIÙ PER IL 9% DI UNICREDIT? E CHE FARÀ INTESA DI CARLO MESSINA? AH, SAPERLO...

raffaele cantone - francesco lo voi - pasquale striano giovanni melillo

FLASH! – AVVISO AI NAVIGATI! IL CASO STRIANO SUGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA BANCA DATI DELLA PROCURA NAZIONALE ANTIMAFIA, NON È APERTO: È APERTISSIMO! UNA VOLTA CHE IL FASCICOLO È PASSATO DALLE MANI DI CANTONE, PROCURATORE DI PERUGIA, A QUELLE DI LO VOI (CAPO DELLA PROCURA DI ROMA), CI SI ASPETTANO I BOTTI - IL CAPO DELLA DNA, GIOVANNI MELILLO, È DETERMINATO AD ARRIVARE FINO IN FONDO. E LO VOI, CONSIDERATI I PRECEDENTI (L’OSTILITA' DEL GOVERNO PER IL CASO ALMASRI), NON FARÀ SCONTI - COME NELL'AMERICA DI TRUMP, LA MAGISTRATURA E' L'UNICA OPPOSIZIONE A PALAZZO CHIGI...